ASIA/TURCHIA - Antiochia, il terremoto distrugge moschee e chiese. La parrocchia cattolica accoglie gli sfollati

martedì, 7 febbraio 2023 medio oriente   chiese locali   aree di crisi   catastrofi naturali   terremoto  

Antakya (Agenzia Fides) – «La situazione a Antiochia è drammatica. Sono crollati palazzi interi, sono state distrutte moschee e chiese. Ci sono morti, ci sono persone sepolte sotto le macerie, e in tanti posti nessuno è ancora arrivato per provare a salvarle. Fa freddissimo, non c’è luce, non c’è acqua, i forni per il pane sono andati distrutti, le botteghe sono chiuse. Le strade, piene di detriti, sono impraticabili anche per i mezzi di soccorso. Mi dicono che almeno metà della città è distrutta o ha subito gravi danni, soprattutto nella parte più antica». La drammatica testimonianza raccolta dall’Agenzia Fides arriva da padre Domenico Bertogli, 86 anni, Frate Cappuccino modenese, che dalla fine degli anni Ottanta fino al 2022 ha servito come parroco la comunità cattolica di Antakya, l’antica Antiochia sull’Oronte, oggi situata nella provincia turca sud-occidentale dell’Hatay. Antakya si trova a meno di 200 chilometri da Gaziantep, l’area urbana più prossima all’epicentro del terremoto che ha seminato morte tra Siria e Turchia.

Padre Domenico ora è a Istanbul, ma è in contatto quotidiano con padre Francis, che a Antakya gli è succeduto come parroco della chiesa cattolica dedicata ai Santi Pietro e Paolo. «La nostra parrocchia» racconta all’Agenzia Fides padre Bertogli «è rimasta in piedi. È un edificio basso, e ha retto l’urto delle scosse. Solo la casa d’accoglienza ha subito gravi danni. Ma la moschea e il minareto che erano proprio accanto alla parrocchia sono crollati. Sono stete sventrate anche due moschee importanti della città, come pure la chiesa ortodossa (nella foto, ndr) e la chiesa protestante». Ora, la piccola parrocchia ha aperto le porte per accogliere le famiglie di sfollati che abitavano nei paraggi: «Si sentono più sicuri, perché la parrocchia ha il giardino che rappresenta una via di fuga subito accessibile, in caso di nuove scosse. Gli esperti ripetono che lo sciame sismico non è finito. E la paura che incombe impedisce anche di affrontare con lucidità l’emergenza. C’è bisogno di cibo, di tende e coperte. C’è bisogno di tutto»
Era stato proprio padre Domenico a inaugurare tanti anni fa la parrocchia dei Santi Pietro e Paolo, in una città carica di memorie legate alla prima predicazione apostolica. L’aveva istituita restaurando un pezzo per volta due vecchie case diroccate dell’antico quartiere ebraico, dove presumibilmente erano concentrate anche le dimore dei primi cristiani della città. Finiti i lavori, aveva scolpito sulla pietra sopra il portone la scritta Türk Katolik Kilisesi, “chiesa cattolica turca”.
A Antiochia sull’Oronte, dopo la morte e la resurrezione di Cristo, era arrivato l’Apostolo Pietro, che vi soggiornò a lungo. Per questo la città è stata Sedes Petri prima di Roma. A Antiochia, L'Apostolo Paolo si confrontò duramente anche con l'Apostolo Pietro per annullare ogni pretesa di imporre ai nuovi battezzati provenienti dal paganesimo la circoncisione e altre osservanze giudaiche. A Antiochia, secondo quanto è riportato negli Atti degli Apostoli, coloro che seguono e amano Gesù furono chiamati per la prima volta “cristiani”. (GV) (Agenzia Fides 7/2/2023)


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