di Cosimo Graziani
Baku (Agenzia Fides) - Dall’11 al 22 novembre prossimo si terrà l’annuale Conferenza delle Parti (COP) sull’ambiente organizzata dalle Nazioni Unite, appuntamento giunto al suo ventinovesimo incontro. Come è noto, quest’anno la Conferenza si svolgerà a Baku, in Azerbaigian, Paese che basa la sua economia e lo sviluppo sullo sfruttamento di idrocarburi.
Non è la prima volta che la COP viene organizzata da un produttore di petrolio o di gas: l’anno scorso era toccato agli Emirati Arabi Uniti e nel 2012 al Qatar. Ma questo ed altri aspetti del Paese ospitante, combinati all’attuale situazione politica a livello mondiale, rendono la conferenza di quest’anno particolarmente importante, non solo sulle tematiche ambientali.
Al centro delle discussioni della COP29 ci sarà un aspetto importante come la revisione degli Obiettivi Collettivi Qualificati (Ncqg) per quel che concerne la finanza ecologica. Si tratta di formulare dei nuovi obiettivi economici in termini di sostegno ai Paesi in via di sviluppo per adattare politiche di adattamento e mitigazione degli effetti del cambiamento climatico. Il punto di partenza è l’impegno che i Paesi sviluppati, storicamente responsabili della gran parte delle emissioni di CO2, si erano presi nel lontano 2009, ovvero stanziare 100 miliardi di dollari all’anno. Nella situazione attuale quella cifra annuale non basta più e dovrà essere necessariamente alzata. Resta da vedere se poi verrà oggettivamente raggiunta, visto che non era mai stata raggiunta nemmeno la soglia di 100 miliardi di dollari annui precedentemente indicata.
Un altro tema rilevante presente nell’agenda è la revisione dell’articolo 6 dell’Accordo di Parigi che regola il mercato delle emissioni tra Stati.
In vista dell’organizzazione della Conferenza, l’Azerbaigian negli anni scorsi si è coordinato con gli Emirati Arabi e il Brasile, il prossimo organizzatore della COP, per rendere l’agenda collegata il più possibile a quella passata e a quella futura.
All’interno della azione intrapresa per quest’anno, l’organizzazione azera ha dato via ad una serie di iniziative di carattere ecologico parallele ai negoziati connessi all’evento. Tra queste, la creazione di una piattaforma per il dialogo tra privati, enti governativi e Ong che dovrebbe essere uno strumento di supporto per i Paesi in via di sviluppo nella preparazione e presentazione dei loro Biennial Transparency Reports (BTR), i rapporti che a partire da quest’anno tutti i Paesi devono presentare con cadenza biennale per illustrare le misure che hanno attuato nella lotta al cambiamento climatico.
C’è il serio rischio però che i temi ambientali passino in secondo piano, oscurati da questioni legate proprio al Paese organizzatore.
Due temi in particolare sono alla base delle critiche mosse a Baku prima dell’inizio della conferenza: il peso degli idrocarburi nell’economia nazionale e il profilo del suo regime politico.
La Socar, la compagnia azera nazionale per l’estrazione di idrocarburi nei prossimi anni aumenterà l’estrazione di gas per far fronte ai contratti firmati con i Paesi europei, per i quali l’Azerbaigian è il Paese che ha sostituito la Russia nell’approvvigionamento di fonti energetiche. Vi sono dubbi quindi su quanto il Paese possa davvero contribuire al raggiungimento di un efficace accordo sul clima, e sulla reale possibilità che alla Conferenza possano essere ascoltate voci critiche. Nel regolamento della COP29, all’articolo 16 vi è una norma che impone il rispetto delle leggi della Repubblica dell’Azerbaigian, frase che può essere interpretata come un via libera all’allontanamento di voci critiche, siano esse politiche o meno, durante i lavori della COP. Il governo azero a risposto a tali interpretazioni sottolineando che non verranno accettate intromissioni straniere nella gestione della Conferenza. Ma il coinvolgimento di esponenti di Ong è un punto fermo dei negoziati della Conferenza, limitare la loro presenza rischia di avere effetti sul processo decisionale e sui risultati finali.
Ancora più rilevante è la possibile interferenza tra la COP e questioni delicate di politica estera. Da mesi, il messaggio inviato da Baku è quello di voler portare avanti una “COP di pace” in chiara relazione alla crisi tra Armenia e Azerbaijan, anche se i riferimenti espliciti fatti fino ad oggi riguardano e crisi di Europa e Medio Oriente. (Agenzia Fides 4/11/2024)