AMERICA/GUATEMALA - Le “Case del Migrante” rischiano la chiusura: Red Clamor sostiene i Vescovi nella richiesta di modifica della norma

venerdì, 3 febbraio 2023 emigrazione   diritti umani   leggi   chiesa cattolica  

La Hora

Città del Guatemala (Agenzia Fides) – Le organizzazioni della Chiesa cattolica che in America Latina formano la Red Clamor, impegnata nel campo della migrazione, dei rifugiati, della tratta di esseri umani e degli sfollati, esprimono solidarietà alla Conferenza Episcopale del Guatemala che nel messaggio conclusivo dell’ultima Assemblea generale annuale, ha citato con preoccupazione le nuove disposizioni dello Stato che mettono a rischio il servizio delle Case del Migrante gestite dalla Chiesa (vedi Fides 28/1/2023). I Vescovi hanno chiesto di modificare le disposizione contenute nell'articolo 101 dell'Accordo dell'autorità nazionale per le migrazioni N. 7-2019.
“Sosteniamo la proposta di modifica di tale articolo che la Chiesa del Guatemala ha presentato alle Autorità Migratorie attraverso la Pastorale della mobilità umana – afferma Red Clamor -. Come organizzazioni che lavorano con le persone in mobilità forzata in 22 paesi dell’America Latina, siamo preoccupati che gli obblighi che si vogliono imporre alle Case del Migrante (ostelli dei migranti) in Guatemala, attentino al diritto alla privacy dei dati personali dei migranti ospitati, screditandoli come centri degni di fiducia”. Red Clamor sottolinea che i servizi prestati dalle Case del Migrante in Guatemala “sono gratuiti e fondamentali per decine di migliaia di persone in situazione di estrema vulnerabilità e senza risorse per coprire le spese di alloggio in alberghi”.
Le organizzazioni che formano la Red Clamor reiterano la richiesta fatta in diverse occasioni alle Autorità migratorie della Regione perché definiscano e sostengono “politiche migratorie rispettose dei diritti umani, che non criminalizzano i migranti né chi porta aiuti umanitari”. Chiedono che tali politiche siano orientate ad ampliare le vie legali per “una migrazione ordinata, sicura e regolare”, secondo il Patto mondiale sottoscritto dai governi Latinoamericani, “evitando che i migranti cadano nelle reti crimiinali internazionali della tratta e traffico di esseri umani”.

Secondo le informazioni raccolte da Fides, la Chiesa cattolica gestisce nel paese 9 Case del Migrante, che assistono circa 25mila migranti all’anno, per la maggior parte persone che cercano di migrare irregolarmente in un altro paese, alla ricerca di condizioni di vita migliori. Secondo il nuovo regolamento, chi ospita coloro che cercano di migrare irregolarmente in un altro paese commette il reato di traffico illegale di persone, per cui il servizio delle Case del Migrante viene seriamente messo a rischio a causa dei requisiti stabiliti dallo Stato. La Conferenza Episcoipale ha dichiarato nel suo messaggio al termine dell’Assemblea annuale: "esprimiamo il nostro disaccordo su ciò che è richiesto, poiché riteniamo che le nostre case dei migranti debbano essere mantenute come un servizio di carità rispettoso e gratuito. La rigida applicazione dei regolamenti lo impedirebbe e ci costringerebbe a chiuderle".
L'articolo 101 dell’Accordo richiede che le strutture devono avere una cartella individuale di ogni persona straniera che contenga almeno quanto segue: Documento di identificazione personale; Dati anagrafici e biometrici degli stranieri; Studio medico, psicologico, economico e sociale. Questi dati devono essere inviati in formato elettronico ogni giorno alla Sottodirezione di Attenzione e Protezione dei diritti fondamentali dei migranti. Inoltre devono essere inviate per scritto, ogni mese, entro i primi cinque giorni del mese immediatamente successivo.
La Pastorale della Mobilità Umana della Conferenza Episcopale ha proposto alle Autorità un emendamento a tale articolo, per semplificare i requisiti per l’assistenza ai migranti, come segue: “La Sottodirezione per la cura e la tutela dei diritti fondamentali dei migranti può richiedere periodicamente relazioni e dati statistici sulle persone di cui ci si prende cura (numero, nazionalità, età, genere e categoria migratoria) ai fini dell'elaborazione di politiche migratorie. Il periodo di registrazione di ciascun Centro di accoglienza non potrà superare i sei mesi, nel caso in cui non si adatti alle norme, non sarà in grado di continuare a funzionare”.
(SL) (Agenzia Fides 3/2/2023)


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