Fides News - Italianhttps://fides.org/Le notizie dell'Agenzia FidesitI contenuti del sito sono pubblicati con Licenza Creative Commons.OCEANIA/PAPUA NUOVA GUINEA - Accuse di stregoneria e violenza nella società: l'impegno della Caritas per contrastarlehttps://fides.org/it/news/76492-OCEANIA_PAPUA_NUOVA_GUINEA_Accuse_di_stregoneria_e_violenza_nella_societa_l_impegno_della_Caritas_per_contrastarlehttps://fides.org/it/news/76492-OCEANIA_PAPUA_NUOVA_GUINEA_Accuse_di_stregoneria_e_violenza_nella_societa_l_impegno_della_Caritas_per_contrastarleKundiawa - Nella provincia di Simbu, in Papua Nuova Guinea, nelle famiglie e tra le tribù, la cosiddetta violenza legata alle accuse di stregoneria è la forma peggiore e più raccapricciante. "È una forma di aggressione contro individui o famiglie" spiega Judy Gelua, coordinatrice diocesana della Caritas della diocesi di Kundiawa . "Negli altopiani della Papua Nuova Guinea centinaia di casi non vengono denunciati ogni anno. Simbu è una delle province più colpite, probabilmente il luogo da cui la tortura e l'uccisione di donne si sono diffuse in tutta la regione negli ultimi vent'anni circa", scrive all'Agenzia Fides padre Giorgio Licini, missionario del Pontificio Istituto Missioni estere in Papua Nuova Guinea.<br />La Caritas a Simbu ha gestito venticinque casi del genere nel 2024. Quindici sono stati segnalati all'ufficio legale della diocesi locale di Kundiawa - nella regione degli Altipiani della Papua Nuova Guinea - che cerca di fornire un servizio di assistenza legale gratuita. Secondo Gelua, sapere che si può essere perseguiti legalmente in tribunale, se si attaccano le persone con il pretesto di pratiche di stregoneria, funge da deterrente. Mons. Paul Sundu, Vescovo della diocesi di Kundiawa, che abbraccia quel territorio, rileva a Fides che le accuse sono spesso puramente strumentali: "A causa di gelosie o avidità, si accusano persone di stregonerie e, in tal modo, ci si libera da propri nemici, cercando di paralizzare il loro successo negli affari, nell'istruzione e nella politica".<br />Padre Christian Sieland, sacerdote locale e biblista a Kundiawa, rileva che le credenze sulla stregoneria "sono profondamente radicate nella psiche sia della gente semplice del villaggio che degli individui istruiti". "Ci vorrà ancora più di una generazione per liberarsene", osserva. La stregoneria - spiega - si alimenta della mancanza di conoscenze scientifiche sulle vere cause delle malattie. "Le persone tendono a incolpare i membri della comunità. I medici devono intervenire con un'adeguata istruzione delle masse e fornire sempre certificati di morte", aggiunge p. Licini.<br />Secondo un gruppo di madri cattoliche che si incontrano periodicamente per un sostegno reciproco nella cattedrale di Kundiawa, anche la poligamia e l'infedeltà coniugale giocano un ruolo importante. Infatti, quando un uomo prende una moglie più giovane, la prima moglie, spesso con figli adulti, diventa vittima di discriminazione. Il marito tende a trascurare lei e la prole. La nuova arrivata cercherà anche di scacciarla. E così, quando si presenta l'occasione, come una morte improvvisa o un incidente nel villaggio, la giovane muove accuse di stregoneria contro l'anziana signora indifesa e così se ne libera.<br />La violenza legata alle accuse di stregoneria si intreccia spesso con la violenza di genere, altra grave preoccupazione per Caritas Simbu. "Le cause profonde di questa violenza sono da ricercare nell'atteggiamento tribale ancestrale che confligge con le attuali condizioni sociali e culturali. La violenza affonda le radici nella povertà, in mancanza di opportunità, emarginazione e disperazione di un numero crescente di giovani", nota il padre Licini, riportando il contrasto tra la dissoluzione della vita ben organizzata che vi era nel villaggio tradizionale, e fenomeni come mobilità, pluralismo e consumismo della cultura moderna , che avanzano velocemente.<br />Esistono delle organizzazioni locali che cercano di sanare questo conflitto, agendo dal basso: il "Kunabau Leaders Peace Team", avviato da tribù della zona di Mingende, tradizionalmente cattolica, è un'organizzazione informale e spontanea, che è riuscita a portare la pace in una comunità remota dove una guerra tribale aveva già causato diverse vittime.<br />Judy Gelua riconosce l'importanza di un'ampia rete di contatti per promuovere il cambiamento sui tre principali fronti della violenza: la stregoneria, la violenza di genere e i conflitti tribali. Grazie alla collaborazione con agenzie istituzionali, la Caritas di Simbu fornisce a studenti, insegnanti, genitori e membri del consiglio scolastico un orientamento sui diritti umani, sulla costruzione della pace e sulla tutela dei minori, delle donne e delle persone vulnerabili. In tal modo, il livello di violenza lentamente diminuisce "ma è necessario molto più lavoro di educazione e sensibilizzazione", riferisce p. Licini<br />Il Vescovo Paul Sundu e la coordinatrice di Caritas Simbu, Judy Gelua, insistono su un approccio pastorale: "Per disinnescare la violenza - dicono - è necessario un cambiamento personale, a partire dal cuore, che può scoccare la condivisione della Parola di Dio, la preghiera, la formazione culturale e spirituale, avviando un processo di purificazione da una radicata inclinazione alla violenza" e che si focalizzi in generale "sulla dignità della persona umana".<br /> Fri, 20 Jun 2025 11:30:22 +0200AFRICA/UGANDA - “Voci di Pace”: campagna dei giovani sudanesi per la costruzione di un processo di pace sostenibilehttps://fides.org/it/news/76491-AFRICA_UGANDA_Voci_di_Pace_campagna_dei_giovani_sudanesi_per_la_costruzione_di_un_processo_di_pace_sostenibilehttps://fides.org/it/news/76491-AFRICA_UGANDA_Voci_di_Pace_campagna_dei_giovani_sudanesi_per_la_costruzione_di_un_processo_di_pace_sostenibileKampala – “Fermare la guerra è una richiesta, oltre che una necessità, dell’intera popolazione sudanese”. E’ questo l’obiettivo di un gruppo di giovani sudanesi che hanno lanciato, a Kampala in Uganda, la campagna "Voci di Pace".<br /><br />Inaugurata sabato 14 giugno da Sa'ad Mohamed, Direttore Esecutivo dell'African Centre for Justice and Peace Studies , “Voices of Peace” mira a coinvolgere i giovani sudanesi nella costruzione di un processo di pace sostenibile.<br /><br />“Attraverso questa campagna, intendiamo costruire un processo di pace completo, che metta al centro i giovani, beneficiando del potere e dell'influenza dei social media nel plasmare l'opinione pubblica" ha dichiarato uno dei giovani sudanesi presenti. L’obiettivo è sfruttare i social media e le arti tradizionali per promuovere la riconciliazione e porre fine al conflitto in corso nella loro patria dilaniata da una cruenta guerra civile .<br /><br />Secondo gli organizzatori, l'iniziativa utilizzerà i media digitali e le arti tradizionali, incluso il ruolo delle ‘Hakamat’ per diffondere messaggi di pace e coesistenza, monitorando e documentando al contempo le violazioni dei diritti umani in tutto il Sudan.<br /><br />Nella nota pervenuta all’Agenzia Fides si legge anche che i gruppi civili e politici sudanesi vantano una vasta esperienza nell'utilizzo dei media digitali e dei social network, che hanno svolto un ruolo fondamentale nella mobilitazione della Rivoluzione sudanese da dicembre 2018 ad aprile 2019. Di fronte alla repressione mediatica, piattaforme di social media come Facebook, Twitter e WhatsApp sono diventate cruciali per organizzare proteste e coordinare le azioni. La rivolta ha di fatto infranto il blocco mediatico ufficiale, trasformando i social media in uno strumento di comunicazione popolare e unificando gli slogan rivoluzionari. Gli attivisti sudanesi hanno ottenuto il sostegno internazionale, in particolare su Twitter, trasformandolo in uno spazio di solidarietà globale. Le piattaforme digitali sono diventate anche un mezzo vitale per i giovani per discutere di costruzione dello Stato, giustizia di transizione e diritti umani, promuovendo una cultura di resistenza digitale.<br /><br />Asjad Bahaa, fondatrice e partecipante alla campagna, ha affermato che "Voices of Peace" è la seconda fase di un progetto dell'ACJPS, iniziato ad aprile e incentrato sulla documentazione delle sparizioni forzate. Ha spiegato che la campagna formerà i giovani come osservatori e documentatori delle violazioni dei diritti umani, affrontando l'esodo di molti attivisti a causa delle minacce alla sicurezza.<br /><br />I giovani sono "il carburante della guerra e della pace" spesso facilmente reclutabili dai gruppi armati, ha sottolineato un attivista della campagna. "Stiamo cercando di invertire questa tendenza formando i giovani a essere promotori della pace", ha affermato.<br /><br />La campagna viene lanciata mentre il conflitto tra l'esercito e le Forze di Supporto Rapido entra nel suo terzo anno, con un'escalation di violenza e pochi segnali di una soluzione politica. Le condizioni umanitarie continuano a peggiorare e le violazioni dei diritti civili sono diffuse.<br /><br />A valorizzare il potenziale delle arti e dei media nella costruzione della pace valgono inoltre gli esempi di altri paesi. Tra questi il Ruanda che, dopo il genocidio del 1994, ha utilizzato arti tradizionali, teatro comunitario e trasmissioni radiofoniche per promuovere amore, riconciliazione e perdono. O la Sierra Leone dove, dopo la guerra civile del 2002, gruppi musicali giovanili itineranti hanno utilizzato la musica tradizionale per reintegrare i bambini soldato e promuovere la tolleranza. In Colombia le campagne mediatiche che incorporavano arti e musica tradizionali hanno incoraggiato decine di combattenti a disarmarsi e a reintegrarsi nella società. In Niger il ruolo delle "Hakamat" nella costruzione della pace è stato rafforzato attraverso i canti popolari per trasmettere informalmente messaggi che esortavano a porre fine alla violenza e a promuovere la convivenza nelle comunità pastorali. <br /><br /> <br /><br />Fri, 20 Jun 2025 10:47:21 +0200Dalla Mongolia alle memorie apostoliche di Roma. Il pellegrinaggio "ad limina Petri" di una piccola Chiesa missionariahttps://fides.org/it/news/76488-Dalla_Mongolia_alle_memorie_apostoliche_di_Roma_Il_pellegrinaggio_ad_limina_Petri_di_una_piccola_Chiesa_missionariahttps://fides.org/it/news/76488-Dalla_Mongolia_alle_memorie_apostoliche_di_Roma_Il_pellegrinaggio_ad_limina_Petri_di_una_piccola_Chiesa_missionariadi Gianni Valente<br /> <br />Meno di tre anni fa il Successore di Pietro andò a trovarli fino a Ulaanbaatar, muovendosi anche in carrozzella. Adesso, alcuni di loro sono venuti da laggiù a trovare Pietro, a venerare le sue memorie, e salutare anche il suo nuovo Successore.<br />26 in tutto, compreso il loro Vescovo, il Cardinale missionario Giorgio Marengo. Tra loro ci sono Cecilia dell'ufficio media della Prefettura e Amanda, responsabile della casa di spiritualità. C'è Amaraa, autista tutto fare e la cuoca Zulaa. C'è l'economo Andrea, fratello salesiano del Vietnam, e il sacerdote coreano Pietro Hong coi 10 parrocchiani della chiesa di Santa Maria. Piccolo resto del piccolo resto che è la comunità cattolica in Mongolia, quasi 1500 anime sparse in mezzo a quel popolo di 3 milioni e mezzo di connazionali buddisti, musulmani o non credenti. Dal 15 al 18 giugno hanno compiuto il loro pellegrinaggio giubilare nella Città Eterna, passando prima per Torino e raggiungendo poi anche Assisi. Viaggio alle sorgenti apostoliche della Chiesa di Roma, compiuto da figli e figlie di una piccola, giovane Chiesa missionaria. Giornate venate di gratitudine, punteggiate da tante esperienze sorprendenti con una realtà in cui pure hanno potuto riconoscere qualcosa di familiare.<br /><br /><br />Non si diventa cristiani da soli<br /> <br />Prima di partire da UlaanBaatar, avevano studiato la storia e i tesori delle quattro basiliche papali di Roma, preparandosi un po' per afferrare meglio tutto quello che avrebbero visto e sentito. Poi, il primo contatto fraterno lo hanno avuto con la comunità parrocchiale di San Giuda Taddeo, chiesa romana dedicata a uno degli Apostoli nel quartiere Appio Latino, di cui il Cardinale Marengo porta il titolo. Dopo la messa, nella convivialità di un pranzo comunitario, la familiarità dei cattolici mongoli con i tratti riconoscibili in ogni autentica vicenda apostolica affiorano con parole semplici e dirette. «Per fare arrivare l'annuncio di Gesù fino in Mongolia» ripete Rufina Chamingerel «la Chiesa non ha mandato dei pacchi di libri, ma delle persone, come libri viventi».<br /><br />San Pietro da Gerusalemme giunse fino a Roma, dove fu martirizzato. «Il Vangelo viene da fuori», ha ricordato Papa Leone sabato scorso, parlando di Sant'Ireneo, il grande teologo che dall'Asia Minore andò a morire martire come Vescovo di Lione. Rufina, oggi, ripete la stessa cosa: «Non saremmo potuti diventare cristiani da soli, se non fossero arrivati i missionari. La fede è giunta fino a noi perché anche da noi sono arrivati dei missionari e delle missionarie».<br /><br />Nel pomeriggio di domenica, guidati dal Cardinale Marengo, i pellegrini venuti dalla Mongolia hanno visitato le Basiliche di San Giovanni in Laterano e Santa Maria Maggiore, la Betlemme di Roma, che custodisce le reliquie legate alla Natività di Gesù, l'Icona di Maria Salus Populi Romani e adesso anche le spoglie mortali di Papa Francesco. «A un certo punto» ricorda Rufina «anche Papa Francesco è voluto venire di persona in Mongolia. Lui, che era Papa, è voluto venire da noi di persona, come un missionario. La sua presenza tra noi ci ha commosso e dato grande conforto nella fede».<br /> <br /><br />La Tomba di Pietro e Papa Leone<br /><br />Nella visita alla Basilica di San Pietro, il Cardinale Marengo porta i suoi amici e amiche mongoli nei pressi della tomba di Pietro, per pregare lì insieme. Assaporando lì, nel cuore della memoria custodita da quasi duemila anni l'intima affinità elettiva che unisce la piccola comunità mongola al cuore della Chiesa di Roma, e a tutte le vicende narrate negli Atti degli Apostoli: parole, opere gioie e tribolazioni di coloro che hanno visto Gesù e hanno vissuto con lui.<br /> <br />Rufina, come Cecilia e tanti a cui accade di diventare cristiani in Mongolia, portano i nomi dei Martiri di Roma e dei Santi dei primi secoli. Il suo glielo ha proposto una suora, dopo averle raccontato la storia della giovane romana, figlia del Senatore Asterio, uccisa insieme a sua sorella Seconda durante le persecuzioni dell'Imperatore Valeriano. Lei racconta che a colpirla e attirarla verso il battesimo sono state all'inizio le omelie del parroco. «Lui» racconta oggi Rufina «descriveva una vita e una realtà che sentivo di aver desiderato fin da bambina. Ora io sono in cammino. Nei primi passi c'è l'entusiasmo degli inizi. Poi, piano piano, mi accorgo che occorre chiedere di ricominciare ogni giorno. Occorre chiedere di vivere nella fede la vita quotidiana, con tutti i problemi. La cosa importante è che vedo sempre di più dialogare la mia vita di ogni giorno con la fede».<br /><br />Così anche in Mongolia riaccade per grazia il mistero e il miracolo di cuori che diventano cristiani. E nella Chiesa nascente della Prefettura apostolica di UlaanBaatar fiorisce gratuitamente una esperienza preziosa per tutta la Chiesa universale. Adesso che, come sempre, tutta la Chiesa universale ha bisogno di riconosceresi come Chiesa nascente, e guardare agli inizi del cristianesimo.<br /><br />Anche Papa Leone ha potuto abbracciare la testimonianza dei nuovi cattolici di Mongolia, e rimanerne confortato, quando li ha ricevuti martedì 17 giugno nel Palazzo Apostolico.<br /><br />«Siamo stati molto felici di incontrare Papa Leone. Abbiamo ricordato la dimensione della Chiesa in Mongolia come una “Chiesa germoglio", così l’aveva descritta anche Papa Francesco» racconta all’Agenzia Fides il Cardinale Giorgio Marengo. «È stato bello» aggiunge il Cardinale piemontese, missionario della Consolata «ricordare insieme a lui il viaggio di Papa Francesco in Mongolia. Abbiamo ringraziato i nostri fedeli mongoli presenti in questo pellegrinaggio per la loro testimonianza di fede, sapendo che per loro la scelta di diventare cristiani non è per niente scontata. Abbiamo chiesto a Papa Leone di pregare per noi, e gli abbiamo chiesto di venire anche lui in Mongolia».<br /> <br /><br />La missione della Chiesa e la preghiera per la Novena<br /> <br />Mercoledì 18 giugno i pellegrini giunti dalla Mongolia hanno hanno incontrato il Cardinale Luis Antonio Tagle, Pro-Prefetto del Dicastero per l'Evangelizzazione, nello storico Palazzo di Propaganda Fide.<br /><br />L'esperienza della piccola comunità ecclesiale di Mongolia sembra poter suggerire spunti preziosi per tutta la Chiesa, cominciando da quelli che per condizione e vocazione sono più direttamente coinvolto nell'opera apostolica e missionaria della Chiesa. Lo si percepisce dalle parole e dalle immagini a cui ricorre Rufina, che a Ulaan Baatar è responsabile dell'Ufficio pastorale della Prefettura Apostolica, quando le si chiede in cosa consista il suo lavoro. «Noi sosteniamo il Cardinale Giorgio Marengo, i missionari, le parrocchie, li sosteniamo nel portare avanti il loro servizio, tenendo conto di quello che serve giorno per giorno, momento per momento. Si tratta magari di trovare una piccola preghiera, scrivere una piccola catechesi, curare una traduzione, preparare un incontro». <br /><br />Nessun attivismo che si affanna e logora dietro a progetti astratti e complicati. La fatica di ogni giorno sta tutta nel riconoscere quello che serve alla vita ecclesiale in atto, cogliere i bisogni reali, e cercare di rispondere. «Nelle ultime settimane» racconta ancora Rufina, offrendo immagini concrete del suo lavoro quotidiano «ci siamo mossi per fare in modo che tutte le parrocchie della Prefettura condividessero le stesse preghiere per la Novena di Pentecoste». Iniziative semplici, realizzate attingendo al tesoro condiviso delle devozioni e delle pratiche pastorali della Chiesa universale, che col passare degli anni aiutano a sperimentare come «Dio stesso ci parla attraverso quello che ci chiedono i nostri fratelli e sorelle. E loro, diventati cristiani da poco, ci chiedono sempre cose semplici, essenziali, per camminare nella fede. 20 anni fa» aggiunge «quando ero giovane catechista, ricordo che eravamo contentissimi quando ad esempio trovavamo un'immagine che poteva essere utile nella nostra catechesi. Adesso c'è internet, ci sono più possibilità, ma continuiamo a rispondere alle esigenze che ci vengono dalla realtà concreta». <br /><br />Le opere e le iniziative ecclesiali non rispondono a smanie di protagonismo o astratti volontarismi. Fioriscono solo per rispondere a esigenze reali. Con una perseveranza che può riposare solo sulla gratitudine. Thu, 19 Jun 2025 08:27:09 +0200Le sfide della produzione di vaccini in Africahttps://fides.org/it/news/76484-Le_sfide_della_produzione_di_vaccini_in_Africahttps://fides.org/it/news/76484-Le_sfide_della_produzione_di_vaccini_in_Africadi Cosimo Graziani<br /><br />Abuja - Nelle scorse settimane in Nigeria, un vaccino contro la febbre di Lassa sviluppato da ricercatori locali ha mostrato segni di efficacia nella lotta alla malattia, che nella prima metà del 2025 ha fatto registrare 747 nuovi casi e 142 morti nel Paese africano. A darne notizia è stato Simeon Agwale, Chief Executive Officer dell’azienda farmaceutica nigeriana Innovative Biotech. Il vaccino è stato sviluppato su licenza dell’Università di Melburne e negli Stati Uniti sono state prodotte le dosi per la sperimentazione, in attesa che in Nigeria vengano costruite le infrastrutture necessarie. <br />Per il gigante africano la possibilità di poter sviluppare autonomamente e di produrre il vaccino per una malattia che lo continua ad affliggere – il tasso di mortalità è aumentato rispetto al 2024 – rappresenta un risultato significativo, sintomo di una tendenza positiva riguardo lo sviluppo dei vaccini in tutto il Continente.<br />Diversi Paesi africani stanno cercando di aumentare la produzione di vaccini interna, una priorità che si è fatta più grande dopo la pandemia. Nel 2022 è stata creata la Partnerships for African Vaccine Manufacturing che mira a far produrre il 60% del fabbisogno dei vaccini in Africa entro il 2040 . <br />Il problema della produzione dei vaccini è legato anche alle fasi di progettazione e al suo sviluppo. Secondo l’Africa Centre for Disease Control and Prevention , il dipartimento dell’Unione Africana che si occupa della prevenzione e il controllo delle malattie, nel 2024 si contavano venticinque progetti di vaccino in tutto il Continente: quindici alle prime fasi di sviluppo, cinque con capacità produttiva ma senza capacità di trasferimento, cinque con capacità produttiva e capacità di trasferimento. I numeri sono positivi e sono rafforzati dal fatto che in tutto il continente ci sono almeno una decina di aziende farmaceutiche attive in paesi come appunto la Nigeria, il Marocco, l’Egitto, il Sudafrica, l’Algeria. Tutti questi aspetti stanno contribuendo al rafforzamento dell’ecosistema vaccinale che in passato ha già dato frutti come il vaccino per l’ebola sviluppato dopo l’epidemia del 2013 in Africa occidentale.<br />Recentemente, per rafforzare la capacità produttiva dei vaccini in Africa sono stati annunciati tre importanti accordi, uno firmato a dicembre 2024 e due a febbraio di quest’anno. Il primo vedeva la partecipazione della U.S. International Development Finance Corporation, della Banca di Sviluppo Africana e della International Finance Corporation e prevedeva lo stanziamento di quarantacinque milioni di dollari alla VaxSen, una sussidiaria dell’Istituto Pasteur di Dakar in Senegal, paese anch’esso molto attivo nella ricerca vaccinale. L’accordo agiva il rafforzamento della capacità produttiva, del supporto alla supply chain locale e la creazione di una forte rete distributiva dei vaccini come prevede la strategia dell’Unione Africana per il 2040 di cui fa parte anche la Pavm. Oltre ad avere impatti sulla sanità, l’accordo doveva avere anche effetti sull’occupazione specializzata perché vedrà l’ampliamento degli impianti dell’Istituto Pasteur. C’è da chiedersi se dopo i tagli della presidenza Trump alla cooperazione internazionale di questi mesi anche questo progetto verrà ridimensionato o addirittura cancellato.<br />Il primo accordo di quelli firmati a febbraio prevede un investimento da un miliardo e duecento milioni di dollari da parte della piattaforma Gavi-the Vaccine Alliance, una partnership pubblico-privata che sostiene progetti di vaccinazione in tutto il mondo, in particolare per i bambini. Secondo questo accordo i fondi verranno utilizzati per creare in Africa una piattaforma di produzione di un vaccino a RNA messaggero e verranno coinvolte aziende private sia africane, come l’egiziana EVA Pharma, sia straniera come la francese DNA Script e le belghe Unizima e Quantoom Biosciences. Nel secondo accordo firmato a febbraio la collaborazione invece è tutta africana: l’egiziana Biogeneric Pharma e la sudafricana Afrigen amplieranno lo sviluppo dei vaccini a RNA messaggero anche per rafforzare l’expertise continentale nella produzione e nell’applicazione contro le malattie che affliggono il Continente.<br />Queste iniziative sono state elencate nel rapporto che la Coalition for Epidemic Preparedness Innovations ha pubblicato a febbraio di quest’anno. La fondazione con sede a Oslo ha sottolineato che tra i problemi da risolvere per poter sviluppare pienamente un’industria vaccinale in Africa ci sono problemi con l’accesso ai fondi, limitazioni nella produzione, tariffe e oneri doganali, incertezza nella domanda – il problema del mercato dei vaccini in Africa influisce molto sulle scelte delle varie aziende produttrici nel mondo, tenendo anche conto del fatto che nei prossimi anni l’Africa vedrà un importante ulteriore aumento della sua popolazione, soprattutto della sua popolazione giovane.Thu, 19 Jun 2025 07:56:14 +0200ASIA/MYANMAR - Con l'imminente stagione delle piogge, a rischio la condizione degli sfollati del sisma a Mandalayhttps://fides.org/it/news/76483-ASIA_MYANMAR_Con_l_imminente_stagione_delle_piogge_a_rischio_la_condizione_degli_sfollati_del_sisma_a_Mandalayhttps://fides.org/it/news/76483-ASIA_MYANMAR_Con_l_imminente_stagione_delle_piogge_a_rischio_la_condizione_degli_sfollati_del_sisma_a_MandalayMandalay - A tre mesi dal devastante terremoto del 28 marzo 2025, l'area di Mandalay nel Centro Nord del Myanmar, ha dovuto affrontare più di tre settimane di forti piogge e temporali. A causa delle persistenti precipitazioni e delle scosse di assestamento, alcuni edifici, già indeboliti dal terremoto, sono crollati, causando ulteriori difficoltà alle comunità colpite. E' quanto afferma un rapporto inviato all'Agenzia Fides dall'Emergency Rescue Team per l'assistenza umanitaria dell'Arcidiocesi di Mandalay, che rileva: "Molte persone ancora passano la notte all'aperto o in rifugi di fortuna. Molte case sono state danneggiate o distrutte dal terremoto, costringendo le famiglie a dormire all'aperto. A Mandalay e nei dintorni, la gente utilizza teloni, tende o strutture in bambù per proteggersi dalle intemperie. L'accesso ad acqua pulita, servizi igienici e beni di prima necessità resta limitato e gli aiuti locali faticano a soddisfare i bisogni urgenti delle comunità colpite". <br />Con l'arrivo del monsone - afferma il rapporto - la situazione per le vittime del terremoto diventerà probabilmente ancora più difficile: "I rifugi improvvisati, spesso fatti di teloni o bambù, non saranno in grado di resistere a forti piogge e venti. Temiamo che le inondazioni e le cattive condizioni igieniche aumenteranno il rischio di malattie trasmesse dall'acqua, soprattutto per bambini e anziani. Senza un supporto urgente per fornire rifugi più durevoli e migliorare l'igiene, la sicurezza e il benessere di ingenti porzioni di popolazione saranno seriamente minacciati durante la stagione delle piogge".<br />Attualmente la diocesi ha messo a disposizione strutture e edifici ecclesiastici non danneggiati o spazi per ospitare gli sfollati. "Tende temporanee sono allestite dalle vittime del terremoto all'interno del complesso della chiesa di San Michele a Mandalay. Tra queste vittime non ci sono solo cattolici, ma anche buddisti. Le loro case sono state gravemente danneggiate e non sono ancora state riparate", si legge.<br />I volontari del team della diocesi stanno distribuendo aiuti umanitari alle vittime del terremoto, altri si sono incaricati della riparazione degli edifici ecclesiastici danneggiati, altri ancora gestiscono le squadra di soccorso d'emergenza. Sacerdoti e religiosi, condividendo la sorte dei profughi, ancora dormono fuori dalla residenza abituale, come nel cortile del complesso dell'arcivescovado. <br />Nota p. Peter Kyi Maung, segretario dell'Arcidiocesi: "Le nostre stanze sono state danneggiate dal terremoto e al momento non sono sicure. Abbiamo allestito delle sistemazioni per dormire nelle aree aperte del complesso, utilizzando semplici lenzuola e zanzariere. Finché non saranno effettuate le riparazioni necessarie, non abbiamo altra scelta che continuare a vivere in queste condizioni temporanee. Ma tutti i volontari e i fedeli si impegnano ogni giorno per migliorare a poco a poco la situazione. Il Signore ci dà la forza per andare avanti" <br /> Thu, 19 Jun 2025 13:50:15 +0200AFRICA/SUDAN - Si va verso una spartizione del Sudan?https://fides.org/it/news/76487-AFRICA_SUDAN_Si_va_verso_una_spartizione_del_Sudanhttps://fides.org/it/news/76487-AFRICA_SUDAN_Si_va_verso_una_spartizione_del_SudanKhartoum –Si va verso una spartizione di fatto del Sudan? È quanto si chiedono gli analisti dell’area dopo la presa di controllo del cosiddetto triangolo di confine tra Sudan, Libia ed Egitto da parte delle RSF di Mohamed Hamdan Dagalo, meglio noto come Hemedti.<br />Secondo i militari delle forze armate regolari comandante dal generale Abdel Fattah al-Burhan, la conquista del triangolo di confine da parte delle RSF è stata facilitata dall’aiuto offerto dal generale Khalifa Haftar, a capo del Libyan National Army , la fazione libica con base a Bengasi che controlla la Cirenaica, che si oppone al governo di accordo nazionale di Tripoli.<br />Il controllo di questo importante punto di passaggio tra il Sudan e la Libia permette di gestire i traffici leciti e illeciti e di rifornire le forze delle RSF tramite il confine libico. Dopo essere stato cacciato dall’area della capitale Khartoum, il leader delle RSF intende concentrare le proprie forze nella parte occidentale del Sudan, nel Darfur e nel Kordofan . Si suppone che la creazione di una via sicura di approvvigionamento e di commercio è funzionale alla strategia di Dagalo di istituire una propria amministrazione nel Darfur, la sua roccaforte. Nei mesi scorsi Dagalo ha proclamato la formazione di un governo alternativo da quello guidato dal generale al-Burhan, . <br />Lo scontro tra le fazioni sudanesi ha inoltre una dimensione ideologica ed una internazionale che si intrecciano. Il generale libico Haftar per aiutare le RSF a conquistare la zona della triplice frontiera ha inviato la brigata “Subul al-Salam”, una formazione salafita che si contrappone all’altra espressione dell’Islam politico incarnato dai Fratelli Musulmani. Questi ultimi sono invisi agli Emirati Arabi Uniti che appoggiano sia Haftar sia le RSF. Gli Emirati per contrastare la Fratellanza Musulmana sembrano disposti a ricorrere, sia pure indirettamente tramite intermediari, a gruppi salafiti specie se sono basati su legami tribali ed etnici, come la brigata Subul al-Salam” formata da membri della tribù Zuwaya.<br />Le SAF del generale Buran hanno potuto riconquistare Khartoum ed altre aree grazie soprattutto alla neocostituita “Hunter Force”, una unità speciale di élite formata tra gli altri da elementi islamisti, legati alla Fratellanza Musulmana.<br />Le influenze esterne nella guerra civile sudanese sono infine esemplificate dalla “guerra dei dronti” , con le RSF che impiegano droni di fabbricazione cinese forniti dagli Emirati e l’esercito droni turchi forniti da Ankara, che appoggia il generale Buran. <br />Wed, 18 Jun 2025 11:34:54 +0200ASIA/FILIPPINE - Processo di impeachment della vicepresidente Duterte: i cattolici seguono lo spirito della "Oratio imperata"https://fides.org/it/news/76486-ASIA_FILIPPINE_Processo_di_impeachment_della_vicepresidente_Duterte_i_cattolici_seguono_lo_spirito_della_Oratio_imperatahttps://fides.org/it/news/76486-ASIA_FILIPPINE_Processo_di_impeachment_della_vicepresidente_Duterte_i_cattolici_seguono_lo_spirito_della_Oratio_imperataManila - "C'è stato e vi è tuttora un dibattito acceso nel paese quando è stato rinviato in Senato il voto per l'impeachment della vice presidente Sara Duterte. L'opinione pubblica appare divisa. Come comunità ecclesiale, seguendo questi eventi politici, possaimo dire che la bussola resta sempre il bene comune. E lo spirito con cui guardiamo e valutiamo questi eventi è quello della 'Oratio Imperata' che abbiamo recitato ogni domenica a Manila, in tutte le chiese, prima delle elezioni", dice all'Agenzia Fides p. Esteban Lo, Direttore nazionale delle Pontificie Opere Missionarie nelle Filippine. <br />In quel momento pre-elettorale - segnato anche dalla incriminazione dell'ex presidente Rodrigo Duterte davanti alla Corte penale Internazionale - il Cardinale José Advincula, Arcivescovo di Manila, invitò i fedeli "a essere aperti a una continua conversione verso la verità, la giustizia e la pace". Padre Lo ricorda alcuni passaggi della Oratio Imperata, in cui la preghiera chiede a Dio: "Stendi ancora una volta la tua mano potente e guida la nostra nazione, in questo momento di crisi"; "lascia che la luce della verità brilli per guidarci lungo il cammino che conduce all'unità e alla pace"; "fa' sgorgare la giustizia, aprendo la strada alla guarigione e alla riconciliazione".<br />Nel febbraio scorso, la Camera dei rappresentanti, con 215 voti su 306, aveva approvato l'impeachment contro Sara Duterte per accuse come appropriazione indebita, corruzione e concussione. Per proseguire, il procedimento deve passare per un voto del Senato. Dopo le elezioni del 12 maggio e la composizione del Senato, nell'assise è stato costituito un apposito tribunale di impeachment, che dovrà esaminare il caso e gestire il processo a carico della vicepresidente Duterte. <br />Il 10 giugno i senatori hanno votato per rinviare quella serie di denunce alla Camera dei Rappresentanti a causa di questioni legali e procedurali, causando la proteste di attivisti e il disappunto di parte dell'opinione pubblica. Il portavoce della corte di impeachment del Senato, l'avvocato Regie Tongol, ha respinto l'accusa di voler "temporeggiare" spiegando le procedure necessarie come: l'organizzazione formale della corte di impeachment; l'adozione di norme procedurali e supplementari; l'emissione di un ordine di conformità alla Camera dei rappresentanti per questioni giurisdizionali; il rilascio della citazione a Duterte e la ricezione dell'atto di comparizione formale degli avvocati difensori.<br />In questa fase la Conferenza episcopale delle Filippine, in un messaggio pubblico firmato dal presidente della conferenza, il Cardinale Pablo Virgilio David, ha esortato il Senato del Paese ad agire, affermando che questo atto è “un dovere costituzionale, non un’opzione politica”. L'azione della Chiesa - ricorda la nota - non nasce da interessi di parte, ma affonda le sue radici nella dottrina sociale cattolica, "che sostiene la verità, la giustizia e il bene comune". "La ricerca della verità non è un'agenda politica; è un imperativo morale"; "lasciate che la coscienza guidi le vostre azioni. Lasciate che la verità faccia il suo corso", si legge nell'appello.<br />Anche l'Arcivescovo di Lingayen-Dagupan, Socrates Villegas, ha ammonito che ritardare il processo di impeachment della vicepresidente Sara Duterte"non è solo un "fallimento politico, morale e spirituale da parte dei funzionari pubblici", ma è anche un "grave peccato di omissione contro il bene comune" che offende la verità, la giustizia e il diritto dei cittadini a essere chiamati a rispondere delle proprie azioni.<br />La più grande rete di istituzioni educative cattoliche del Paese, la Catholic Educational Association of the Philippines si è unita all'appello, sollecitando il Senato perchè ché non ritardi il processo di impeachment, definendolo un "imperativo costituzionale, morale e democratico".<br /> Wed, 18 Jun 2025 11:26:52 +0200AFRICA/NIGERIA - “E’ inspiegabile tanta crudeltà verso centinaia di persone innocenti” dice il vescovo ausiliare di Minnahttps://fides.org/it/news/76485-AFRICA_NIGERIA_E_inspiegabile_tanta_crudelta_verso_centinaia_di_persone_innocenti_dice_il_vescovo_ausiliare_di_Minnahttps://fides.org/it/news/76485-AFRICA_NIGERIA_E_inspiegabile_tanta_crudelta_verso_centinaia_di_persone_innocenti_dice_il_vescovo_ausiliare_di_MinnaMinna – “Quello che è accaduto a Makurdi è veramente orribile” dice all’Agenzia Fides Luka Sylvester Gopep, vescovo ausiliare della diocesi di Minna, in merito alla strage avvenuta nella notte tra il 13 e il 14 giugno nello Stato di Benue .<br /><br />Nella conversazione con il vescovo Gopep il presule non nasconde il profondo dolore nel parlare di questo tragico ennesimo episodio di violenza che colpisce il paese. <br /><br />“E’ inspiegabile, tanta crudeltà verso centinaia di persone. E’ difficile capire perchè i Fulani, autori del massacro, abbiano agito così – rimarca Gopep. Resta il fatto che Makurdi è un'area a predominanza cristiana, e i Fulani sono prevalentemente musulmani provenienti dalla parte settentrionale del Paese, mentre Makurdi si trova nella fascia centrale del Paese. La diocesi di Minna, Stato del Niger, si trova tra due diocesi prima di arrivare a Makurdi: l’arcidiocesi di Abuja e la diocesi di Lafiya. Lo scorso 29 maggio l'area di Minna è stata violentemente colpita da alluvioni che hanno causato oltre 200 morti e migliaia di sfollati, tra i quali più di un migliaio di bambini."<br /><br />Il presule rende inoltre noto che Bola Ahmed Adekunle Tinubu, Presidente della Nigeria dal 29 maggio 2023, è atteso a Makurdi nella giornata di oggi 18 giugno 2025.<br /><br /> <br />Wed, 18 Jun 2025 11:02:26 +0200AFRICA/KENYA - Proteste per la morte di Albert Ojwang, nonostante l’arresto di alcuni presunti responsabilihttps://fides.org/it/news/76482-AFRICA_KENYA_Proteste_per_la_morte_di_Albert_Ojwang_nonostante_l_arresto_di_alcuni_presunti_responsabilihttps://fides.org/it/news/76482-AFRICA_KENYA_Proteste_per_la_morte_di_Albert_Ojwang_nonostante_l_arresto_di_alcuni_presunti_responsabili Nairobi – In corso, oggi 17 giugno, proteste nei distretti commerciali centrali di Nairobi e Mombasa, dove centinaia giovani sono scesi in strada per chiedere giustizia per Albert Ojwang, l’insegnante e blogger trentunenne, morto mentre era in custodia della polizia. <br />Le forze di sicurezza sono intervenute per cercare di disperdere la folla, sparando candelotti lacrimogeni, mentre bande di motociclisti in abiti civili hanno assalito i dimostranti.<br />Al centro delle proteste c’è il vice ispettore generale della polizia Eliud Lagat. Ojwang era stato arrestato il 6 giugno nell’abitazione di famiglia a Kakot, nella contea di Homa Bay, per un post sui social media con il quale avrebbe diffamato Lagat. Trasportato per oltre 350 chilometri alla stazione di polizia centrale di Nairobi, è stato accusato di pubblicazione mendace ai sensi delle leggi sulla criminalità informatica. L'8 giugno Ojwang è stato trovato privo di sensi nella sua cella durante un controllo di routine. <br />In un primo momento il decesso di Ojwang era stato qualificato come un suicidio da parte delle autorità; poi di fronte alle proteste della famiglia e della società civile, lo stesso Presidente William Ruto ha ammesso che la morte del blogger è avvenuta per mano della polizia", ribaltando la versione ufficiale . <br />Finora, due agenti di polizia, Samson Talaam della stazione di polizia centrale e James Mukhwana, sono stati arrestati in relazione al decesso dell’insegnante, mentre l'Independent Policing Oversight Authority e l'Internal Affairs Unit proseguono le loro indagini. Inoltre è stato fermato un tecnico che nella notte tra il 7 e l’8 giugno avrebbe manomesso il sistema di videosorveglianza della stazione di polizia centrale di Nairobi per permettere, secondo la ricostruzione del quotidiano The Star, ad alcuni agenti di prelevare Ojwang dalla cella di detenzione per condurlo nella foresta di Karura dove è stato torturato a morte.<br />Lo stesso Eliud Lagat si è dimesso ma questo non ha calmato gli animi della popolazione, specie dei giovani, perché l'omicidio di Ojwang ha riacceso l'indignazione nazionale per la brutalità della polizia e ha rinnovato le richieste di riforme nel settore della sicurezza. <br />Tue, 17 Jun 2025 12:05:31 +0200AMERICA/HAITI - La situazione umanitaria rimane catastrofica ma la popolazione haitiana continua a sperare in un futuro dignitosohttps://fides.org/it/news/76481-AMERICA_HAITI_La_situazione_umanitaria_rimane_catastrofica_ma_la_popolazione_haitiana_continua_a_sperare_in_un_futuro_dignitosohttps://fides.org/it/news/76481-AMERICA_HAITI_La_situazione_umanitaria_rimane_catastrofica_ma_la_popolazione_haitiana_continua_a_sperare_in_un_futuro_dignitosoPourcine-Pic Makaya – "Dietro ogni numero c'è una persona la cui sofferenza è incommensurabile: bambini, madri, anziani, molti dei quali costretti a lasciare le proprie case più di una volta, spesso con solo i vestiti che indossavano, e che ora vivono in condizioni né sicure né sostenibili". Sono dichiarazioni che Amy Pope, Direttore Generale dell'Organizzazione Internazionale per le Migrazioni ha rilasciato in seguito alla pubblicazione del Rapporto lo scorso 11 giugno, nel quale è emerso che quasi 1,3 milioni di persone sono attualmente sfollate dalle loro case a causa della violenza ad Haiti, il numero più alto nella storia di questo Paese, pari a 11,5 milioni di persone.<br /><br />Solo nel primo trimestre del 2025, altre 1.600 persone sono state uccise – e un migliaio ferite – da bande criminali, con diversi massacri che hanno causato decine di vittime ciascuno. Port-au-Prince rimane l'epicentro della crisi, ma la violenza delle bande si sta diffondendo ben oltre la capitale, ha osservato l'OIM. I recenti attacchi nei dipartimenti nord-occidentali di Centre e Artibonite hanno costretto centinaia di migliaia di residenti alla fuga, molti dei quali ora vivono in rifugi temporanei in condizioni estremamente precarie. Ad Artibonite, il più grande dei 10 dipartimenti del paese, le violenze nel solo comune di Petite Rivière, con una popolazione di circa 200.000 abitanti, hanno costretto oltre 92.000 persone a lasciare le proprie case. Ancora più allarmante la situazione nel dipartimento di Centre. Gli scontri in città con meno di 200.000 abitanti, come Mirebalais e Saut-d'Eau, hanno più che raddoppiato il numero di persone in movimento in soli due mesi, passando da circa 68.000 a oltre 147.000. Molte persone ora si trovano a vivere senza accesso a cure mediche, acqua potabile e scuole, lasciando famiglie già vulnerabili in difficoltà a sopravvivere, sottolinea l'OIM. Con l'aumento delle persone costrette ad abbandonare il paese, il numero di campi di sfollati spontanei continua ad aumentare. Da dicembre, questi campi sono aumentati da 142 a 246.<br /><br />In questo clima di sofferenza, dolore, crisi, abbandono non mancano iniziative a favore della popolazione. Tra queste, “Muoviamoci per Haiti”, una corsa podistica/camminata nell’area del Parco Fluviale Gesso-Stura che si terrà mercoledì 2 luglio, organizzata da un gruppo di amici di padre Massimo Miraglio missionario camilliano originario di Borgo San Dalmazzo, Cuneo, che da quasi vent’anni vive e lavora ad Haiti, in una delle realtà più povere e tormentate del Centro America. L’intero ricavato della manifestazione sarà destinato al progetto “Una rete di sentieri per lo sviluppo umano ed economico”, che il missionario porta avanti da alcuni mesi nella parrocchia di Pourcine/Pic Makaya di cui è parroco . Lo stesso padre Massimo aveva comunicato il termine della prima fase dell’intervento di pulizia e manutenzione di alcuni dei sentieri per permettere alla gente di spostarsi con maggiore sicurezza e rapidità e favorire lo sviluppo economico e sociale dell’area .<br /><br />“Adesso - scrive p. Massimo - siamo ai primi giorni d'esami finali per l'anno scolastico 2024-25 alla scuola Parrocchiale materna ed elementare di Pourcine-Pic Makaya”. Un anno si sta chiudendo con soddisfazione ma tanto è il lavoro che resta ancora da fare.” Insieme alla scuola vanno avanti anche gli altri progetti avviati dal missionario, come i corsi di alfabetizzazione per gli adulti, la casetta per gli ospiti, la reintroduzione della coltivazione del caffè, le piantagioni di fagioli, l’acquedotto, oltre ai tanti momenti di socializzazione e vita comunitaria.<br /><br />Secondo il Rapporto dell’OIM, ad Haiti, si stima che quasi la metà della popolazione necessiti di assistenza umanitaria, principalmente sotto forma di cibo, alloggio, igiene e assistenza sanitaria, e accesso a servizi essenziali come acqua potabile ed elettricità. Per quanto riguarda la sicurezza, le forze di polizia locali sono state rafforzate con diverse centinaia di soldati provenienti da una missione di supporto internazionale guidata dalla polizia militare keniota e composta da gruppi di truppe provenienti da paesi centroamericani e caraibici.<br /><br />"Senza finanziamenti e accesso immediati, milioni di persone rimarranno in pericolo", è il monito di Pope. L'Agenzia ritiene che l'assistenza umanitaria sia essenziale, ma non è l'unica cosa necessaria. "Dobbiamo agire ora. La forza del popolo di Haiti è fonte di ispirazione, ma la resilienza non può essere il loro unico rifugio. Questa crisi non può diventare la nuova normalità", conclude il Direttore Generale dell’OIM.<br /><br /> <br />Tue, 17 Jun 2025 11:33:37 +0200ASIA/VIETNAM - A congresso il movimento della Gioventù Eucaristica, vivaio di vocazioni in Vietnamhttps://fides.org/it/news/76480-ASIA_VIETNAM_A_congresso_il_movimento_della_Gioventu_Eucaristica_vivaio_di_vocazioni_in_Vietnamhttps://fides.org/it/news/76480-ASIA_VIETNAM_A_congresso_il_movimento_della_Gioventu_Eucaristica_vivaio_di_vocazioni_in_VietnamHo Chi Minh City - "Il movimento della Gioventù Eucaristica in Vietnam è la speranza e il futuro della Chiesa cattolica vietnamita, poiché si avvale di metodi educativi eccellenti; nessun'altra associazione cattolica nella Chiesa vietnamita è valida e vivace quanto la Gioventù Eucaristica vietnamita", ha affermato l'Arcivescovo Joseph Nguyen Nang alla VI conferenza nazionale della Gioventù Eucaristica Vietnamita. L'Arcivescovo ha notato: “Gli animatori, i catechisti e i bambini del movimento sono persone molto entusiaste che lavorano attivamente nella missione apostolica della Chiesa vietnamita. Questo è un ottimo vivaio per le vocazioni al sacerdozio, alla vita consacrata, per religiosi e apostoli laici entusiasti".<br />La conferenza si è tenuta presso la chiesa di Hanh Thong Tay, nell'arcidiocesi di Ho Chi Minh city, nel Vietnam del Sud, dal 12 al 14 giugno 2025, alla presenza di numerosi sacerdoti e membri del Consiglio direttivo del Movimento diocesano della Gioventù Eucaristica, giunti dalle 27 diocesi vietnamite.<br />Grazie ai luminosi esempi di virtù dei martiri vietnamiti, la Chiesa del Vietnam genera famiglie cattoliche che vivono una fede devota e associazioni cattoliche che operano con entusiasmo e dedizione in molte parrocchie del paese: tra queste esperienze vi è il "Movimento della Gioventù Eucaristica", realtà con una solida struttura organizzativa e una forte vitalità operativa. Oggi, nel contesto di una società in rapida evoluzione, la pratica della fede nella vita religiosa dei giovani in tutto il mondo mostra segni di declino. Pertanto, coltivare la fede dei giovani nella Chiesa vietnamita è un’urgenza utile per educare le giovani generazioni con solide fondamenta nella fede.<br />Nel corso della conferenza di Ho Chi minh city, incentrata sul tema della speranza, in particolare nel contesto dell'Anno santo 2025, il Vescovo Peter Nguyen Van Vien, presidente della Commissione vietnamita per la Gioventù e l’infanzia eucaristica, ha affermato: "La speranza non si limita al significato di virtù spirituale, ma qui significa anche luce e guida per la missione di educare e accompagnare i giovani di oggi".<br />Il Segretario generale del movimento, Padre John Le Quang Viet, ha riassunto e condiviso i risultati e i frutti così come le difficoltà e le preoccupazioni degli ultimi anni, auspicando maggiore attenzione e sostegno da parte dei Vescovi e dei parroci di ogni diocesi e parrocchia, affinché il movimento diventi davvero un "serbatoio" per il futuro della Chiesa vietnamita.<br />Un ottimo segnale per la Chiesa vietnamita oggi è il fatto che molti Seminari Minori e Maggiori, nonché collegi di ordini religiosi maschili e femminili, abbiano ufficialmente inserito la formazione degli animatori del movimento nel loro programma di formazione. L’auspicio espresso nella conferenza è che tale impegno si estenda a tutto il Paese e che i Vescovi delle diocesi incoraggino seminaristi e giovani sacerdoti a conoscere attivamente il movimento della Gioventù Eucaristica per accompagnare le giovani generazioni vietnamite. La percentuale di giovani nella nazione è molto alta: ragazzi e giovani tra i 10 e i 24 anni rappresentano oltre il 20% della popolazione. I ragazzi che partecipano al movimento sono solitamente adolescenti che frequentano il catechismo settimanale e la messa domenicale nelle parrocchie di tutto il Paese. Inoltre, partecipano anche ad attività mensili come opere di carità e attività ludiche.<br />La Gioventù Eucaristica Vietnamita è un movimento fondato sul modello del Movimento giovanile eucaristico mondiale, originario della Francia. Questo movimento è nato nel 1929 in Vietnam e ha gradualmente trovato una risposta positiva da parte del clero e dei laici vietnamiti di molte regioni. Il movimento si è sviluppando in tutte le diocesi del Vietnam, riunendo i bambini attorno a Gesù Signore con l'obiettivo di educarli sotto due aspetti: formarli a diventare buoni cittadini e buoni cristiani. Fondamenti educativi del movimento sono la Parola di Dio gli insegnamenti della Chiesa cattolica. Il movimento invita bambini e giovani a vivere secondo i seguenti principi: vivere seguendo la Parola di Dio, unendosi all'Eucaristia pregando, ricevendo la santa comunione, svolgendo attività apostolica sotto la guida dello Spirito Santo; promuovere l'umanesimo, preservando e promuovendo le tradizioni culturali del popolo vietnamita.<br /> <br />Tue, 17 Jun 2025 11:05:29 +0200ASIA/COREA DEL SUD - Un nuovo documentario sulla storia di padre Stephano Kim Seong-hyeon, missionario coreano in Mongoliahttps://fides.org/it/news/76479-ASIA_COREA_DEL_SUD_Un_nuovo_documentario_sulla_storia_di_padre_Stephano_Kim_Seong_hyeon_missionario_coreano_in_Mongoliahttps://fides.org/it/news/76479-ASIA_COREA_DEL_SUD_Un_nuovo_documentario_sulla_storia_di_padre_Stephano_Kim_Seong_hyeon_missionario_coreano_in_MongoliaSeoul – Ripercorrere la vita e l’opera missionaria compiuta in Mongolia dal sacerdote coreano Stephano Kim Seong-hyeon e rispondere al quesito: chi è un prete? Proprio questo interrogativo, in lingua inglese, dà il titolo al nuovo documentario, pubblicato sul canale YouTube del Korea Catholic Times, che ripercorre la storia del missionario Fidei donum della diocesi di Daejeon, morto improvvisamente all’età di 55 anni nel maggio del 2023.<br /><br /><iframe width="560" height="315" src="https://www.youtube.com/embed/mYU9Fa3EHBE?si=ZtEefnBNF_vafL28" title="YouTube video player" frameborder="0" allow="accelerometer; autoplay; clipboard-write; encrypted-media; gyroscope; picture-in-picture; web-share" referrerpolicy="strict-origin-when-cross-origin" allowfullscreen></iframe><br /><br />Appartenente all’Istituto secolare maschile del Prado, padre Stephano giunse in Mongolia nel 2002, dove diede inizio alla parrocchia di Santa Maria Assunta nell’area di Khan Uul prima di spostarsi nella steppa, a circa 200 chilometri dalla Capitale, fermandosi a Erdenesant. Qui condivise lo stile di vita dei pastori nomadi, vivendo in una ger, cioè la tipica tenda mongola, e compiendo spostamenti a cavallo. <br /><br />Nel 2020, il Vescovo Giorgio Marengo, missionario della Consolata, fresco di nomina come Prefetto Apostolico di Ulaanbaatar, lo volle come vicario. Per tre anni, padre Stephano Kim Seong-hyeon si dedicò alla cura pastorale dei fedeli che frequentavano la Cattedrale e all’assistenza spirituale per la comunità coreana presente, oltre a tutte le necessità della Prefettura.<br /><br />Coprodotto dalla Korean Prado Priests Association, che quest'anno celebra il suo 50mo anniversario di attività, il documentario riflette anche sulla spiritualità del beato Antoine Chevrier, fondatore dell’istituto secolare maschile del Prado. Quello disponibile gratuitamente online è il secondo documentario che il Korea Catholic Times ha prodotto sulla vita del missionario. <br /><br />Lo scorso anno, assieme alla Diocesi di Daejeon, realizzò un filmato a scopo divulgativo intitolato “Wind of the Prairie - The Last Lecture of a Mongolian Missionary”. Elogiato per aver messo in luce gli aspetti della spiritualità di padre Stephano Kim Seong-hyeon, il filmato fu premiato nella categoria Radio Internet alla 34a edizione dei Korea Catholic Mass Media Awards. <br />Tue, 17 Jun 2025 08:43:10 +0200AFRICA/NIGERIA - “I sopravvissuti del massacro di Yelwata sono terrorizzati e mancano di tutto”https://fides.org/it/news/76478-AFRICA_NIGERIA_I_sopravvissuti_del_massacro_di_Yelwata_sono_terrorizzati_e_mancano_di_tuttohttps://fides.org/it/news/76478-AFRICA_NIGERIA_I_sopravvissuti_del_massacro_di_Yelwata_sono_terrorizzati_e_mancano_di_tuttoAbuja – “I sopravvissuti del massacro sono terrorizzati; hanno subito e visto violenze inenarrabili” dice all’Agenzia Fides padre Remigius Ihyula, Coordinatore della Commissione Sviluppo, Giustizia e Pace della diocesi di Makurdi, nello Stato di Benue , riferendosi al massacro di un gruppo di sfollati accolti nella missione cattolica di Yelwata, nell’area amministrativa locale di Gouma, citato ieri, 15 giugno, da Papa Leone XIV. <br />“Si tratta di diverse centinaia di persone che erano state espulse dalle loro fattorie dalle bande di pastori Fulani poi accolte in una struttura della parrocchia di San Giuseppe” dice padre Ihyula. “Un gruppo di pastori Fulani ha assalito la struttura nella notte tra il 13 e il 14 giugno. Si contano almeno 200 morti”. “Oltre ad aver commesso il massacro gli assalitori hanno devastato la struttura. I sopravvissuti mancano ora di tutto, dal cibo ai vestiti, dai materassi alle coperte e ai medicinali” aggiunge il sacerdote.<br />Secondo padre Ihyula “il massacro ha avuto risalto sui media internazionali per il gran numero di morti, ma qui viviamo uno stillicidio continuo. Un giorno uccidono 3 persone, un altro 10 e così via”.<br />Il Coordinatore di “Giustizia e Pace” afferma di non condividere affatto la visione propugnata da certa stampa occidentale secondo la quale “i pastori Fulani sono vittime del cambiamento climatico”. Secondo questa interpretazione i cambiamenti climatici spingerebbero i pastori Fulani alla ricerca di nuove terre e fonti di acqua per il loro bestiame, a occupare con la forza le terre degli agricoltori. “No, non si tratta di questo. Le bande di pastori Fulani sono motivate da un’ideologia islamista. Vogliono conquistare le terre degli agricoltori cristiani per potere poi fondare uno Stato Islamico” afferma padre Ihyula. "In quanto responsabile della Commissione Giustizia e Pace della diocesi di Makurdi ho cercato il dialogo con i Fulani. Ma lo hanno sempre respinto” conclude. <br /><br />Mon, 16 Jun 2025 12:46:39 +0200ASIA/MYANMAR - Il Vicario di Mandalay: "Immane sofferenza dei civili a Sagaing; ringraziamo Papa Leone per le sue parole"https://fides.org/it/news/76477-ASIA_MYANMAR_Il_Vicario_di_Mandalay_Immane_sofferenza_dei_civili_a_Sagaing_ringraziamo_Papa_Leone_per_le_sue_parolehttps://fides.org/it/news/76477-ASIA_MYANMAR_Il_Vicario_di_Mandalay_Immane_sofferenza_dei_civili_a_Sagaing_ringraziamo_Papa_Leone_per_le_sue_paroleMandalay - "In tutto il Myanmar vi sono aree di combattimento, sfollati, grande disagio dei civili che fuggono dal conflitto. In particolare, nella nostra diocesi di Mandalay, il territorio di Sagaing è quello maggiormente interessato da scontri, bombardamenti e immane sofferenze dei civili", racconta in un colloquio con l'Agenzia Fides padre Peter Sein Hlaing Oo, Vicario generale dell'Arcidiocesi di Mandalay, nel centro nord del Mynmar. Il Vicario generale, con tutta la Chiesa locale, apprezza le parole di Papa Leone XIV che, all'Angelus del 15 giugno, ha voluto ricordare la sofferenza dei civili in Myanmar: "Lo ringraziamo per le sua parole e la sua attenzione alla nostra sofferenza", nota. <br />Raccontando la situazione a Sagaing , p. Peter nota a Fides: "Lì, tanti villaggi sono ormai deserti o ridotti in macerie a causa dei continui bombardamenti. La gente inerme non sa dove trovare rifugio. Vi sono chiese e parrocchie cattoliche in quella zona, e tutte sono in grave difficoltà. Abbiamo fedeli cattolici sia nelle aree controllate dal regime sia in quelle controllate dalla resistenza. E vi sono fedeli che si trovano proprio in mezzo al fuoco incrociato. La gente è indifesa e inerme. I nostri preti però, coraggiosamente, sono impegnati ad aiutare la gente, anziani, donne e bambini che spesso mancano anche del minimo sostentamento. Con i consacrati e con i catechisti, svolgono servizio sociale in zone molto pericolose perchè interessate dagli scontri a fuoco, ma così offrono ancora un barlume di speranza alla popolazione", nota.<br />"Noi - aggiunge il Vicario - continuiamo a pregare ogni giorno, a offrire intenzioni delle messe e nelle veglie di preghiera, per la nostra gente, per la pace, per il futuro della nazione. Continuiamo a confidare in Dio, in questa terribile situazione. E ricordiamo che a Mandalay, oltre alla guerra, viviamo oggi i devastanti effetti del terremoto", conclude. <br />Aggiunge in un colloquio con Fides Joseph Kung , laico cattolico di Yangon, impegnato nella Chiesa locale, docente in un'università privata: "Come ha notato il Papa, infrastrutture civili continuano a essere colpite dall'esercito e distrutte in tutto il paese. Quello che fa più dolore è quando vengono colpite le scuole e uccisi studenti e ragazzi che volevano solo continuare a studiare. C'è ancora tanto dolore e indignazione per il massacro di un mese fa, quando l'attacco aereo sul villaggio di Oe Htein Kwin, nella regione di Sagaing, ha ucciso 20 studenti e due insegnanti", ricorda.<br />"Tra le aree maggiormente interessate dal conflitto - rileva - , vi sono: Sagaing, lo stato Rakhine, territori negli stati Chin e Kachin. Riceviamo continue segnalazioni dalle diocesi di Bamaw e Myitkyina, entrambe nello stato Kachin, dove molti villaggi vengono distrutti e i civili continuano a fuggire", prosegue. <br />Conclude Kung: "Siamo grati a Papa Leone per i suoi appelli. Quando il Papa menziona il Myanmar, questo ci infonde speranza perchè sappiamo di non essere soli e abbandonati. La popolazione è molto stanca e provata da quattro anni di guerra civile. Aspettiamo e preghiamo ogni giorno, rimettendo nelle mani di Dio e della Vergine Maria la nostra sofferenza".<br /> Mon, 16 Jun 2025 12:22:31 +0200AMERICA/CILE - Curacautín, incendio doloso nella notte: nuovamente distrutta la cappella di San Francescohttps://fides.org/it/news/76476-AMERICA_CILE_Curacautin_incendio_doloso_nella_notte_nuovamente_distrutta_la_cappella_di_San_Francescohttps://fides.org/it/news/76476-AMERICA_CILE_Curacautin_incendio_doloso_nella_notte_nuovamente_distrutta_la_cappella_di_San_FrancescoSantiago del Cile – “Con profondo dolore”, la Diocesi di Temuco si stringe alla comunità cattolica di Curacautín, dove “un altro incendio doloso ha devastato una la cappella di San Francisco, nella cittadina di Radalco”. Quello avvenuto nei giorni scorsi, in piena notte, è il secondo attacco alla cappella della parrocchia di San Pedro de Curacautín: già nel 2023, infatti, la struttura era stata distrutta. Subito ricostruita, ora di quel luogo di preghiera non resta che cenere. <br /><br />Di fronte a questo nuovo atto di violenza, si legge in una nota diffusa dalla Diocesi, il vescovo Jorge Concha Cayuqueo, ha espresso la sua vicinanza invitando tutti i credenti a unirsi in preghiera per la pace: "L'incendio nella cappella di San Francisco è un grave danno alla vita della comunità cristiana e alla gente del luogo. Per i cattolici è un luogo di culto ma ha sempre prestato assistenza all'intera comunità, indipendentemente dal credo religioso”.<br /><br />"Questa è una comunità molto laboriosa che si era unita nei mesi scorsi per ricostruire la sua cappella. Oggi, ancora una volta, ne subisce la perdita totale. Ma confidiamo nella fede", le parole del parroco di Curacautín, padre Víctor Núñez.<br /><br />L’area di Temuco è al centro del cosiddetto "conflitto Mapuche", dove a scontrarsi sono, per l’appunto, le comunità Mapuche e lo Stato cileno. All’origine del conflitto questioni legate alla terra, all'autonomia e alla cultura indigena. Ed è proprio con un appello alla pace che termina il comunicato diffuso dalla Diocesi: “Alziamo la nostra voce per respingere ogni atto di violenza che minacci gli spazi di fede, incontro e preghiera. Invitiamo l'intera comunità diocesana e tutte le persone di buona volontà a unirsi in preghiera per i nostri fratelli e sorelle di Radalco, per la pace nell'Araucanía e per il rispetto reciproco che ci permette di vivere insieme in fraternità. Che San Francesco d'Assisi, patrono di questa cappella, interceda per la sua comunità e ci ispiri con il suo spirito di pace, riconciliazione e amore per tutto il creato”. <br />Mon, 16 Jun 2025 12:22:29 +0200AFRICA/SUDAN - Ucciso da una scheggia di un proiettile di artiglieria il parroco di El Fasher, città assediatahttps://fides.org/it/news/76475-AFRICA_SUDAN_Ucciso_da_una_scheggia_di_un_proiettile_di_artiglieria_il_parroco_di_El_Fasher_citta_assediatahttps://fides.org/it/news/76475-AFRICA_SUDAN_Ucciso_da_una_scheggia_di_un_proiettile_di_artiglieria_il_parroco_di_El_Fasher_citta_assediataKhartoum - È stato ucciso da un proiettile vagante don Luka Jomo, parroco nella città assediata di El Fasher, in Sudan. Lo ha reso noto in un comunicato la diocesi di El Obeid del 13 giugno. “Cari padri, sorelle e fedeli tutti. È con grande dolore che vi scrivo per informarvi del ritorno alla Casa del Padre di don Luka Jomo questa mattina alle 3 del mattino a El Fasher. La causa della morte è una scheggia che ha ucciso lui e altri due giovani. Uniamoci in preghiera e chiediamo a Dio Padre che le loro anime riposino in pace”.<br />El Fasher, la capitale del Nord Darfur, considerata l’ultimo ridotto delle forze armate sudanesi nella regione, controllata quasi interamente dalle rivali Forze di Supporto Rapido del generale Mohamed Hamdan “Hemedti” Dagalo che bombardano di continuo la città. Don Jomo è rimasto quindi vittima di questi bombardamenti, non è stato colpito in quanto vittima designata di un omicidio mirato.<br />Dopo l’Angelus di domenica 15 giugno, Papa Leone XIV ha rivolto il suo pensiero “alla Repubblica del Sudan, da oltre due anni devastata dalle violenze”. Mi è giunta la triste notizia della morte del Rev.do Luke Jumu, parroco di El Fasher, vittima di un bombardamento” ha poi aggiunto il Pontefice. “Mentre assicuro le mie preghiere per lui e per tutte le vittime, rinnovo l’appello ai combattenti affinché si fermino, proteggano i civili e intraprendano un dialogo per la pace. Esorto la comunità internazionale a intensificare gli sforzi per fornire almeno l’assistenza essenziale alla popolazione, duramente colpita dalla grave crisi umanitaria.” <br />I due anni di guerra civile sudanese scoppiata il aprile 2023 hanno provocato decine di migliaia di morti, 14 milioni di sfollati interni e più di tre milioni e mezzo di rifugiati nei Paesi limitrofi. <br />Mon, 16 Jun 2025 12:00:05 +0200AMERICA/NICARAGUA - La "Presidente della pace", Violeta Chamorro, muore in esiliohttps://fides.org/it/news/76474-AMERICA_NICARAGUA_La_Presidente_della_pace_Violeta_Chamorro_muore_in_esiliohttps://fides.org/it/news/76474-AMERICA_NICARAGUA_La_Presidente_della_pace_Violeta_Chamorro_muore_in_esilioManagua - Ha segnato la storia del suo Paese come simbolo di democrazia. Violeta Barrios de Chamorro è stata la donna che sconfisse Ortega in Nicaragua e la prima donna eletta Presidente nelle Americhe il 25 aprile 1990.<br /><br />"Il mio affettuoso ricordo, la mia gratitudine e le mie preghiere per Doña Violeta. Una donna di integrità, coraggio e fede. Ora vive eternamente nel cuore di Dio, in cui credeva e che amava. Le mie condoglianze ai suoi figli e a tutta la sua famiglia in questo momento di dolore. Grazie, Doña Violeta!" E’ quanto scrive il vescovo ausiliare di Managua Silvio José Báez, anche lui in esilio tra Roma, Madrid e Miami .<br /><br />Entrò al governo di un Paese devastato dalla guerra e diviso tra sandinisti e opposizione. Quell'anno, il Nicaragua registrò oltre 50.000 morti a causa della guerra tra i Contras e l'esercito, oltre a una pesante bancarotta economica. "Doña Violeta" governò dal 1990 al 1997.<br />Nota in America Centrale come la "presidente della pace", è morta sabato 14 giugno 2025, in esilio a San José, in Costa Rica, lasciando un segno e una luce che rifletteranno per sempre la democrazia in Nicaragua.<br /> <br />Mon, 16 Jun 2025 11:23:54 +0200OCEANIA/PAPUA NUOVA GUINEA - Sarà proclamato santo Peter To Rot, il “ragazzo della missione”https://fides.org/it/news/76469-OCEANIA_PAPUA_NUOVA_GUINEA_Sara_proclamato_santo_Peter_To_Rot_il_ragazzo_della_missionehttps://fides.org/it/news/76469-OCEANIA_PAPUA_NUOVA_GUINEA_Sara_proclamato_santo_Peter_To_Rot_il_ragazzo_della_missionedi Javier Trapero<br /><br />Port Moresby – Il beato martire Peter To Rot sarà canonizzato il 19 ottobre 2025. La sua santità è fiorita nell’alveo di una stretta collaborazione tra sacerdoti e laici nell'opera missionaria, in particolare quella condotta dai Missionari del Sacro Cuore .<br />«Lui, il “ragazzo della missione”, era molto malato ed è morto». Così diceva ironicamente il poliziotto To Metapa quando andò a verificare con i propri occhi che Peter To Rot era deceduto. Poco prima, il medico della prigione dove era detenuto gli aveva iniettato una presunta medicina e gli aveva dato da bere uno sciroppo per, a quanto dicevano, curargli il raffreddore. L'assunzione di queste sostanze gli provocò dei conati di vomito che il medico stesso gli impedì di espellere, tappandogli la bocca.<br />Così fu il martirio di questo “ragazzo della missione”. Quello di una persona totalmente assorbita nell'opera missionaria. Il martirio di un catechista nativo papuano che imparò ad amare Gesù insieme ai Missionari del Sacro Cuore.<br /><br />Peter To Rot nacque a Rakanui, un villaggio dell'isola di Nuova Britannia, in Papua Nuova Guinea, nel 1912. Ma la storia della sua santità si può dire che iniziò 14 anni prima, con il battesimo dei suoi genitori. Questo fatto fu estremamente importante per l'evangelizzazione di quella zona del Pacifico. <br /><br />Suo padre, Angelo To Puia, era il capo della sua comunità. Fu uno dei primi ad essere battezzato nella missione, insieme a sua moglie, Maria Ia Tumul. Il fatto che un'autorità tra i nativi ricevesse questo sacramento cristiano significava l'accettazione degli insegnamenti di Gesù e, cosa molto importante, anche la rinuncia a pratiche di stregoneria e cannibalismo molto presenti nella cultura di quelle persone, così come ad altre pratiche contrarie al Vangelo.<br />La sorella di Peter To Rot parlò così della sua famiglia quando fu interrogata durante il processo di beatificazione: «Mio padre era uno dei capi del clan. Si è sempre preso cura dei suoi figli, preoccupandosi della nostra educazione, dei consigli che ricevevamo e del nostro benessere generale. La nostra famiglia era conosciuta come una famiglia veramente cattolica, e i nostri genitori ci hanno educato secondo quella fede».<br />I genitori di Peter To Rot avevano un rapporto molto stretto con i missionari. Aiutarono a costruire la missione, donarono il terreno per la chiesa, la scuola e la casa dei missionari. Erano una famiglia molto gentile e impegnata nella loro comunità, sempre pronta a dare una mano a chi ne aveva bisogno.<br /><br />P. Joseph Theler, MSC, spiega nella Positio per la beatificazione di Peter To Rot che «Angelo To Puia era un leader ricco e di carattere gentile. Senza dubbio, era la persona più rispettata da tutti nelle zone di Navunaram e Rakunai. Era considerato il protettore degli indigeni».<br />Con questi antecedenti familiari, Peter To Rot mostrò un interesse molto speciale per l'Eucaristia fin da piccolo, offrendosi di aiutare nella messa quotidiana. L'Eucaristia era per lui un pilastro fondamentale nella sua vita di fede. P. Theler racconta anche che «P. Ulrich, MSC, che era stato nominato responsabile della missione nel 1926, voleva dei chierichetti volontari per compilare la lista settimanale, ma allo stesso tempo voleva che fossero responsabili e venissero regolarmente. Ancora una volta, To Rot fu il primo a dare il suo nome. Quando a scuola si chiedeva ai bambini chi di loro avesse recitato le preghiere del mattino e della sera, To Rot alzava sempre la mano per dimostrare di averlo fatto».<br /><br />Tale era il senso di fede di Peter To Rot che padre Carl Laufer, MSC, propose la possibilità che diventasse sacerdote, ma suo padre rispose: «No, padre, non credo che qualcuno della nostra generazione sia pronto per diventare sacerdote. È troppo presto per questo. Forse uno dei miei nipoti o pronipoti avrà questa fortuna. Ma se vuoi che To Rot diventi catechista, mandalo alla Scuola per Catechisti di Taliligap».<br />All'età di 18 anni, Peter To Rot entra nella scuola per catechisti diretta da padre Joseph Lakaff, MSC. Va detto che il concetto di catechista nella missione è quello di una persona molto impegnata nella comunità, una guida, un punto di riferimento per tutti i suoi membri. P. Lakaff lo definiva così: «Il catechista è un vero missionario. È un esploratore, un maestro nei luoghi più remoti, un vigilante. Ammorbidisce il terreno nei campi non arati dove verrà piantato il seme della fede. Mette in guardia dai pericoli e prepara la strada per il trionfo finale della fede. Poiché i catechisti conoscono bene la mentalità della loro gente, i loro stili di vita, le tradizioni, le idee su vari aspetti della vita e la loro lingua, danno al sacerdote che lavora tra un popolo nativo, con il loro aiuto, un chiaro vantaggio rispetto al missionario straniero senza di loro».<br />I catechisti sono persone così coinvolte nell’opera apostolica che, in molte parti del mondo, sono arrivati a dare la vita per continuare la loro missione evangelizzatrice quando i sacerdoti, i missionari o le missionarie sono stati espulsi, incarcerati o uccisi. Questo è il caso anche di Peter To Rot.<br />Nel 1942, nel pieno della Seconda guerra mondiale, l’esercito giapponese invase la Papua Nuova Guinea. In una prima fase furono arrestati tutti i sacerdoti, ma si consentì l’attività pastorale delle missioni. Fu in quel contesto che i catechisti, e in particolare Peter To Rot, giocarono un ruolo decisivo nel mantenere viva la fede nelle comunità. <br />Progressivamente, però, la libertà religiosa venne limitata fino a essere completamente soppressa nel 1944. «Le capanne degli indigeni venivano regolarmente perquisite alla ricerca di libri religiosi, crocifissi, medaglie, immagini sacre, ecc. Possedere qualsiasi documento scritto era pericoloso», scrisse padre Laufer, MSC. Peter To Rot, tuttavia, riuscì a nascondere il registro della missione, insieme ai suoi appunti personali, nel tetto di paglia della scuola. «Ciò che fino a quel momento era stato permesso e praticato in termini di preghiere, funzioni domenicali e istruzione, ora era proibito, almeno esteriormente», aggiunse padre Laufer.<br />Le autorità radunarono i catechisti presso le stazioni di polizia, obbligandoli a cessare ogni attività pastorale. La risposta di Peter To Rot fu determinata: «Hanno portato via i nostri sacerdoti, ma non possono proibirci di essere cattolici e di vivere e morire come tali. Sono il vostro catechista e compirò il mio dovere, anche a costo della vita», racconta ancora padre Laufer. Di nascosto, Peter continuava a uscire di notte per incontrare piccoli gruppi di fedeli, guidando la preghiera, impartendo la catechesi e, quando necessario, amministrando battesimi o benedicendo matrimoni. Assunse pienamente la sua responsabilità di catechista in assenza dei missionari, deciso a non abbandonare la comunità cristiana.<br /><br />Alla persecuzione religiosa si aggiunse il tentativo, da parte delle autorità giapponesi, di ristabilire antiche pratiche quasi scomparse, come la poligamia, nel tentativo di guadagnarsi il favore dei capi locali. Peter To Rot si oppose apertamente, divenendo un fermo difensore del matrimonio cristiano. Questo atteggiamento lo portò a scontrarsi con figure influenti, tra cui poliziotti e giudici che cercavano di sposare donne già maritate. Uno di loro, il poliziotto To Metapa, ordinò il suo arresto. Durante la prigionia, Peter To Rot mantenne una straordinaria serenità. Non si pentì delle proprie azioni, difese con fermezza la sua fedeltà al Vangelo e al ruolo di catechista, fino alla fine. Poche ore prima del suo martirio disse: «Sono in prigione per coloro che infrangono i loro voti matrimoniali e per coloro che non vogliono vedere progredire l’opera di Dio. Questo è tutto. Devo morire. Sono già stato condannato a morte». Sun, 15 Jun 2025 09:56:29 +0200VATICANO/UDIENZA GIUBILARE - “Il Vangelo viene da fuori”. Leone XIV ripropone i “tesori” donati alla Chiesa da Ireneo di Lionehttps://fides.org/it/news/76473-VATICANO_UDIENZA_GIUBILARE_Il_Vangelo_viene_da_fuori_Leone_XIV_ripropone_i_tesori_donati_alla_Chiesa_da_Ireneo_di_Lionehttps://fides.org/it/news/76473-VATICANO_UDIENZA_GIUBILARE_Il_Vangelo_viene_da_fuori_Leone_XIV_ripropone_i_tesori_donati_alla_Chiesa_da_Ireneo_di_LioneCittà del Vaticano - L’annuncio del Vangelo raggiunge le persone arrivando «da fuori». È partito dagli Apostoli, dalle terre dell’Asia minore, per raggiungere poi le altre terre, come l’Europa. E il tesoro che annuncia non è un insegnamento religioso o un modello morale, ma Cristo stesso, e la Sua carne. Lo ha ricordato oggi Papa Leone XIV, nella catechesi svolta durante la prima delle sue Udienze Giubilari, riprendendo la serie di Udienze speciali per i pellegrini del Giubileo della Speranza che Papa Francesco aveva iniziato nel mese di gennaio, con l’intento di proporre ogni volta un particolare aspetto della virtù teologale della speranza e una figura spirituale che lo ha testimoniato. <br /><br />«Ci raduna» ha ricordato il Papa «la speranza trasmessa dagli Apostoli fin dal principio. Gli Apostoli hanno visto in Gesù la terra legarsi al cielo: con gli occhi, gli orecchi, le mani hanno accolto il Verbo della vita». <br /><br />Alla moltitudine di migliaia di persone raccolte nella Basilica di San Pietro, Papa Prevost ha riproposto in particolare la figura e la vicenda di Sant’Ireneo di Lione, il grande Vescovo e martire di ione, nato a Smirne, discepolo di San Policarpo, che nel II secolo aiutò tutta la Chiesa nascente a sfuggire al pericolo che la fede cristiana fosse snaturata dalle sue interpretazioni di matrice gnostica.<br /><br />Sperare - ha detto Papa Leone, richiamando l’aspetto della speranza al centro della catechesi odierna - è anche «collegare». Ireneo, nato in Asia Minore, «si formò tra coloro che avevano conosciuto direttamente gli Apostoli. Venne poi in Europa, perché a Lione già si era formata una comunità di cristiani provenienti dalla sua stessa terra» e fa bene ricordare a Roma, in Europa - ha proseguito il Successore di Pietro - che «Il Vangelo è stato portato in questo Continente da fuori», e anche oggi «le comunità di migranti sono presenze che ravvivano la fede nei Paesi che le accolgono». <br />Il Vangelo - ha rimarcato il Vescovo di Roma «viene da fuori. Ireneo collega Oriente e Occidente. Già questo è un segno di speranza, perché ci ricorda come i popoli si continuano ad arricchire a vicenda».<br /><br />Ireneo, però, - ha proseguito il Pontefice - «ha un tesoro ancora più grande da donarci». Davanti alle divisioni dottrinali che incontrò in seno alla comunità cristiana, ai conflitti interni e le persecuzioni esterne - ha evidenziato il Pontefice - il Santo Vescovo di Lione portò «sempre più profondamente l’attenzione a Gesù. Diventò un cantore della sua persona, anzi della sua carne. Riconobbe, infatti, che in Lui ciò che a noi sembra opposto si ricompone in unità». <br />«Gesù» ha proseguito Papa Prevost «non è un muro che separa, ma una porta che ci unisce. Occorre rimanere in lui e distinguere la realtà dalle ideologie».<br />Ireneo richiamò e richiama tutta la Chiesa al fatto che la salvezza non viene da speculazioni teoriche e da cammini di conoscenza, ma dall’umanità di Cristo, e dalla sua carne.<br />«Anche oggi» ha sottolineato Papa Leone « le idee possono impazzire e le parole possono uccidere. La carne, invece, è ciò di cui tutti siamo fatti; è ciò che ci lega alla terra e alle altre creature. La carne di Gesù va accolta e contemplata in ogni fratello e sorella, in ogni creatura. Ascoltiamo il grido della carne, sentiamoci chiamare per nome dal dolore altrui. Il comandamento che abbiamo ricevuto fin da principio è quello di un amore vicendevole. Esso è scritto nella nostra carne, prima che in qualsiasi legge».<br />E «Ireneo, maestro di unità» ha soggiunto il Pontefice «ci insegna a non contrapporre, ma a collegare». Perché «Distinguere è utile, ma dividere mai. Gesù è la vita eterna in mezzo a noi: lui raduna gli opposti e rende possibile la comunione».<br /><br />Dopo la catechesi, e prima dei saluti ai pellegrini di lingua italiana, Papa Leone ha letto un appello riguardante al nuovo conflitto apertosi in Medio Oriente dopo l'attacco di Israele all'Iran. «Si è gravemente deteriorata» ha detti il Papa «la situazione in Iran e Israele, e in un momento così delicato desidero rinnovare con forza un appello alla responsabilità e alla ragione. L’impegno per costruire un mondo più sicuro e libero dalla minaccia nucleare» ha aggiunto il Successore di Pietro «va perseguito attraverso un incontro rispettoso e un dialogo sincero, per edificare una pace duratura, fondata sulla giustizia, sulla fraternità e sul bene comune. Nessuno dovrebbe mai minacciare l’esistenza dell’altro. È dovere di tutti i Paesi sostenere la causa della pace, avviando cammini di riconciliazione e favorendo soluzioni che garantiscano sicurezza e dignità per tutti».<br /> Sat, 14 Jun 2025 12:53:12 +0200EUROPA/ITALIA - “Religione, Politica globale e crisi della Cultura”: Conferenza di Olivier Roy alla Gregorianahttps://fides.org/it/news/76472-EUROPA_ITALIA_Religione_Politica_globale_e_crisi_della_Cultura_Conferenza_di_Olivier_Roy_alla_Gregorianahttps://fides.org/it/news/76472-EUROPA_ITALIA_Religione_Politica_globale_e_crisi_della_Cultura_Conferenza_di_Olivier_Roy_alla_GregorianaRoma - Mentre l’attacco di Israele all’Iran proietta sul mondo le ombre di una Guerra globale, a Roma ci si interroga sui nodi che intrecciano “Religione, Politica globale e crisi della Cultura”. È questo il titolo della conferenza che il Professor Olivier Roy, del Robert Schuman Centre for Advanced Studies , terrà nel pomeriggio di lunedì 16 giugno nel quadro dei Rome Summer Seminars on Religion and Politics 2025. <br /><br />Politologo e islamista, autore di diversi libri su Iran, Islam e politica asiatica, il Professor Roy è stato in passato anche capo-missione dell’Organizzazione per la Sicurezza e la Cooperazione in Europa per il Tagikistan e consulente per l'Ufficio del Coordinatore delle Nazioni Unite per l'Afghanistan .<br /><br />L’incontro seminariale si svolgerà presso l’aula F007 del Palazzo Frascara della Pontificia Università Gregoriana , a partire dalle ore 18. <br /> <br />La conferenza del Professor Roy sarà preceduta dai saluti di padre Pino di Luccio SJ, Presidente del Collegium Maximum, e dell'Arcivescovo Samuele Sangalli, Segretario aggiunto del Dicastero per l'Evangelizzazione e Coordinatore di Scuola Sinderesi.<br /> <br />Parteciperanno alla conversazione anche il Professor Michael Driessen, della John Cabot University, Direttore del Summer Seminar of Religion and Global Politics, e la Dottoressa Antonella Piccinin .<br />La conferenza fa parte della serie di seminari, eventi pubblici e workshop dell'edizione 2025 dei Rome Summer Seminars on Religion and Global Politics.<br /><br />I Rome Summer Seminars rappresentano un programma di due settimane rivolto a studenti laureati, studiosi e professionisti che approfondiscono i rapporti tra religione e politica globale, volto a far tesoro delle risorse spirituali e di orizzonte geopolitico connesse alla storia e al presente della città di Roma. Sat, 14 Jun 2025 09:41:51 +0200