Bangkok (Agenzia Fides) - Sono migranti, spesso clandestini, quelli che, in fuga dal Myanmar sconvolto dalla guerra civile, attraversano la frontiera con la Thailandia in cerca di pace, con il desiderio di rifarsi una vita. Il flusso di migranti dall'ex Birmania verso la Thailandia si registra da molti anni, da quando al potere a Yangon vi era un regime militare dittatoriale, prima della stagione democratica avviata nel 2016. Ora, dopo il nuovo golpe militare del 2021 e, con la recente legge di reclutamento obbligatorio nell'esercito birmano, molti giovani hanno cercato di lasciare il paese, scegliendo di andare nelle nazioni vicine del Sudest asiatico, soprattutto la Thailandia (vedi Fides 7/6/2024). Alcuni si iscrivono a scuole, università e corsi di studio, chiedendo il visto di permanenza come studenti; per altri l'unica via è la clandestinità, con la speranza di cercare un lavoro e regolarizzare la loro posizione.
Il governo thailandese ha sempre cercato di arginare il fenomeno e messo in atto politiche di respingimento, creando campi di detenzione per i migranti o campi-profughi sorvegliati dalla polizia, non permettendo ai rifugiati di inserirsi nella società. Negli scorsi quattro mesi la politica di respingimento si è concretizzata con l'arresto di quasi 200.000 cittadini del Myanmar. Come ha reso noto Ministero per il lavoro thailandese, le autorità di polizia hanno ispezionato 18mila luoghi di lavoro e altre sedi per controllare i documenti di 256.213 lavoratori migranti. Secondo il dipartimento, tra i lavoratori arrestati perchè ritenuti "migranti illegali" c'erano oltre 193mila cittadini del Myanmar, 39mila cambogiani, 15mila laotiani, oltre 7mila di altre nazionalità. Circa 1.830 lavoratori migranti illegali sono stati perseguiti penalmente, mentre altri sono stati multati, altri condotti nei campi di detenzione in vista del rimpatrio.
La giunta militare birmana ha infatti annunciato che circa 1.000 lavoratori birmani sono stati rimpatriati nel mese di agosto dalla Thailandia. Secondo l'Ong "Myanmar Humanitarian Action Center" si tratta di un retata di dimensioni mai viste finora. Il governo thailandese ha dichiarato che i controlli sui lavoratori migranti illegali sono necessari "per proteggere le opportunità di lavoro per i cittadini thailandesi". La legge thailandese di per sè già proibisce ai lavoratori migranti, di qualsiasi nazionalità, di svolgere 27 occupazioni specifiche riservate ai cittadini thailandesi (come il trasporto passeggeri, i massaggi tradizionali thailandesi, i servizi di parrucchiere, di interpretariato e di trasferimento di denaro da te). La Thailandia ospita circa due milioni di persone provenienti dal Myanmar impiegati in agricoltura, strutture di ospitalità, pesca, produzione e altri settori. Molti vivono senza documenti dopo aver varcato il confine da clandestini, sperando di ottenere il "Certificato di Identità", rilasciato da un ufficio del governo thailandese che consenta loro di rimanere nella nazione e di lavorare regolarmente.
Se sprovvisti di quel certificato, i migranti vengono rimpatriati ma, appena rientrati in Myanmar - riferisce "Myanmar Humanitarian Action Center" - vengono incarcerati o arruolati in divisioni di fanteria dell'esercito birmano e spediti in prima linea . Nella situazione di conflitto civile il rimpatrio rappresenta una seria minaccia per la loro vita, rileva l'organizzazione .
Vi sono poi i rifugiati birmani (circa 100mila) che vivono stabilmente in campi profughi allestiti dal governo thailandese lungo il confine tra Thailandia e Myanmar e chiusi all'esterno. Secondo i dati dell'Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati (UNHCR), dal 2021 il numero di questi rifugiati continua a crescere, a causa del conflitto civile in Myanmar. Va notato che la Thailandia non ha aderito alla Convenzione sui rifugiati del 1951 e non dispone di un quadro giuridico nazionale specifico per la protezione dei rifugiati e dei richiedenti asilo. Quei rifugiati birmani sono, dunque, bloccati in Thailandia in un “limbo” giuridico e sociale, mentre il governo non rilascia loro il permesso di spostarsi verso paesi terzi, dove costoro vorrebbero andare.
(PA) (Agenzia Fides 5/10/2024)
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