Bolívar (Agenzia Fides) - “In questi primi cento anni dall'erezione canonica del Vicariato Apostolico di Caroní, i Padri Cappuccini hanno portato avanti una missione difficile e entusiasmante. Quasi un secolo di accompagnamento pastorale ai nostri fratelli indigeni”. Parla così all’Agenzia Fides il Vescovo Gonzalo Alfredo Ontivares Vivas, da un anno e mezzo Vicario apostolico del Caronì, incaricato da Papa Francesco ad accompagnare pastoralmente il popolo Pemòn.
Da luglio del 2021 è la Chiesa venezuelana, in particolare la Diocesi di San Cristóbal, che ha ricevuto il mandato di servire, accompagnare e sostenere la Chiesa del Vicariato Apostolico di Caroní (vedi Fides agosto 21 luglio 2021). Un segno di crescita e maturità missionaria della Chiesa locale chiamata a farsi carico di una circoscrizione ecclesiastica definita come una “esperienza pionieristica” dagli stessi Vescovi venezuelani, in occasione dei 100 anni dalla sua erezione.
Lungo tutto il XX Secolo sono state create 26 Diocesi e 3 Vicariati apostolici incaricati di annunciare il Vangelo tra popoli indigeni (vedi Ag. Fides 3 marzo 2022). “Fede e appartenenza alla Chiesa sono due fattori che si intrecciano. Essere qui è anche un'opportunità per rafforzare la fede di chi viene in missione” continua il Vescovo Ontivares, che definisce i padri cappuccini “custodi silenziosi dell'affascinante esperienza dell'insegnamento e della trasmissione della fede in tutto questo tempo”. Gonzalo Alfredo Ontivares Vivas, classe 1968, nato nella Diocesi di San Cristóbal, coltivava fin da ragazzo il desiderio di andare in missione. “Da quando si è cominciato a ipotizzare che la Diocesi di San Cristóbal avrebbe potuto prendersi cura del Vicariato Apostolico di Caroní, ho pensato che fosse giunto il momento della missione per me, magari seguendo il nuovo Vescovo ed i sacerdoti che lo avrebbero accompagnato. Quando è arrivata poi la notizia che il Papa aveva nominato me come vescovo e vicario, mi sono detto che davvero le cose non succedono perché e quando le ho programmate io, ma per il momento, il giorno e l’ora in cui Dio le dispone. Vivo questo tempo di missione, come un'esperienza di fede che Dio mi aveva riservato da tempo, ed ora è arrivato il momento di viverla e goderne”.
Da oltre un anno, il lavoro del Vescovo Ontivares è quello di ascoltare e osservare questa nuova realtà intessuta di una cultura totalmente diversa da quella delle sue origini. “Dal punto di vista socioculturale, la visione cosmologica e cosmogonica dell'indigeno ha un'influenza decisiva sulla sua vita e sul suo modo di concepirla. Molti di loro – continua il Vicario apostolico - vivono nella passività e vedono la Chiesa e tutti coloro che vengono nei loro territori come coloro che devono portare da mangiare e da bere. Alcune convinzioni li hanno inoltre portati a rimanere in una fase di sottosviluppo. Ad esempio, in alcuni casi si sono rifiutati di far passare la linea elettrica attraverso i loro territori e ora vivono nell'oscurità e in isolamento. In questo scenario, si accentua lo sfruttamento selvaggio delle miniere, la contaminazione dei fiumi, la distruzione della fauna, l'introduzione di droghe, alcol, prostituzione, la tratta degli esseri umani e la mancanza di misure di sicurezza sul posto di lavoro”. In questa fase della missione, si è avviato anche un lavoro di recupero di spazi e aree, prima inutilizzate o in stato di degrado e abbandono. Grazie ad alcuni aiuti, è stato rinnovato il parco “mezzi” del Vicariato, per poter raggiungere con prontezza aree isolate e accessibili via terra. Rimane ancora problematico e dispendioso visitare e sostenere tre parrocchie raggiungibili solo in aereo.
Negli 80mila km quadrati in cui si estende il Vicariato, in questo momento operano dieci sacerdoti, quattro seminaristi impegnati in attività pastorali e due giovani missionari delle Pontificie Opere Missionarie del Venezuela. “La mentalità degli indigeni e dei creoli che vivono nella zona dobbiamo assumerla non come un ostacolo, ma come la realtà esistenziale in cui si sviluppa la vita della nostra etnia Pemón - spiega all’Agenzia Fides il Vescovo Ontivares -. Pemón significa uomo, persona. E gli indios appartenenti a questo popolo – rimarca il Vicario apostolico – sono tendenzialmente socievoli e solidali. Questo ho potuto verificarlo di persona in tante circostanze concrete e di per sé rivelatrici, che che ci sorprendono e ci evangelizzano. Come quando vieni invitato al “tumaconseró”, e tutti vengono a mangiare, e condividono il cibo in tavola, in comunità, come gesto di solidarietà e vicinanza con tutti”. E’ dentro questi gesti di ordinaria convivenza e prossimità umana che può essere gettato con facilità il seme del Vangelo, e attendere con fiducia che porti frutto, così che ognuno Possa crescere in letizia incontrando Gesù e venendo abbracciato da Lui.
(EG) (Agenzia Fides 14/02/2023)