ASIA/IRAQ - Rimane incerto il “ritorno” dei cristiani nella Piana di Ninive

martedì, 29 gennaio 2019 medio oriente   chiese orientali   jihadisti   rifugiati   geopolitica   gruppi paramilitari  

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Erbil (Agenzia Fides) – L’85 per cento della popolazione fuggita dalla Piana di Ninive quando quel territorio fu conquistato dai jihadisti dell’autoproclamato “Stato Islamico” (Daesh) non è ancora pronta a fare ritorno alle proprie regioni di provenienza, nonostante l’area sia stata da tempo sottratta al dominio di Daesh. Lo ha riferito ieri, lunedì 28 gennaio, Dindar Zebari, coordinatore per gli aiuti internazionali del governo della Regione autonoma del Kurdistan iracheno.
Il rappresentante del governo regionale ha rimarcato che alcune zone della Piana, come quelle di Telkaif e Hamdaniya, sono diventate aree militarizzate in mano a milizie locali. Tra i motivi che rendono sempre più incerto il ritorno dei cristiani a Mosul e nella Piana di Ninive, Zebari ha elencato il timore che le proprie famiglie non siano adeguatamente protette da violenze e ritorsioni, la mancanza di lavoro, la disarticolazione delle infrastrutture, la presenza non rassicurante di formazioni armate autonome, organizzate su base settaria e non inquadrate tra le forze armate federali e nemmeno tra i Peshmerga (milizie che fanno capo al governo regionale de Kurdistan). “In molti casi” ha aggiunto Zebari “terre appartenenti a proprietari cristiani o yazidi sono state confiscate per alterare gli equilibri demografici dell’area”.
Sabato 26 gennaio, Mar Nicodemus Daoud Sharaf, Arcivescovo siro ortodosso di Mosul e Kirkuk, ha chiamato in causa le responsabilità del governo federale di Baghdad riguardo al processo di ricostruzione e ripopolamento di Mosul e dei centri sparsi nella Piana di Ninive. L’ecclesiastico ha denunciato la mancata ricostruzione delle tante chiese distrutte o devastate durante il periodo di dominazione jihadista, indicando la “corruzione” degli apparati politici come fattore chiave per comprendere l’incapacità di sostenere il ritorno in quelle regioni dei profughi attualmente stanziati in gran parte nel Kurdistan iracheno. (GV) Agenzia Fides 29/1/2019).


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