AFRICA/ESWATINI - “I media sono usati come armi. Chi alimenta le violenze?” chiede il Vescovo di Manzini

mercoledì, 23 novembre 2022 violenza   media  

Mbabane (Agenzia Fides) – “La paura sembra essere un elemento che è diventato parte della nostra vita quotidiana” scrive all’Agenzia Fides Mons. José Luis Ponce de León, IMC Vescovo di Manzini, nel regno di eSwatini (l’ex Swaziland), nell’offrire una testimonianza su una crisi in gran parte ignorata dal resto del mondo.
Facendo seguito a quanto già riportato in una precedente comunicazione con l’Agenzia Fides (vedi Fides 26/10/2022), Mons. Ponce de Léon, ricorda che la crisi iniziata nel giugno 2021, è incentrata sulla mancanza di dialogo tra governo, opposizione e società civile. Questo nonostante vi sia il consenso generale che un dialogo nazionale sia necessario” scrive il Vescovo di Manzini. “Credo che ogni voce che parla dal giugno 2021 (il governo, le organizzazioni politiche, le Chiese,
ONG…) ha ripetuto lo stesso appello”. Ma finora questi appelli sono caduti nel vuoto. Un vuoto che viene sempre più riempito dalla violenza. Non solo dell’esercito che si è ormai affiancato alla polizia, quando non si è sostituita ad essa, ma anche del Swaziland Solidarity Forces (SSF), un gruppo di opposizione armato che afferma di “volere liberare il Paese dal Re Mswati”.
“All’SSF si attribuiscono gli attacchi incendiari e le uccisioni” dice Mons. Ponce de León. I loro membri “minacciano di uccidere o di incendiare le proprietà di coloro che non fanno ciò che gli viene detto (di fare dall’SSF). Non so se qualcuno sa chi sono e chi li sta finanziando. Queste domande, per quanto importanti, vengono poste raramente”.
Quindi la popolazione si trova tra due fuochi: le forze dell’ordine e i membri dell’SSF. In questo contesto di paura e d’incertezza il ruolo dei media è fondamentale. “Questa è un'altra area in cui abbiamo assistito a cambiamenti. In passato dicevo che si poteva trovare poco su eSwatini sui social media” afferma il Vescovo. “In molti c'era una sorta di autocensura: “Meglio non parlare". “Non è così da giugno 2021. Molto di più si può leggere sui social e sulle pagine web. La sfida è essere critici nei confronti di ciò che si legge. L'informazione è difficilmente “indipendente” e “imparziale” come proclamano i media”. “Tutti abbiamo bisogno di interrogarci su ciò che viene detto e ciò che non viene detto. Si può sottolineare che i media statali limitano di riportare le violenze ma la stessa cosa si potrebbe dire su quelli che scelgono di non segnalare nulla di positivo fatto dal governo perché potrebbe non essere confacente alla propria causa. Sembra importante ritrarre l'altro come il nemico”. “Entrambe le parti dicono sui social cose che non sono state provate e che – l'altra parte – nega essere vero: “i mercenari sono entrati nel Paese” e “ci sono degli stranieri tra i soldati nel nostro esercito” sono due esempi familiari”.
“Violenza e media sembrano andare di pari passo” sottolinea il Vescovo. “Le informazioni possono essere utilizzate come arma per instillare rabbia, paura e violenza. Anche qui c'è da chiedersi: chi paga? A volte su Twitter è possibile trovare gli stessi post di diverse “persone” che molto probabilmente non esistono. È tutto impostato con un obiettivo: sostenere una parte o l'altra e influenzare il modo in cui le persone leggono la situazione” afferma Mons. Ponce de León che conclude con una riflessione sui media globali: “In questi giorni è interessante constatare la mancanza di informazioni su eSwatini oltre i nostri confini. I media, che in passato parlavano così tanto dei nostri disordini, ora tacciono. Sembra che non ci sia nessun interesse su ciò che sta accadendo qui”. (L.M.) (Agenzia Fides 23/11/2022)


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