EUROPA/ITALIA - Beato don Giovanni Merlini, il missionario che parlava al Papa e ai briganti (dello Stato Pontificio)

sabato, 11 gennaio 2025

di Fabio Beretta

Roma (Agenzia Fides) – “C’è qualcuno che ti ama prima ancora che tu possa meritarlo”. Disobbedendo agli ordini del legato pontificio, don Giovanni Merlini nelle sue omelie non condannava né attaccava nessuno. Nemmeno i briganti che turbavano con le loro malefatte l’ordine e la pace interna dello Stato Pontificio. Secondo lui la repressione violenta non era la strada giusta per risolvere i problemi nelle terre dell’Italia centrale che avevano visto l’invasione delle truppe napoleoniche francesi. E le sue parole facevano breccia come un proiettile anche nei cuori di incalliti criminali che seminavano il terrore tra le campagne. Così accadde anche che alcuni briganti, tramite don Giovanni, scrissero al Papa una lettera per chiedere la grazia.

A distanza di due secoli esatti da stesura di quella lettera, datata 1825, don Giovanni Merlini, missionario del Preziosissimo Sangue, è proclamato beato. Il luogo della liturgia di beatificazione - presieduta domenica 12 gennaio dal Cardinale Marcello Semeraro, Prefetto del Dicastero delle Cause dei Santi - non è Spoleto, sua città natale, o Albano, centro abitato dei Castelli Romani dove don Merlini ha vissuto. Bensì la Cattedrale di Roma, il Laterano. Lui, missionario nelle terre dello Stato Pontificio, più volte accusato di essere colluso con i briganti e di disobbedire a quella stessa Chiesa che serviva, viene elevato agli onori degli altari nella Cattedrale del Vescovo di Roma. Lui, che proprio di un Papa, il beato Pio IX, è stato anche consigliere.

E la sua santità sta proprio nel suo modo vivere nel mondo con quella che don Valerio Volpi, direttore dell'Ufficio di Pastorale Giovanile e Vocazionale della Provincia Italiana della Congregazione dei Missionari del Preziosissimo Sangue, co-autore dell’ultima biografia di don Merlini, definisce in un colloquio con l’Agenzia Fides, “una libertà interiore sconcertante”.

“In una Chiesa che a volte insegue il successo pastorale, che si interroga dicendo: Se la gente non viene stiamo fallendo noi, l’esempio di don Giovanni è illuminante. Confidava nel fatto che Dio avrebbe fatto il resto, che dove non arrivava lui sarebbe arrivato Dio”, aggiunge don Valerio, ricordando le parole che il beato Merlini rivolgeva alla sua figlia spirituale, Maria de Mattias, oggi Santa: “Lei si preoccupa di tante cose, io mi preoccupo solo della volontà di Dio. Si ricordi sempre che noi siamo canali e non fonti”.

La sorgente del suo operato “sta tutta qui. E questa libertà di agire lo spinse a lanciarsi in progetti grandi e volte folli, come quello di dire al Papa, che all’epoca aveva lasciato Roma a causa del moti del 1848: Santità, se vuole tornare nell’Urbe estenda la festa del Preziosissimo Sangue a tutta la Chiesa universale. Se lo fa avrà la possibilità di tornare a Roma prima della festa (all’epoca fissata al 1 luglio, ndr). Pio IX non fece un voto ma una semplice promessa”, racconta ancora don Valerio. E in effetti, il 30 giugno, alla viglia della festa del Preziosissimo Sangue, avvenne la battaglia che, de facto, sancì la fine della Repubblica Romana. Il 10 agosto 1849, mantenendo fede alla promessa fatta a Gaeta, Pio IX emanò la bolla Redempti sumus con la quale la festa del Preziosissimo Sangue si estendeva a tutta la Chiesa, fissandola alla prima domenica di luglio (oggi è stata accorpata alla solennità del Corpus Domini, ndr).

Don Merlini, prosegue il “biografo”, agiva così perché “era convinto che quella fosse la volontà di Dio. Se Dio voleva così, avrebbe avuto mezzi e modi per realizzare il suo volere”. Questo suo modo di fare conquistò anche Pio IX.

La fama di direttore spirituale di don Merlini lo precedeva. Come tutte le iniziative che aveva intrapreso nella missione di “ritrasmettere l’amore di Dio nelle terre dello Stato Pontificio, dove ampie fasce della popolazione” afferma don Valerio. “Avevano bisogno non di conoscere nominalmente Gesù. Tutti sapevano chi era e cosa aveva fatto. Quello che oramai mancava, appunto, era fargli sperimentare che quel Gesù li amava tanto da dare la sua vita per ognuno. Anche se erano briganti, o dei poveracci”.

E Merlini era ascoltato da quella gente perché, come sottolinea don Volpi, “usava il dialogo. Assieme a San Gaspare del Bufalo avviò la costruzione di diverse case di missione nei territori dello Stato Pontificio. San Gaspare sceglie don Merlini perché è un tipo molto pratico e perché era un architetto. E molte di queste casa vennero costruite fuori dai centri abitati per favorire l’incontro e il dialogo con i briganti. Don Giovanni con loro parlava e i malviventi lo ascoltavano. Spesso, la sera, quando tutti rientravano nei vari centri abitati dai lavori della campagna, lui offriva acqua a tutti, indistintamente. Non ha mai usufruito della scorta armata”.

Ed è proprio questo suo modo di fare che spinse Pio IX a volerlo come consigliere. E il Papa, per ascoltarlo, non lo faceva venire a Roma: “Era il Pontefice che si recava ad Albano per parlare con don Giovanni. Non di rado capitava che il Papa arrivasse mentre lui era nel pollaio a dar da mangiare agli animali. Compiti che nella congregazione di certo non spettavano a un membro di alto rango”, spiega a Fides don Valerio. Merlini, infatti, nel 1847 venne eletto terzo Moderatore Generale della Congregazione del Preziosismo Sangue, incarico che mantenne fino alla morte. Con lui alla guida, la Congregazione fondata da San Gaspare del Bufalo prese l’aspetto strutturale come la si conosce oggi.

Merlini, un missionario nelle terre del Papa, è anche il primo beato del Giubileo 2025, dedicato al tema della speranza. Anche questo, conclude don Valerio Volpi, “è un messaggio forte. Come cristiani a volte ci diamo anche un po' per scontati mentre don Giovanni ci dice che per scontato non dobbiamo dare niente. Don Giovanni ci aiuta anche a vivere Roma, città che ha una tradizione di fede millenaria, grazie al suo desiderio di seguire la volontà di Dio. Lui ci aiuta a riconoscere che non esiste nessuna situazione che viviamo in cui Dio non possa insegnarci qualcosa”. (Agenzia Fides 11/1/2025)


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