LaJornada
Città del Guatemala (Agenzia Fides) - “Come abbiamo detto più volte, ‘il Guatemala ha l'obbligo primario di rispettare e far rispettare i diritti dei cittadini, maschi e femmine, perché rimangano nel loro paese in condizioni degne e conformi ai loro diritti’, venendo meno a questa responsabilità, il Guatemala e soprattutto gli ufficiali in servizio, sono corresponsabili degli eventi accaduti nell'incendio della stazione dei migranti in Messico”. Lo scrive la Pastorale della Mobilità Umana della Conferenza Episcopale del Guatemala, in un “pronunciamento pubblico di solidarietà e indignazione” sul tragico incendio avvenuto a Ciudad Juarez, costato la vita a 39 migranti (vedi Fides 30/3/2023).
Delle 39 vittime, secondo quanto hanno comunicato le autorità, 18 erano del Guatemala, 7 di El Salvador, 7 del Venezuela, 6 dell’Honduras e 1 della Colombia. Erano tutti uomini, di età compresa tra 18 e 51 anni. I 28 feriti sono 10 del Guatemala, 8 dell’Honduras, 5 di El Salvador e 5 del Venezuela.
La Pastorale della Mobilità Umana esprime condoglianze e solidarietà “alle famiglie di tutte le vittime del tragico incendio, in particolare alle famiglie dei guatemaltechi che sono morti nel deplorevole e condannabile atto”. Invocando il conforto di Dio Padre per i familiari delle vittime, auspica l’aiuto divino per “trasformare l'indignazione e l'impotenza in azioni concrete e permanenti di solidarietà” che rispondano alla richiesta di una vita dignitosa di quanti sono costretti a cercare migliori condizioni di vita, di fronte all'abbandono e all'inerzia degli stati coinvolti, di origine, di transito e di destinazione.
Nel testo, pervenuto a Fides, si sottolinea che questi centri provvisori di raccolta per i migranti, “finiscono per essere centri di detenzione, dove vengono violati i diritti umani delle persone in mobilità forzata”. Quindi si ribadisce: “Basta con gli eufemismi, non dobbiamo accettare o tollerare che si usino parole o espressioni addolcite o decorose per descrivere cosa è veramente un centro di detenzione, che non soddisfa condizioni dignitose né di sicurezza”.
La Pastorale della Mobilità Umana chiede quindi che venga garantito l’accompagnamento, il sostegno e l’interessamento concreto del consolato per i familiari delle vittime, defunti e feriti, come un rimpatrio dignitoso, veloce e gratuito, dei corpi dei loro cari. “In comunione con tutta la Chiesa e in coerenza con il Vangelo – conclude il pronunciamento -, rinnoviamo il nostro impegno nell'accompagnamento pastorale delle persone in mobilità forzata. Allo stesso modo, gridiamo a Dio, perché illumini i Governi interessati, affinché assumano come Paesi di origine, transito, destinazione e deportazione, la loro responsabilità di creare e attuare politiche pubbliche e di immigrazione che rispondano alle cause strutturali-reali che costringono migliaia di persone a migrare”.
Il tema dell’emigrazione e delle leggi applicate dagli Stati nei confronti dei migranti, è da tempo amalizzato e discusso soprattutto dalle Chiese centroamericane. I partecipanti all’VIII incontro dei Vescovi e degli operatori pastorali della frontiera sud del Messico e dei paesi centroamericani, tenutosi nell’agosto 2022 ad Antigua, in Guatemala, (vedi Fides 1/9/2022) avevano chiesto “ai leader sociali e politici dei nostri paesi, di agire con decisione, attuando azioni e politiche locali e regionali che promuovano uno sviluppo inclusivo e armonico, rispettando le leggi e gli accordi vigenti”.
Le Chiese locali dei paesi centroamericani “sono chiamate a far crescere la pastorale della mobilità umana, soprattutto dove è più viva la presenza dei nostri fratelli e sorelle migranti, a rafforzare gli spazi di articolazione nazionale e regionale, a condividere le esperienze di servizio a migranti, rifugiati, sfollari vittime della tratta, per promuovere un miglioramento permanente delle nostre azioni, a svolgere un monitoraggio permanente della situazione”. Nel testo finale si rilevava che i governi della regione “continuano a seguire modelli di sviluppo che approfondiscono le disuguaglianze socioeconomiche e accentuano la condizione di precarietà in cui vive la maggioranza della popolazione già impoverita”.
(SL) (Agenzia Fides 31/3/2023)