San Ignacio (Agenzia Fides) - “Innamorato” di Chiquitunga. Così si definisce, senza remore, Delfín Roque Ruiz Pérez – per tutti "Koki" - l'artista che sta preparando, dopo la memorabile pala d'altare per la messa del Papa in Paraguay nel 2015, un'opera monumentale per la beatificazione di Chiquitunga (vedi Fides 2/5/2018).
Il pittore sta realizzando un enorme pannello per il fondo dell'altare della cerimonia del 23 maggio, che sarà presieduta dal Cardinale Angelo Amato, Prefetto della Congregazione per le Cause dei Santi, nello stadio Nueva Olla di Asunción. L'opera conterrà la raffigurazione del volto di María Felicia de Jesús Sacramentado Guggiari Echeverria (questo il nome completo da religiosa della popolare carmelitana scalza). L'immagine sarà costituita dai rosari donati dai fedeli, come spiegato dall'artista. Leggendo uno dei libri sulla vita della Serva di Dio, rimase colpito dal passaggio: “Era un continuo pellegrinaggio di rose, gelsomini e rosari che chi portava voleva toccassero il corpo minuto di Chiquitunga”. Per la pala d'altare servono 70.000 rosari. Ne sono arrivati già oltre 40.000, e nessuno ha dubbi sull'esito della raccolta. Si tratta di rosari “pregati”, perché, dice Koki, “sarebbe stato facile chiedere soldi e ordinarli all'ingrosso, ma non è quello lo spirito”.
L'artista, che l'Agenzia Fides ha visitato nella sua abitazione-atelier, ha un profilo originale. Lavora con la gente, utilizza elementi della natura, e predilige la creazione collettiva, che deve servire a “comunicare qualcosa alla gente attraverso i sensi”. La sua intera carriera è ispirata soprattutto dal tedesco Joseph Beuys, per il quale “l'artista deve cercare l'arte tra la gente, non in un museo, poiché ogni essere umano ha in sé la capacità di creare”.
Il suo comune nativo, San Ignacio, terra della prima delle Reducciones dei gesuiti, gli ha già commissionato un lavoro per commemorare i 500 anni di presenza spagnola nelle Americhe. “Volevo esprimere una critica all'incontro tra due culture che, in realtà, fu uno scontro” racconta. Preparandola, scoprì che quello scontro non era stato provocato, come si suole pensare, da un conflitto tra civiltà, bensì "dal diverso concetto e uso del tempo”. “Per gli europei, il tempo è lineare. Ai tempi delle Reducciones, ci si alzava tutti i giorni alla stessa ora per andare poi a lavorare, a messa, per vivere degnamente e in modo santo, dicevano i gesuiti. Invece, per i guaraní ogni giorno era diverso, e il tempo - anche quello atmosferico - dettava le opportunità giuste per quella giornata: pescare, cacciare, dedicarsi all'artigianato. C'era poi l'avvicendarsi delle stagioni, il tempo del raccolto del grano, quello della semina”. Gli indios si ribellarono al concetto e all'uso del tempo imposto loro dagli europei, afferma Koki. Dopo le prime ribellioni, una delle quali sparse il sangue del primo santo paraguayano, San Roque Gonzalez e dei suoi compagni, le Reducciones furono un esempio della fusione di due culture, quella europea (italiana e spagnola) e quella guaraní, in armonia, che espressero, una scultura, una musica e un'architettura uniche, denominate "barocco guaraní", che ha segnato un'epoca e che permane nella grande scuola dei liutai paraguaiani. (SM) (Agenzia FIdes 12/5/2018)