Fides News - Italianhttps://fides.org/Le notizie dell'Agenzia FidesitI contenuti del sito sono pubblicati con Licenza Creative Commons.AFRICA/BURKINA FASO - Due catechisti assassinati mentre rientravano da un corso di formazione: lutto nella Diocesi di Dédougouhttps://fides.org/it/news/76039-AFRICA_BURKINA_FASO_Due_catechisti_assassinati_mentre_rientravano_da_un_corso_di_formazione_lutto_nella_Diocesi_di_Dedougouhttps://fides.org/it/news/76039-AFRICA_BURKINA_FASO_Due_catechisti_assassinati_mentre_rientravano_da_un_corso_di_formazione_lutto_nella_Diocesi_di_DedougouDédougou – Dolore, lacrime e preghiere. La Diocesi di Dédougou, in Burkina Faso, è in lutto per l’assassinio di due catechisti, uccisi mentre erano di ritorno da un corso di formazione. I fatti risalgono a sabato 25 gennaio. <br /><br />Secondo quanto riferiscono fonti della Diocesi di Dédougou, raggiunte telefonicamente da Fides, i due, di nome Mathias Zongo e Christian Tientga, viaggiavano su una motocicletta. Con loro, a bordo di un’altra moto, altri due catechisti. Appartenenti tutti alla parrocchia di Ouakara, i quattro operatori pastorali sarebbero stati assaliti da un gruppo di uomini armati mentre erano nei pressi della cittadina di Bondokuy. I due catechisti superstiti sarebbero riusciti a fuggire trovando rifugio nella foresta. Allertato il parroco, questi ha ritrovato i corpi senza vita dei due trucidati. All’arrivo del sacerdote, sul luogo del delitto erano già presenti gli agenti delle forze di polizia che hanno aperto un’indagine.<br /><br />Nei giorni scorsi i corpi dei due catechisti sono stati riconsegnati alle famiglie e nel fine settimana appena trascorso sono stati celebrati solenni funerali. <br /><br />La polizia, che sta continuando a indagare sui fatti, ha reso noto che quanto avvenuto a fine gennaio è il quarto agguato mortale che si verifica in poco tempo sempre nello stesso luogo. In tutto il Burkina Faso si registra da tempo un’escalation di violenze, alimentate anche dalla presenza di diversi gruppi jihadisti in lotta fra di loro per il controllo del territorio che ha portato anche alla fuga di circa due milioni di persone. <br />Mon, 17 Feb 2025 12:36:23 +0100AFRICA/CONGO RD - Bukavu nelle mani dell’M23; la testimonianza di una fonte localehttps://fides.org/it/news/76038-AFRICA_CONGO_RD_Bukavu_nelle_mani_dell_M23_la_testimonianza_di_una_fonte_localehttps://fides.org/it/news/76038-AFRICA_CONGO_RD_Bukavu_nelle_mani_dell_M23_la_testimonianza_di_una_fonte_localeKinshasa – “Le attività commerciali sono ancora chiuse, si vede comunque della gente camminare in strada, benché poca. Da ieri, 16 febbraio gli spari non si sentono più Bukavu vive nella calma apparente dopo la sua cattura da parte delle forze dell’M23 e dell’esercito ruandese” riferisce all’Agenzia Fides una fonte della Chiesa locale dal capoluogo del Sud Kivu, nell’est della Repubblica Democratica del Congo.<br />La città è stata presa dopo un’avanzata partita dalla vicina provincia del Nord Kivu , che ha visto la cattura dell’aeroporto di Kavumu, a una trentina di km dalla città per poi puntare sul capoluogo del Sud Kivu.<br />“Nei giorni da venerdì 14 e sabato 15 febbraio abbia assistito a spari e saccheggi” dice la fonte di Fides che ha chiesto di rimanere anonima. “I militari delle FARDC abbandonando la città hanno lasciato molte armi e munizioni e una gioventù sbandata se ne è impadronita. Si sono avuti saccheggi soprattutto a Kadutu quartiere storico della città dove si tiene il principale mercato locale. La mattina di domenica 16 febbraio i miliziani dell’M23e i soldati ruandesi sono entrati in fila in città camminando sulla statale n. 2 che collega la città a Kavumu. Alcuni abitanti li hanno accolti con grida di gioia; noi pensiamo che questo comportamento è un volto della paura e anche la sensazione della fine dell'attesa di un evento angosciante che si sentiva da giorni arrivare”.<br />“Le autorità erano fuggite da giorni ed è mancata una parola autorevole alla popolazione per vivere questi momenti. Solo l'Arcivescovo François-Xavier Maroy Rusengo ha parlato chiedendo di risparmiare a Bukavu la stessa sorte di Goma, dove l’entrata delle forze ruandesi e dell’M23 ha causato un massacro. La Società civile si è invano rivolta alle autorità per un indirizzo. Era comunque opinione generale che data la disparità di forze era meglio lasciar entrare questi miliziani per non ripetere la tragedia di Goma” conclude la fonte. <br />Mon, 17 Feb 2025 11:42:46 +0100ASIA/MYANMAR - Fermati dieci aggressori di don Donald Martin;  oltre 5.000 presenti al funerale, nel villaggio natiohttps://fides.org/it/news/76037-ASIA_MYANMAR_Fermati_dieci_aggressori_di_don_Donald_Martin_oltre_5_000_presenti_al_funerale_nel_villaggio_natiohttps://fides.org/it/news/76037-ASIA_MYANMAR_Fermati_dieci_aggressori_di_don_Donald_Martin_oltre_5_000_presenti_al_funerale_nel_villaggio_natioYangon - Oltre 5.000 persone si sono riunite, nonostante i pericoli e la violenza genralizzata, nel villaggio di Pyin Oo Lwin per rendere l'ultimo saluto e pregare per il sacerdote don Donald Martin Ye Naing Win, barbaramente ucciso da un gruppo di 10 aggressori il 14 febbraio nella sua parrocchia di Nostra Signora di Lourdes nell'Arcidiocesi di Mandalay . Il villaggio montano di Pyin Oo Lwin è il luogo natio di p. Donald, dove vive la sua famiglia. Lì, salendo sulla montagna, si sono riversati sacerdoti, religiosi, fedeli e l'Arcivescovo di Mandalay, Marco Tin Win: tutti si sono riuniti nella chiesa cattolica dell'Assunzione di Maria per celebrare la messa funebre, donare conforto e consolazione alla famiglia di padre Donald, presente nel luogo, e provvedere alla sepoltura del sacerdote. La commossa partecipazione della gente, riferiscono fonti di Fides presenti alla celebrazione, ha fatto da cornice a una Eucaristia celebrata con intensità e compostezza, in cui l'Arcivescovo ha letto il messaggio giunto dalla Nunziatura Apostolica di Yangon e quello della Conferenza Episcopale del Myanmar, che esprimono profonda e sincera vicinanza alla popolazione locale .<br />L'Arcivescovo Marco Tin Win, che ha presieduto l'Eucarestia, ha inviato i fedeli "a destarsi perchè la violenza porta solo morte e distruzione, è sempre una sconfitta" e ha lanciato un accorato appello "a tutti i gruppi armati e agli attori coinvolti nel conflitto perchè depongano le armi e intraprendano un percorso di pace e riconciliazione". Ha poi affidato padre Donald, la sua famiglia e tutta la comunità presente alle amorevoli mani della Vergine Maria: "La Madonna lo accompagni in Paradiso e protegga tutti sotto il suo manto, donando consolazione e speranza", ha detto.<br />La comunità locale domanda di conoscere le cause dell'omicidio insensato di un prete che si dedicava con ardore al prossimo. In particolare, riferiscono fonti locali, p. Donald era impegnato a organizzare l'opera informale di istruzione di bambini e ragazzi nel territorio della sua parrocchia di Nostra Signora di Lourdes, dove era il primo parroco, e dove vivono una quarantina di famiglie cattoliche. Infatti, dato il conflitto civile, la violenza e lo sfollamento, le scuole sono chiuse, non ci sono insegnanti e solo lezioni informali dispensate volontariamente da preti, religiosi, catechisti cercano di garantire un minimo di continuità nel percorso educativo dei piccoli e dei giovani.<br />Sta di fatto che nell'area non c'è presenza dell'esercito birmano e che il territorio è controllato dalle Forze di Difesa Popolari , che si oppongono alla giunta militare. Ai vertici di quelle Forze è stato chiesto di indagare sui gruppi armati che hanno aggredito e ucciso con accanimento il sacerdote. Le milizie hanno fermato circa dieci uomini , "vigilantes" locali del villaggio di Kan Gyi Taw, dove padre Donald è stato ucciso, per comprendere le ragioni e la dinamica dell'accaduto. Le Forze di Difesa Popolari , notano fonti di Fides, hanno tutto l'interesse a fare chiarezza, a individuare e punire i colpevoli, e hanno trasferito i fermati al tribunale istituito dalle stesse PDF, in quelle che vengono attualmente definite "zone liberate", cioè non sotto il controllo del governo birmano. <br /> Mon, 17 Feb 2025 11:15:38 +0100ASIA/MYANMAR - Il sacrificio di padre Donald "possa servire come offerta per porre fine alla violenza": messaggi del rappresentante della Santa Sede e dei Vescovi del Myanmarhttps://fides.org/it/news/76036-ASIA_MYANMAR_Il_sacrificio_di_padre_Donald_possa_servire_come_offerta_per_porre_fine_alla_violenza_messaggi_del_rappresentante_della_Santa_Sede_e_dei_Vescovi_del_Myanmarhttps://fides.org/it/news/76036-ASIA_MYANMAR_Il_sacrificio_di_padre_Donald_possa_servire_come_offerta_per_porre_fine_alla_violenza_messaggi_del_rappresentante_della_Santa_Sede_e_dei_Vescovi_del_MyanmarYangon - "Profonde e sentite condoglianze della Santa Sede alla famiglia, alle comunità religiose, ai fedeli dell'Arcidiocesi di Mandalay", assicurando "preghiere per il risposo eterno del sacerdote, vittima di una violenza ingiustificata": è quanto esprime il messaggio giunto dalla Nunziatura Apostolica in Myanmar, inviato da Mons. Andrea Ferrante, incaricato d'Affari e rappresentante della Santa Sede in Myanmar all'Arcivescovo di Mandalay, Marco Tin Win. Il messaggio, che è stato letto ai fedeli nel corso della messa funebre celebrata ieri, 16 febbraio , si riferisce alla morte del sacerdote don Donald Martin Ye Naing Win, ucciso il 14 febbraio nella sua parrocchia della Signor di Lourdes nell'Arcidiocesi di Mandalay . <br />Esprimendo tristezza e vicinanza alla comunità locale ferita dalla violenza, il testo invita sacerdoti, religiose e religiosi, missionari e fedeli "a continuare la loro missione con ardore, nonostante le difficoltà, seguendo l'esempio di Gesù, Buon Pastore". "Radicati nel suo amore - prosegue - possiate essere segno della presenza misericordiosa del Padre che accoglie i suoi figli e guarisce le loro ferite". Il testo affida i fedeli, travagliati dal conflitto in corso, alla Beata Vergine Maria, definita "certezza della nostra speranza", perchè ella "possa sostenere il popolo birmano nello spirito di comunione, unità e solidarietà".<br />Empatia e profonda vicinanza alla comunità di Mandalay sono state espresse anche dalla Conferenza episcopale cattolica del Myanmar: "La Chiesa cattolica in tutto il Myanmar piange questa perdita insieme all'Arcivescovo Marco Tin Win, ai sacerdoti, ai religiosi, ai fedeli dell'Arcidiocesi di Mandalay e ai genitori e parenti di don Donald Martin Ye Naing Win. Possa Dio Padre, Signore di ogni vita, confortare i vostri cuori in lutto e i nostri", recita il messaggio di cordoglio diramato dai Vescovi birmani. <br />Manifestando profondo shock e tristezza, i Pastori auspicano che "il sangue e i sacrifici di innumerevoli persone innocenti, insieme con quello di don Donald Martin, possano servire come offerta per porre fine alla violenza che si sta verificando in tutta la nazione". "Imparando da queste strazianti esperienze, possa risvegliarsi lo spirito fraterno: chiediamo con fervore la fine della violenza", scrivono i Vescovi, lanciando un appello per la pace.<br />Nota il messaggio, firmato dal Cardinale Charles Maung Bo, presidente della Conferenza episcopale del Myanmar: "L'atto malvagio commesso contro don Donald Martin Ye Naing Win non potrà essere facilmente dimenticato. Pertanto, esortiamo i responsabili a prendere le misure appropriate e a garantire che venga fatta giustizia, in modo che tali incidenti non si verifichino più in futuro".<br /> <br />Mon, 17 Feb 2025 10:21:01 +0100AFRICA/NIGERIA - Liberato un sacerdote rapito il 12 febbraio nel sud della Nigeriahttps://fides.org/it/news/76035-AFRICA_NIGERIA_Liberato_un_sacerdote_rapito_il_12_febbraio_nel_sud_della_Nigeriahttps://fides.org/it/news/76035-AFRICA_NIGERIA_Liberato_un_sacerdote_rapito_il_12_febbraio_nel_sud_della_NigeriaAbuja – Liberato un sacerdote cattolico rapito il 12 febbraio, insieme ad altre due persone.<br />Si tratta di p. Livinus Maurice, parroco della chiesa di San Patrizio a Isokpo, nello Stato di Rivers nel sud della Nigeria. Il sacerdote era stato catturato da uomini armati lungo la strada Elele-Isiokpo il 12 febbraio mentre tornava da una visita in ospedale insieme ad altre due persone.<br />Con un comunicato la diocesi di Port Harcourt, a nome del vescovo Bernadine Anaele, aveva chiesto il rilascio incondizionato del sacerdote.<br />Le forze di sicurezza hanno avviato un’operazione di ricerca per liberare le tre persone rapite. Grazie alla pressione esercitata sui rapitori p. Livinus Maurice e le altre due persone sequestrate sono state rilasciate domenica 16 febbraio. Secondo una dichiarazione della portavoce della polizia statale “il loro rilascio è avvenuto in seguito alle pressioni di una squadra di sicurezza combinata composta da ufficiali di polizia, soldati della Joint Task Force di Isiokpo e vigilantes locali. Le operazioni per catturare i rapitori sono ancora in corso”.<br />Ricordiamo che è ancora nelle mani dei rapitori un altro sacerdote nigeriano, p. Cornellus Manzak Damulak, sequestrato nelle prime ore del 6 febbraio, nella sua residenza a Zuma 2 nel Consiglio dell'area di Bwari del Territorio della Capitale Federale . <br /><br />Mon, 17 Feb 2025 09:50:45 +0100VATICANO - Angelus con Papa Francesco in Ospedale: "Grazie per l'affetto, continuiamo a pregare per la pace"https://fides.org/it/news/76034-VATICANO_Angelus_con_Papa_Francesco_in_Ospedale_Grazie_per_l_affetto_continuiamo_a_pregare_per_la_pacehttps://fides.org/it/news/76034-VATICANO_Angelus_con_Papa_Francesco_in_Ospedale_Grazie_per_l_affetto_continuiamo_a_pregare_per_la_paceCittà del Vaticano - "Grazie per l'affetto e per la preghiera, continuiamo a pregare per la pace nella martoriata Ucraina, in Palestina, in Israele e in tutto il Medio Oriente, in Myanmar, nel Kivu e in Sudan". Sono le parole che Papa Francesco fa giungere dal Policlinico Gemelli di Roma, dove è ricoverato da venerdì 14 febbraio per un'infezione alle vie respiratorie. Parole indirizzate in particolare agli artisti riuniti nella basilica di San Pietro per la celebrazione del loro Giubileo.<br /><br />Tutti gli impegni del Pontefice programmati in questi giorni sono stati annullati ad eccezione, appunto, della Messa che lui stesso avrebbe dovuto presiedere in San Pietro per l'evento giubilare dedicato al mondo dell'arte e della cultura. A nome del Vescovo di Roma, che fa giungere i suoi saluti, è il cardinal José Tolentino de Mendonça, Prefetto del Dicastero per la Cultura e l’Educazione, a presiedere la celebrazione eucaristica all'Altare della Confessione e a leggere l'omelia preparata dal Papa per l'occasione a commento dell'odierna pagina di Vangelo, quella delle Beatitudini, testo che più volte Papa Francesco ha definito la "Magna Carta" del cristiano.<br /><br />In "un'epoca in cui nuovi muri si alzano", gli artisti, sottolinea il Pontefice nell’omelia letta dal cardinale portoghese - sono "custodi delle Beatitudini. Voi, artisti e persone di cultura, siete chiamati a essere testimoni della visione rivoluzionaria delle Beatitudini. La vostra missione è non solo di creare bellezza, ma di rivelare la verità, la bontà e la bellezza nascoste nelle pieghe della storia. Lasciatevi guidare dal Vangelo delle Beatitudini, la vostra arte sia annuncio di un mondo nuovo. Non smettete mai di cercare, di interrogare, di rischiare. Perché la vera arte non è mai comoda, offre la pace dell’inquietudine. E ricordate: la speranza non è un’illusione; la bellezza non è un’utopia; il vostro dono non è un caso, è una chiamata. Rispondete con generosità, con passione, con amore".<br /><br />Un richiamo all'omelia è presente anche nel testo che era stato predisposto per accompagnare la preghiera dell'Angelus, testo diffuso a mezzogiorno in punto dalla Sala Stampa: l'evento di oggi, si legge, "ci ricorda l’importanza dell’arte come linguaggio universale che diffonde la bellezza e unisce i popoli, contribuendo a portare armonia nel mondo e a far tacere ogni grido di guerra. Avrei voluto essere in mezzo a voi ma, come sapete, mi trovo qui al Policlinico Gemelli perché ho ancora bisogno di un po' di cure per la mia bronchite”. A tal riguardo, il Papa esprime il suo "grazie" per il sostegno spirituale e chiede anche di pregare per tutti gli operatori sanitari: "Vi ringrazio per l’affetto, la preghiera e la vicinanza con cui mi state accompagnando in questi giorni, così come vorrei ringraziare i medici e gli operatori sanitari di questo ospedale per la loro premura: svolgono un lavoro prezioso e tanto faticoso, sosteniamoli con la preghiera!". Sun, 16 Feb 2025 15:39:10 +0100AFRICA/BURUNDI - Nomina del Vescovo di Rutanahttps://fides.org/it/news/76033-AFRICA_BURUNDI_Nomina_del_Vescovo_di_Rutanahttps://fides.org/it/news/76033-AFRICA_BURUNDI_Nomina_del_Vescovo_di_RutanaCittà del Vaticano - Il Santo Padre Francesco ha nominato Vescovo della Diocesi di Rutana il Rev. Léonidas Nitereka, finora Vicario Generale della Diocesi di Bururi.<br /><br />S.E. Mons. Léonidas Nitereka è nato il 1° settembre 1960 a Martyazo, nella Diocesi di Bururi. Ha studiato Filosofia presso il Seminario Maggiore Saint Curé d’Ars di Bujumbura e Teologia presso il Seminario Maggiore San Giovanni Paolo II di Gitega. È stato ordinato sacerdote il 17 agosto 1986 a Bururi.<br /><br />Ha ricoperto i seguenti incarichi e svolto ulteriori studi: Cappellano delle scuole secondarie nella Diocesi ; Parroco di Murago, Diocesi di Bururi ; Economo diocesano ; Dottorato in Teologia Antropologica presso la Pontificia Università Gregoriana di Roma e Servizio pastorale nella Diocesi di Firenze, Italia ; Rettore del Seminario Minore di Buta e Presidente del Clero di Bururi ; dal 2010, Vicario Generale della Diocesi Bururi e Direttore dell’Ufficio Pastorale. Sat, 15 Feb 2025 12:03:06 +0100ASIA/MYANMAR -  Ucciso un prete cattolico nell'arcidiocesi di Mandalayhttps://fides.org/it/news/76031-ASIA_MYANMAR_Ucciso_un_prete_cattolico_nell_arcidiocesi_di_Mandalayhttps://fides.org/it/news/76031-ASIA_MYANMAR_Ucciso_un_prete_cattolico_nell_arcidiocesi_di_Mandalay Mandalay - Don Donald Martin, 44enne sacerdote diocesano dell'Arcidiocesi di Mandalay, è primo prete cattolico birmano ucciso nel conflitto civile che insanguina il paese. Il suo corpo senza vita, mutilato e sfigurato con colpi di arma da taglio, è stato ritrovato ieri, 14 febbraio alle 6 del mattino, da alcuni parrocchiani nel complesso della parrocchia di Nostra Signora di Lourdes, dove era parroco. La chiesa si trova nel villaggio di Kan Gyi Taw, nel territorio del distretto di Shwe Bo, parte della regione di Sagaing. L'uomo, riferiscono fonti di Fides, è stato colpito con violenza e accanimento da numerosi colpi di arma da taglio. Le cruente modalità dell'omicidio fanno pensare a un'aggressione mirata per motivi che sono ancora da investigare, cosi come sono da individuare gli assassini: il che non sarà facile in un contesto di violenza generalizzata, mentre infuriano gli scontri tra i miliziani delle forze di opposizione e l'esercito birmano.<br />La notizia ha creato shock e profonda tristezza nella comunità locale. I fedeli si sono attivati per cercare di capire le cause dell'omcidio e l'identità dei killer. La zona di Sagaing , nel Nord del Myanmar, è una di quelle dove sono quotidiani i combattimenti e gli scontri tra le Forze di difesa popolare e l'esercito birmano.<br />P. Donald Martin, 44 anni, era stato ordinato prete nel 2018. Nel tempo di guerra civile svolgeva con zelo, con fede e obbedienza il suo compito di pastore di anime, amministrando i sacramenti nella parrocchia e cercando di essere vicino alla comunità sofferente. Inoltre, come tanti altri sacerdoti, si dedicava all'assistenza umanitaria agli sfollati sparsi nel territorio portando loro consolazione spirituale e aiuti materiali. <br /> Sat, 15 Feb 2025 09:24:22 +0100AFRICA/BURUNDI - Nomina del Vescovo di Bubanzahttps://fides.org/it/news/76032-AFRICA_BURUNDI_Nomina_del_Vescovo_di_Bubanzahttps://fides.org/it/news/76032-AFRICA_BURUNDI_Nomina_del_Vescovo_di_BubanzaCittà del Vaticano - Papa Francesco ha nominato Vescovo della Diocesi di Bubanza il Rev. P. Emmanuel Ntakarutimana, O.P., finora Coordinatore del Consiglio per la creazione dell’Università Cattolica del Burundi.<br /><br />S.E. Mons. Emmanuel Ntakarutimana, dell’Ordine dei Frati Predicatori, è nato il 30 dicembre 1956 nell’Arcidiocesi Metropolitana di Gitega. Dopo aver studiato Filosofia presso il Seminario Maggiore di Bujumbura e Teologia presso l’Université Catholique Du Congo di Kinshasa, ha conseguito il Dottorato in Teologia Fondamentale all’Université de Fribourg in Svizzera.<br /><br />Ha emesso la prima professione a Ibadan in Nigeria il 28 settembre 1981, i voti perpetui nel 1984 a Rweza ed è stato ordinato sacerdote a Gitega il 23 agosto 1987.<br /><br />Ha svolto i seguenti incarichi: Professore di Teologia Fondamentale al Seminario Maggiore di Gitega ; Segretario della Commissione Episcopale Giustizia e Pace ; Maestro degli studenti presso la Casa di formazione interafricana dei Domenicani a Kinshasa ; Consigliere del Superiore e Coordinatore per l’Africa dell’Ordine dei Padri Domenicani ; Coordinatore del Centro Ubuntu per la promozione della pace e della riconciliazione a Bujumbura ; Direttore dell’Ufficio della Conferenza Episcopale per l’Evangelizzazione ; dal 2021, Coordinatore del Consiglio per la creazione dell’Università Cattolica del Burundi. Sat, 15 Feb 2025 12:01:03 +0100ASIA/PAKISTAN - Da 25 anni la missione dei Salesiani aiuta i giovani: con uno sguardo speciale ad Akash Bashirhttps://fides.org/it/news/76022-ASIA_PAKISTAN_Da_25_anni_la_missione_dei_Salesiani_aiuta_i_giovani_con_uno_sguardo_speciale_ad_Akash_Bashirhttps://fides.org/it/news/76022-ASIA_PAKISTAN_Da_25_anni_la_missione_dei_Salesiani_aiuta_i_giovani_con_uno_sguardo_speciale_ad_Akash_BashirLahore - Nelle campagne del Punjab pakistano sono molte le famiglie di agricoltori, che vivono di quello che producono, con il solo reddito agricolo e con molti figli. Queste famiglie, cristiane e musulmane, sono accomunate dalla sfida della povertà e dal non potersi permettere di pagare l'istruzione dei figli, in special modo delle ragazze, culturalmente discriminate e spesso impossibilitate a completare la loro istruzione o ad avere una formazione professionale. E' questa la situazione che hanno incontrato i missionari Salesiani quando, 25 anni fa, sono approdati nella regione centrale del Pakistan e hanno deciso di aprire una missione. E' nata così quella che oggi è una istituzione molto apprezzata nel territorio, molto richiesta da ragazzi e ragazze, come racconta oggi il primo sacerdote salesiano ordinato in Pakistan, padre Noble Lal, 48 anni, Direttore della Scuola tecnica professionale di Don Bosco. Aperto a Lahore nel 2000, l'istituto ha formato oltre 8.000 ragazzi e ragazze in 25 anni di attività e di servizio al gioventù, in un paese dove si registrano anche sacche consistenti di analfabetismo, specialmente nelle aree rurali..<br />Nell'istituto di Lahore, che si avvale di docenti, volontari, cooperatori salesiani, vi sono p.Noble Lal e fratel Piero Ramello, salesiano coadiutore italiano, missionario giunto dal Piemonte. I religiosi operano in una realtà chenegli anni si è strutturata e che ora funziona a pieno regime: la Don Bosco Educational Society offre servizi educativi sia nell'istruzione scolastica , sia nell'istruzione tecnica . Nel complesso si Lahore, dove non mancano le tipiche strutture del progetto educativo di Don Bosco, come il teatro e il campo da gioco, "sono attivi diversi programmi di formazione professionale in base alle esigenze della comunità, tutti tesi per affrontare il problema della disoccupazione tra i giovani", riferisce il Salesiano. Il progetto globale "Don Bosco Education" in Pakistan intende raggiungere le comunità emarginate nelle aree remote. Le tasse scolastiche richieste dai Salesiani sono basse, perché la maggior parte delle famiglie dei ragazzi che frequentano l'istituto sono molto povere e c'è bisogno di sostegno o di borse di studio per completare il percorso di istruzione o la formazione professionale, che mira a far diventare membri indipendenti della società. L'istituto offre formazione in metallurgia, lavori elettrici, falegnameria e settore automobilistico. "Dall'apertura della struttura, nel 2000, abbiamo formato migliaia di giovani tra 15 e 22 anni, in varie competenze tecniche. Ciò ha aiutato molti di loro, che avevano abbandonato la scuola, a trovare lavoro", ha spiegato , ricordando che il Pakistan è una nazione con un'età media bassa, "dove quindi c'è un'alta percentuale di bambini e giovani".<br />Uno sguardo speciale lo si volge alle ragazze, "per cercare di ridurre l'abbandono scolastico precoce", spiega p. Lal. Infatti, a causa della necessità di prendersi cura della famiglia, o anche per la diffusione dei matrimoni precoci e combinati dalle famiglie , molte ragazze abbandonano gli studi ben prima della fine della scuola dell'obbligo. Avviene nelle comunità dei villaggi rurali, ma anche nelle periferie dei centri urbani come Lahore, dove nelle famiglie si fa strada la convinzione che il matrimonio precoce possa costituire una soluzione all'indigenza. <br />Resisi conto di tale fenomeno culturale e sociale, i Salesiani in Pakistan si sono impegnati in iniziative di promozione sociale e programmi di formazione sui diritti delle donne, al fine di creare consapevolezza e autodeterminazione nella mentalità dei giovani. "Incoraggiamo costantemente le ragazze a continuare gli studi; inoltre manteniamo relazioni con le loro famiglie di origine per far sì che non abbandonino gli studi", rileva il Direttore. Per loro si organizzano anche appositi corsi di formazione professionale "per l'apprendimento di un mestiere e quindi per contribuire all'emancipazione delle ragazze", nota. <br />Accanto alla struttura di Lahore, i Salesiani sono presenti anche a Quetta, capoluogo della provincia pakistana del Baluchistan, l'altra a città dove i figli di Don Bosco sono stati i primi "a sviluppare nella nostra scuola un modello di coeducazione per ragazzi e ragazze. Da allora, altri hanno seguito il nostro esempio in Pakistan”, riferisce il religioso.<br />Oggi l'opera educativa e di formazione professionale salesiana "riscuote un grande apprezzamento tra la gente che ci manifesta tanta gratitudine, ma anche tra le istituzioni civili, che apprezzano il nostro impegno sociale e l'apertura a giovani di tutte le fedi e culture, musulmani, cristiani e altre minoranze".<br />C'è un altro ambito in cui i Salesiani stanno offrendo un contributo fattivo alla comunità cattolica in Pakistan: la cooperazione istituzionale nel processo di beatificazione del Servo di Dio Akash Bashir, per cui è stata aperta la fase diocesana della causa, a cura della diocesi di Lahore. Akah era un allievo della Scuola salesiana di Lahore e aveva respirato il carisma di Don Bosco. In occasione della celebrazione dei 25 anni di presenza salesiana in Pakistan, tenutasi nei giorni scorsi a Lahore, è stato anche pubblicato un libro su Akash Bashir, presentato come modello e come testimone di fede autentica ai giovani del Pakistan. <br /> Sat, 15 Feb 2025 08:55:59 +0100ASIA/SIRIA - Una professoressa cristiana nel Comitato preparatorio della Conferenza Nazionalehttps://fides.org/it/news/76030-ASIA_SIRIA_Una_professoressa_cristiana_nel_Comitato_preparatorio_della_Conferenza_Nazionalehttps://fides.org/it/news/76030-ASIA_SIRIA_Una_professoressa_cristiana_nel_Comitato_preparatorio_della_Conferenza_Nazionaledi Gianni Valente<br /><br />Damasco – Si chiama Hind Aboud Kabawat, insegna nelle Università statunitensi ed è l’unica cristiana inclusa nel Comitato di 7 persone incaricato di preparare l’annunciata Conferenza Nazionale della Siria, l’assemblea che dovrebbe avviare il processo per la formulazione di una nuova Costituzione e la definizione del nuovo assetto istituzionale del Paese mediorientale.<br /><br />A selezionare i 7 membri del Comitato è stato l’auto-proclamato Presidente “ad interim” Ahmad al Sharaa. Col nome di Abu Muhammad Jolani, lo stesso al Sharaa ha guidato per anni Hayat Tahrir al Sham, la formazione di ascendenza jihadista che ha esercitato un ruolo di primo piano in seno alla galassia di gruppi armati schierati nella lotta contro il regime degli Assad, crollato di schianto lo scorso dicembre. <br /><br />Con la cooptazione nel Comitato di Hind Kabawat, gli attuali detentori del potere in Siria vogliono lanciare un segnale che confermi in maniera concreta la loro proclamata attitudine aperta e inclusiva anche nei confronti delle comunità cristiane autoctone. E guardando al profilo professionale della professoressa siriano-canadese si possono cogliere dettagli eloquenti sui criteri che guidano le strategie geopolitiche dei nuovi vertici siriani. <br /> <br />La cattolica Hind Kabawat ha due figli - un maschio e una femmina - proviene da una famiglia cristiana interconfessionale: padre greco-cattolico, madre greco-ortodossa. Il suo curriculum è punteggiato di referenze di tutto rilievo, che documentano anche il suo costante coinvolgimento in iniziative e istituzioni volte a sostenere il dialogo interreligioso e le strategie di mediazione, pacificazione e promozione delle donne nella Siria degli ultimi anni, dilaniata da conflitti e atrocità.<br /> <br />Hind Kabawat si è laureata in Economia presso l'Università di Damasco e ha conseguito una seconda laurea in Giurisprudenza presso l'Università Araba di Beirut. Il suo percorso accademico è proseguito con un Master in Relazioni Internazionali presso la Fletcher School of Law and Diplomacy della Tufts University e con attestati in Risoluzione dei Conflitti e in strategie di negoziazione conseguiti presso le Università di Toronto e di Harvard.<br /><br />La professoressa nata in Siria dirige il programma Interfaith Peacebuilding presso il Center for World Religions, Diplomacy and Conflict Resolution della George Mason University, in Virginia, ed è stata vicedirettrice dell'ufficio di Ginevra della Commissione di Negoziazione siriana, conosciuta in precedenza come Alto Comitato di Negoziazione . Nel suo ruolo presso l'allora HNC, Hind Kabawat aveva partecipato già nel 2017 agli otto round dei colloqui di pace di Ginevra sulla Siria. Le sue competenze quindi erano note alle reti e agli organismi che fuori dalla Siria, negli anni della guerra civile, erano attenti alle istanze dei gruppi dell’opposizione interna e internazionale al regime siriano. <br />Hind Kabawat ha anche contribuito alla fondazione di Tastakel, un centro di formazione rivolto alle donne e dedicato alla promozione della non violenza e del dialogo per affrontare situazioni di conflitto.<br /><br />Il portavoce del comitato preparatorio per la conferenza di dialogo nazionale, Hassan Dagheim, in una intervista all’Agenzia siriana ufficiale SANA dichiarato lo stesso Comitato lavorerà per garantire la rappresentanza di tutte le realtà sociali, etniche, culturali e religiose presenti in Siria, rispettando la diversità delle diverse province siriane, senza adottare un approccio basato sulle quote settarie. Nel contempo, analisti locali, commentando la cooptazione di Hind Kabawat, si chiedono quale potrà essere la rilevanza reale del contributo offerto da una cristiana in seno a un Comitato dove appare prevalente la componente islamista radicale. Di recente, come è avvenuto a Aleppo, anche molti Consigli locali degli Ordini professionali sono stati riconfigurati e nei nuovi organigrammi è dicentata prevalente la presenza di persone legate Hayat Tahrir al Sham e altri gruppi influenti nella Siria post-Assad. <br /><br />Già a fine agosto 2022 i miliziani islamisti di Hayat Tahrir al Sham avevano consentito la celebrazione di una messa in una chiesa chiusa da dieci anni nell’area della provincia di Idlib rimasta sotto il loro controllo. L’Agenzia Fides aveva riferito che era stato lo stesso capo della fazione di matrice jihadista Jolani a “garantire” la celebrazione della messa nella chiesa armena apostolica di Sant’Anna, presso il villaggio di Yacoubia, nelle campagne a nord-ovest di Idlib. Decine di cristiani appartenenti a confessioni diverse hanno partecipato alla liturgia nel luogo sacro in precedenza usato come rifugio di profughi, e le cui immagini erano state diffuse dalle stesse milizie islamiste.<br />Nelle settimane precedenti, Muhammad al Jolani aveva voluto incontrare i rappresentanti delle comunità cristiane ancora presenti nei villaggi di Qunaya, Yacoubia e al-Jadida, e aveva annunciato loro l’intenzione di voler ‘proteggere’ le loro celebrazioni liturgiche, garantendo anche la progressiva restituzione dei beni immobili in precedenza sequestrati ai proprietari cristiani. La mossa di al Jolani, già allora, aveva provocato reazioni diverse. Altri gruppi islamisti di matrice salafita come Hurras al Din avevano accusato Jolani di aver reso “meno musulmana” la provincia di Idlib. Mentre altri analisti avevano letto l’iniziativa come parte di una strategia avviata da quel gruppo islamista per accreditare internazionalmente la propria dichiarata “svolta moderata”. Miliziani di Tahrir al Sham già allora sottolineavano la necessità di aprire “una nuova pagina”, e riaffermare che l’islam non vieta ai non musulmani – cristiani compresi – di praticare liberamente i propri rituali.<br /><br />Nel 2013, lo stesso al Jolani era bollato come “terrorista globale” dal Dipartimento di Stato degli Stati Uniti d’America. Nel 2022, anche analisti collegati a centri di studio statunitensi valorizzavano la dichiarata “evoluzione” dei diversi gruppi all’interno della galassia jihadista. Aaron Y. Zelin, in un’analisi di Hayat Tahrir el Sham pubblicata allora sul website del Washington Institute for Near East Policy, scriveva che al Jolani “non è più solo un leader di un gruppo terroristico o di una fazione ribelle” ma andava considerato come il rappresentante di una svolta che include anche un cambio di atteggiamento verso gli USA. Zelin riportava anche che “Hayat Tahrir al Sham avrebbe usato canali secondari per inviare ai funzionari statunitensi il seguente messaggio: ‘Vogliamo essere vostri amici. Non siamo terroristi. Stiamo solo combattendo Assad. Non siamo una minaccia per voi’". .<br />Fri, 14 Feb 2025 11:27:18 +0100ASIA/INDIA - Dimissioni del Primo Ministro e stallo politico in Manipur; l'Arcivescovo Neli invoca "una chiara direzione verso la pace"https://fides.org/it/news/76029-ASIA_INDIA_Dimissioni_del_Primo_Ministro_e_stallo_politico_in_Manipur_l_Arcivescovo_Neli_invoca_una_chiara_direzione_verso_la_pacehttps://fides.org/it/news/76029-ASIA_INDIA_Dimissioni_del_Primo_Ministro_e_stallo_politico_in_Manipur_l_Arcivescovo_Neli_invoca_una_chiara_direzione_verso_la_paceImphal - "Con le dimissioni del Primo Ministro, siamo in una situazione di stallo politico e bisognerà attendere per capirne gli esiti. La situazione in cui si trova oggi il Manipur è piuttosto complessa e non è facile trovare una soluzione. Bisogna continuare con gli sforzi di attivare un percorso di dialogo, coinvolgendo tutti gli attori possibili, a livello locale, a livello del governo centrale, a livello di rappresentanza della società civile e delle comunità in conflitto": è quanto osserva in un colloquio con l'Agenzia Fides mons. Linus Neli, Arcivescovo di Imphal, capitale dello stato indiano di Manipur, descrivendo la situazione nello stato dell'India Nodorientale che si ritrova spaccato, in una condizione di polarizzazione tra le due comunità Meitei e Kuki-zo che a maggio del 2023 hanno iniziato un conflitto interetnico. <br />Mentre sul terreno la temporanea soluzione è stata quella di dividere i contendenti in aree isolate e rigidamente separate tra loro, "si stava cercando di attivare il dialogo con un tavolo di negoziato e dei mediatori", spiega l' Arcivescovo. Ora il terremoto politico crea una situazione di incertezza e sospensione: "Il Bharatiya Janata Party che governa il Manipur dovrà trovare un altro leader che potrà essere nominato Primo ministro. Intanto l'amministrazione è temporaneamente sotto il governo centrale di Delhi. Ora bisogna attendere e il panorama si complica ulteriormente", nota mons. Neli. Se il BJP non riuscirà, a causa della conflittualità interna, a esprimere un nuovo leader, allora si potrebbe andare incontro allo scioglimento del parlamento statale e a nuove elezioni.<br />Biren Singh, esponente del BJP e primo ministro in Manipur per due mandati, si è dimesso a causa del crescente dissenso all'interno del suo stesso partito, un dissenso legato soprattutto alla gestione del conflitto etnico tra le comunità Meitei e Kuki. La crisi politica nel Manipur si sviluppa sullo sfondo della prolungata violenza etnica in seguito alla quale migliaia di persone sono ancora sfollate, in precarie condizioni. Dopo mesi di scontri, nonostante il massiccio spiegamento delle forze di sicurezza inviate dal governo centrale, episodi di violenza sporadica sono continuati, dato il coinvolgimento di gruppi armati militanti, in entrambe le fazioni.<br />La comunità cattolica locale, che ha fedeli in entrambe le comunità Meitei e Kuki, invoca "una chiara direzione verso la pace", dice il Arcivescovo Neli, che è personalmente coinvolto, con altri capi religiosi, in organizzazioni e forum che danno la disponibilità a essere presenti in ogni iniziativa di dialogo e di mediazione. "Siamo nell'Anno santo del Giubileo e il tema è la speranza: la nostra speranza - conclude - è che in quest'anno possa compiersi un passo concreto di riconciliazione. L'importante è avere una volontà condivisa. Preghiamo e speriamo che il Signore ci accompagni in questo cammino di riavvicinamento e pacificazione".<br /> Fri, 14 Feb 2025 11:13:02 +0100AFRICA/SIERRA LEONE - “La gente percorre quasi 8 miglia ogni domenica per la messa”: nuove stazioni missionarie nella diocesi di Kenemahttps://fides.org/it/news/76028-AFRICA_SIERRA_LEONE_La_gente_percorre_quasi_8_miglia_ogni_domenica_per_la_messa_nuove_stazioni_missionarie_nella_diocesi_di_Kenemahttps://fides.org/it/news/76028-AFRICA_SIERRA_LEONE_La_gente_percorre_quasi_8_miglia_ogni_domenica_per_la_messa_nuove_stazioni_missionarie_nella_diocesi_di_KenemaBuedu – “La nostra missione qui in Sierra Leone sta gradualmente crescendo, così come il numero di cristiani e di piccole comunità. La gente continua ad avvicinarsi e vive la fede con grande entusiasmo e partecipazione”. Lo racconta all’Agenzia Fides padre Peddy Sinda, della Società delle Missioni Africane , responsabile della missione di San Giovanni Battista a Buedu, distretto di Kailahun, diocesi di Kenema.<br /><br />“La maggior parte dei villaggi in cui prestiamo servizio non ha una chiesa o un oratorio – prosegue il missionario – e poiché ci sono molte persone anziane che non possono più raggiungere a piedi la parrocchia, proprio in questi giorni abbiamo aperto una nuova stazione missionaria. Aggiungo anche che, purtroppo, siamo stati oggetto di furti e intrusioni a causa dell'esposizione della casa della missione.”<br /><br />La chiesa cattolica di San Giovanni Battista-Missione di Buedu è stata aperta il 13 dicembre 2020 ed è stata affidata alle cure dei Padri SMA. La missione serve più di 27 villaggi, tra queste solo 6 comunità hanno luoghi di culto . “Fowa, nel distretto di Kailahun, è uno dei villaggi che non ne hanno, la popolazione è di etnia Kissi e vanta un numero incoraggiante di cattolici, circa 273, tra uomini, donne e bambini, alcuni dei quali sono stati battezzati e cresimati”.<br /><br />“Questa cittadina ha un grande potenziale per diventare una ‘città cristiana’ - racconta p. Sinda rientrato dall'inaugurazione ufficiale della nuova missione SMA nella diocesi di BO, dove i padri SMA hanno aperto il terzo territorio di missione in Sierra Leone. Tuttavia, nonostante la robusta crescita della fede, la gente è costretta a percorrere quasi 8 miglia ogni domenica per la messa nella chiesa di Buedu, una situazione che è diventata impossibile per i malati e gli anziani. Sono principalmente contadini e possono a malapena vantare un pasto al giorno. Desiderano ardentemente avere un luogo di culto” insieste p. Sinda.<br /><br />Tra le attività pastorali che i missionari SMA portano avanti in questa terra di missione rientrano l’amministrazione dei sacramenti, visita ai malati e agli anziani, ministero scolastico , programmi di animazione per i giovani, formazione di leader di preghiera della comunità, animazione della Santa Infanzia, programmi di emancipazione femminile e sensibilizzazione della comunità.<br /><br /> <br />Fri, 14 Feb 2025 10:27:23 +0100AFRICA/NIGERIA - “Prudenza nell’applicazione della Sharia nelle zone miste dal punto di vista religioso”https://fides.org/it/news/76027-AFRICA_NIGERIA_Prudenza_nell_applicazione_della_Sharia_nelle_zone_miste_dal_punto_di_vista_religiosohttps://fides.org/it/news/76027-AFRICA_NIGERIA_Prudenza_nell_applicazione_della_Sharia_nelle_zone_miste_dal_punto_di_vista_religiosoAbuja – Prudenza nell’estendere l’applicazione della legge islamica negli Stati della Nigeria dove vi sono famiglie miste dal punto di vista religioso. È l’avvertenza espressa da p. Lawrence Chukwunweike Emehel, Direttore del Dipartimento per la Missione e il Dialogo del Catholic Secretariat of Nigeria , nel corso di una conferenza stampa tenutasi ieri, 13 febbraio.<br />"Mentre la Costituzione consente l’applicazione della Sharia in questioni personali, la sua attuazione deve essere gestita con cautela per evitare di marginalizzare altri gruppi religiosi", ha affermato p. Emehel.<br />Il sacerdote ha avvertito che favorire un gruppo religioso rispetto a un altro potrebbe essere particolarmente destabilizzante nel sud-ovest, dove le famiglie spesso includono membri di fedi diverse.<br />La questione è stata sollevata in riferimento a una controversia scoppiata nel sud-ovest della Nigeria in merito all'istituzione di commissioni per la Sharia nella regione, con i leader musulmani che sottolineano il loro diritto all'autodeterminazione e i gruppi non musulmani che esprimono preoccupazione per le potenziali implicazioni di tali commissioni.<br />Tutto è iniziato alla fine dello scorso anno dopo che un gruppo musulmano nella città di Oyo nello Stato di Oyo, nel sud-ovest, ha annunciato la sua intenzione di istituire un comitato per la Sharia nella zona.<br />Il Consiglio supremo per la Sharia in Nigeria, SCSN, ha annunciato il rinvio a tempo indeterminato dell'inaugurazione prevista l’11 gennaio, a seguito delle proteste scoppiate nel frattempo. Al centro della controversia c’è la distinzione tra corti e panel della Sharia. Secondo i leader musulmani i panel della Sharia non sono corti, ma comitati arbitrali che gestiscono questioni civili come matrimonio, divorzio, eredità e controversie su accordi contrattuali tra musulmani.<br />“Il desiderio dell’applicazione della Sharia nasce dall'insoddisfazione per il sistema attuale, ma è fondamentale garantire che qualsiasi riforma legale promuova l'inclusività e il rispetto per la diversità religiosa. Dobbiamo riconoscere che i nigeriani non vivono isolati e nessuna legge dovrebbe inibire o limitare gli altri nelle loro pratiche. La nostra identità nazionale e la garanzia costituzionale della libertà religiosa non devono essere minate", ha sottolineato p. Emehel.<br />Nel corso della conferenza stampa è stata sottolineata l’emergenza di un’altra preoccupazione da parte dei Vescovi nigeriani: quella del diffondersi tra i giovani di forme di neopaganesimo legate al materialismo e alla sete di facile guadagno. “Per combattere il fascino della corruzione e del neopaganesimo, dobbiamo concentrarci sulla formazione delle coscienze. Senza una solida base morale, le persone hanno difficoltà a distinguere tra giusto e sbagliato. La famiglia rimane la pietra angolare della società: se vogliamo combattere la mentalità del "diventa ricco in fretta", dobbiamo instillare valori di onestà, duro lavoro e dignità nel lavoro, a partire dalla casa, dalle scuole e dai luoghi di culto", ha affermato p. Michael Banjo, Segretario Generale del CSN. <br /><br />Fri, 14 Feb 2025 09:58:57 +0100ASIA/COREA DEL SUD - Padre Vincenzo e le piaghe di Cristo ai bordi di Seoulhttps://fides.org/it/news/76024-ASIA_COREA_DEL_SUD_Padre_Vincenzo_e_le_piaghe_di_Cristo_ai_bordi_di_Seoulhttps://fides.org/it/news/76024-ASIA_COREA_DEL_SUD_Padre_Vincenzo_e_le_piaghe_di_Cristo_ai_bordi_di_Seouldi Pascale Rizk<br /><br />Seongnam - L’amore gratuito è disarmante, e attraversa la prova del tempo. Così gli aveva detto papà Angelo, il giorno in cui il figlio Vincenzo era diventato un sacerdote cattolico, nell’aprile del 1987: “Come l’oro non muta nel tempo, così sarà il nostro amore per te”. Padre Vincenzo Bordo, missionario degli Oblati di Maria Immacolata, oggi con lo stesso amore continua ad ‘amare fino all’ultimo’. Lo fa sin da quando è arrivato in Corea del Sud, e saranno 35 anni il prossimo maggio.<br /><br />In Corea del Sud oggi tutti conoscono col nome di Kim Ha-jong Shinbunim lo “strano straniero” cresciuto nel Viterbese, con la solida tempra umana degli agricoltori, animato dal forte desiderio di ‘amare e servire gli ultimi’ sin da quando era ragazzo. <br /><br />Affascinato dall’Oriente e dagli studi orientali, era partito in Corea con padre Mauro Concardi, suo confratello. Oggi lo si può incontrare spesso alla “Casa di Anna”, collocata a Seongnam, seconda città più grande del Gyeonggi-do dopo Suwon, a 28km circa dal centro di Seoul. <br /><br />La zona era da tempo il posto ideale per i senza tetto: vicino a un grande mercato, e dentro un intreccio di metropolitane e linee di autobus che facilitavano i loro spostamenti. Per questo la sua opera è cominciata là, e lui continua a portarla avanti con gli occhi limpidi e il grembiule di lavoro addosso.<br /><br /><p><><iframe width="560" height="315" src="https://www.youtube.com/embed/DRK5CIl15Uw?si=uu5vAssGpOFqCgG-" title="YouTube video player" frameborder="0" allow="accelerometer; autoplay; clipboard-write; encrypted-media; gyroscope; picture-in-picture; web-share" referrerpolicy="strict-origin-when-cross-origin" allowfullscreen></iframe></p><br /><br /><br />La Corea tra passato e presente<br /><br />La Corea che l’ha accolto tre decenni fa non è più la stessa. Sviluppo economico impressionante, rapidi cambiamenti, tensioni internazionali e tumulti politici anche recenti. “Quando sono arrivato qui, la parola più usata in coreano era 우리. La “nostra famiglia”, la “nostra parrocchia”, la “nostra Chiesa”, la “nostra Patria”, il “nostro quartiere”. Il senso di appartenenza era molto forte. Oggi, la parola più usata è IO” racconta Bordo, e aggiunge: “si è passati da una dimensione comunitaria molto forte, alcune volte anche troppo forte, all'opposto, a un io egocentrico, in una città auto-centrata. La società abituata a prendersi cura dei parenti, dei genitori, della comunità, è diventata una società dove muore la persona a fianco e non si sa, perché le persone che vivono da sole stanno aumentando in maniera impressionante”. <br /><br />Rispetto al tempo dei suo arrivo in Corea, le figure dei mendicanti che chiedevano l’elemosina sono scomparse. La “nuova povertà” si manifesta nella vita di chi non “ha una mente intelligente, complessa, articolata” e non riesce a seguire la società “moderna, ricca, veloce, intelligente, articolata, complessa”, spiega Padre Vincenzo.<br /><br />Arrivata l’ora del pasto serale, colpisce il numero di cinquantenni e persone più anziane che arrivano e si mettono in fila per mangiare. “A parte le pensioni date dalle grandi aziende come Samsung o Hyundai” racconta padre Vincenzo “non esisteva nessuna forma di previdenza sociale per la gente negli anni Novanta. Oggi esiste un minimo di pensione, un sistema di aiuto alle persone in grave difficoltà, un minimo anche per garantire il servizio sanitario”. <br /><br />La nuova povertà e i Senza Niente<br /> <br />I “nuovi poveri” che frequentano la Casa di Anna fanno parte della categoria di persone che non riescono ad entrare in questo sistema di welfare sociale. Sono persone senza fissa dimora. Una condizione esistenziale che non viene considerata nelle statistiche sul numero dei senza tetto che vivono per strada. “Ma anche chi dorme sul sottoscala è un “senza tetto” spiega Padre Vincenzo, e aggiunge: “le ultime statistiche che abbiamo elaborato mostrano che il 35% degli anziani che frequentano la Casa di Anna sono homeless, ‘senza tetto’ in senso pieno, mentre il 33% sono ‘sulla soglia’. Questi ultimi hanno pochi soldi e possono avvantaggiarsi del sistema che permette loro di affittare una stanza a 300.000 won, pari a 200 euro circa. Quindi non dormono per strada, ma fanno sempre parte di chi non ha una fissa dimora”.<br /><br />In Corea del Sud, la povertà non è la conseguenza della mancanza del lavoro. Il lavoro in Corea c’è, ribadisce continuamente lo “Chef per amore”, come viene chiamato il missionario nel libro pubblicato nel 2021 per rispondere all’urgente bisogno di raccogliere fondi . Anche oggi la Casa di Anna opera al 40% con i fondi dello Stato e al 60% grazie a donazioni. <br /><br />Le ragioni che portano la gente a vivere sulla strada sono di ordine caratteriale, sociale, fisico ed economico. Secondo i dati pubblicati il 3 febbraio 2025 da Statistics Korea e dal Ministero della Salute e del Welfare, il tasso di povertà degli anziani in Corea - che sembrava in calo - sta in realtà peggiorando. Nello specifico, rispetto al tasso di povertà relativa del 9,8% della popolazione sudcoreana in età lavorativa e al tasso di povertà generale della Corea del Sud , quello degli anziani risulta significativamente più elevato. Nonostante fosse diminuita costantemente sin dal 2013 per arrivare al 37.6 % nel 2021, la percentuale di persone dai 65 anni in su che vivono al di sotto del 50% del reddito mediano è giunta nel 2023 al 38,2%. In un Paese che l’anno scorso è stato definito ufficialmente “una società di super-anziani” - poiché questi ultimi occupano il 20% della popolazione totale - il loro tasso di povertà è peggiorato per il secondo anno consecutivo.<br /><br />Nel percorso della loro vita, coloro che frequentano la Casa di Anna sono di livello medio-basso e il 70% sopravvive con un pasto al giorno, prevalentemente serale. “Magari uno non è psicologicamente fortissimo e non ha una famiglia alle spalle che lo sostiene, lo spinge. La loro solitudine deriva da tante cose: chi non si è sposato, chi ha divorziato e ha abbandonato la famiglia, chi ha fallito nella vita. Come dicevo prima, io parlo di una realtà medio-bassa; quindi, non parlo della Corea in generale, parlo delle persone che vengono a mangiare qua, sono generalmente degli outsiders e non riescono a seguire il passo di questa società”, sottolinea padre Vincenzo.<br /><br />La Casa di Anna: mangiare ma non solo<br /><br />Così come si faceva sentire la temperatura torrida del Senegal dove Bordo andò per la prima missione in terra estera, così non mancava il freddo “senza guanti” e “senza giacconi” in Corea del Sud a rendere la vita degli “amati amici di strada” insostenibile. Per questo la Casa di Anna non offre solamente del cibo ma anche i servizi basici per chi sta sulla strada. Nel piano inferiore del palazzo c'è la mensa. <br /><br />Al primo piano c’è il barbiere, delle docce e dei vestiti per chi ne ha bisogno. Poi al secondo piano ci sono varie forme di sostegno durante la settimana. “Il lunedì, ci sono gli avvocati per chi ha bisogno di consulenza legale, il martedì ci sono i medici di vari tipi: internista, dentista, psichiatra e diamo le medicine gratis. Il mercoledì è una giornata dedicata a chi ha problemi di alcol, facciamo una sensibilizzazione e una formazione sugli effetti dell’uso di alcolici. Il giovedì per coloro che cercano lavoro e il venerdì abbiamo programmi culturali” racconta il missionario degli Oblati di Maria Immacolata, mentre fa da ‘guida’ passando da un piano all’altro. “Cerchiamo di avere un approccio olistico alla persona perché non è uno stomaco da riempire, ma è un essere umano da accogliere, aiutare a crescere e ad uscire eventualmente da questa realtà".<br /><br />Al terzo e quarto piano, la struttura offre alloggio a circa 30 uomini senza tetto. Nel tentativo di aiutarli a rifarsi una vita vengono integrati in un programma dove lavorano in una fabbrica di fronte alla Casa .<br /><br />I volontari delle Casa Anna: un dialogo nell’azione<br /><br />“Guarda qui!” dice padre Bordo, mostrando un pannello appeso al muro dove si riportano i numeri delle persone che “portano avanti la baracca”. <br /><br />La Casa di Anna è una Onlus riconosciuta dal governo come ente che opera per la gente di strada, e l’edificio dove è collocata la sua sede è riservato agli uomini adulti. Ci sono altre 8 case di accoglienza per famiglie e ragazzi di strada. Gli operatori sociali certificati che lavorano in queste strutture sono 55, ma i volontari che vengono a prestare servizio ammontano a 1500 al mese. <br /><br />“La maggior parte non ha e non è interessata ad avere una religione di appartenenza. Qualcuno ha radici buddhiste, ma non frequenta i riti. Vengono il sabato perché solitamente non si lavora. Quando chiedo loro perché fanno i volontari, c’è chi dice che fare il volontariato è bello, che condividere è importante, c’è chi crede in una società più giusta, chi sente che amare dona gioia, che condividere fa provare emozioni... Quindi si parla dei valori umani fondamentali. Se tu analizzi queste parole, bello, amore, giustizia, condivisione, sono tutti nomi di Dio. Qui si fa un'esperienza di Dio senza accorgersi.”<br /><br />“Qualche volta” confida padre Vincenzo “mi capita di parlare dei discepoli di Emmaus. Quando riconoscono Gesù? Stanno con lui ma senza riconoscerlo. Lo riconoscono solo quando lui spezza il pane. Le persone che vengono qua, nel condividere quello che facciamo, riesce a vedere il Signore risorto. Fanno un'esperienza di Dio, anche se non lo sanno. E il luogo adesso è un punto di riferimento per tantissimi giovani. In trent’anni, ho visto molte storie di conversioni, parecchie. Non è una cosa automatica, ci vuole del tempo per tutto ma diversi volontari e impiegati hanno scelto di farsi battezzare e diventare cristiani.”<br /><br />AGIT e i ragazzi di strada<br /><br />Durante un incontro nel 2015 con altre 3 entità che si interessavano dei ragazzi di strada, è risultato che quelli assistiti ammontavano a 200, quando le statistiche del comune attestavano che i ragazzi di strada erano 2.000. Così è nata l’iniziativa AGIT, il “Bus che cerca ragazzi”. “Questi ragazzi sono in fondo le pecorelle sperdute di cui parla Gesù. AGIT è l'autobus che va all’incontro e alla ricerca dei ragazzi di strada”, dice Padre Vincenzo. <br /><br />Con le tende, tavoli e sedie, si creano spazi temporanei che permettono ai ragazzi di mangiare, ma anche di acquisire qualche forma di educazione. “Ho proposto alla Conferenza episcopale che per le Giornate mondiali della gioventù AGIT venga fatta nelle città più importanti. C’è bisogno di questo” afferma Bordo, “perché c’è tanta gente disperata, magari venirle incontro può essere la loro salvezza. Il Paese ha un tasso alto di suicidi e di depressione. Tanti visitano la Corea del Sud e trovano che tutti vanno a mille, efficienza, sviluppo, ma in realtà sono alla ricerca delle sensazioni perché manca qualcosa di fondo nella loro vita.” <br /><br />Nonostante gli impegni, padre Vincenzo Bordo ‘trova sempre il tempo per salire sul sellino e costeggiare il a Seoul in bici. Le prove non sono mancate nella sua vita coreana. Nel primo colloquio con il Vescovo della regione, il prelato gli garantiva che nella zona non c’erano poveri, e per il Comune c’era solo qualche senza tetto. “Una volta, un giornalista è venuto a sapere del nostro lavoro e ha fatto un piccolo servizio su di noi. Il ministro dell'educazione, che allora era una donna, aveva visto il documentario per caso e si era meravigliata che in Corea del Sud ci fossero i ragazzi di strada. Chiamò i suoi per indagare, e questi insistevano a dire che di ragazzi di strada non non ce ne erano. Il ministro, infuriata, chiamò quelli della rete accusandoli di aver diffuso menzogne. Mi invitarono insieme ad una collaboratrice a esporre la situazione. Era il 1998, e il ministro dell'educazione non sapeva che c'erano i ragazzi di strada”, ricorda Vincenzo Bordo <br />Fri, 14 Feb 2025 11:19:21 +0100AMERICA/ARGENTINA - Attività e celebrazioni per il 90° anniversario della diocesi di La Rioja: la festa del Tinkunacohttps://fides.org/it/news/76026-AMERICA_ARGENTINA_Attivita_e_celebrazioni_per_il_90_anniversario_della_diocesi_di_La_Rioja_la_festa_del_Tinkunacohttps://fides.org/it/news/76026-AMERICA_ARGENTINA_Attivita_e_celebrazioni_per_il_90_anniversario_della_diocesi_di_La_Rioja_la_festa_del_TinkunacoLa Rioja – La diocesi di La Rioja ha festeggiato il 90° anniversario dalla sua Fondazione e l'inizio dell'anno giubilare. A presiedere la tante celebrazioni il vescovo Dante Braida impegnato nella maggior parte delle attività religiose e festive non solo della capitale, ma anche la maggior parte di quelle che si svolgono all'interno della diocesi, rafforzandone così fede e senso di comunità.<br /><br />Fede, speranza e missione sono stati i punti cardine affrontati dal vescovo Braida durante la novena e la festa invernale di San Nicola, patrono della diocese che ogni anno celebra la ricorrenza con profonda devozione.<br /><br />Inoltre, in occasione dell'Anno Giubilare Diocesano, alimentato dal motto "90 anni di fede, speranza e missione", e prorogato dal 1 gennaio al 24 novembre, sono state celebrate diverse attività commemorative. Tra queste il Tinkunaco, la più importante cerimonia religiosa popolare che il 31 dicembre di ogni anno commemora la rivolta dei Diaghiti, popolazione antica che viveva nei territori andini dell'Argentina nord-occidentale è responsabile della Commissione di Pastorale Sociale, ruolo che mette in risalto il suo impegno verso le tematiche sociali oltre alla capacità di lavorare su tematiche quali povertà, disuguaglianza ed esclusione che tanto affliggono il paese. Da sempre impegnato con la realtà sociale di La Rioja e dell'intera nazione, Braida partecipa attivamente a iniziative riguardo alle priorità sociali del paese tra le quali, disoccupazione e difesa dei diritti umani. Molto vicino alla comunità, visita le parrocchie, prende parte alle celebrazioni popolari, dialoga con i fedelie, insieme alla diocesi promuove programmi per la pastorale giovanile<br /><br /> <br />Thu, 13 Feb 2025 12:56:38 +0100AFRICA/CONGO RD - “La lotta armata non è la soluzione”: incontro a Goma della delegazione cattolica e protestante con i ribelli dell’M23https://fides.org/it/news/76025-AFRICA_CONGO_RD_La_lotta_armata_non_e_la_soluzione_incontro_a_Goma_della_delegazione_cattolica_e_protestante_con_i_ribelli_dell_M23https://fides.org/it/news/76025-AFRICA_CONGO_RD_La_lotta_armata_non_e_la_soluzione_incontro_a_Goma_della_delegazione_cattolica_e_protestante_con_i_ribelli_dell_M23Kinshasa – “L'obiettivo era convincere che la lotta armata non è la soluzione, ma che noi arriviamo con una proposta che può contribuire alla costruzione di una pace duratura, da qui il Patto sociale per la pace e la convivenza nella RDC” ha affermato Mons. Donatien Nshole, Segretario Generale della Conferenza Episcopale Nazionale del Congo . Mons. Nshole faceva parte della delegazione della CENCO e della Chiesa di Cristo in Congo che ieri, 12 febbraio, ha incontrato a Goma, i leader dell’M23, il gruppo di guerriglia filo ruandese che ha preso il controllo della città a fine gennaio.<br />La delegazione si è incontrata in particolare con Corneille Nangaa, coordinatore dell’’Alliance Fleuve Congo , l’ala politica dell’M23. “Proseguiamo la tournée che abbiamo cominciato a Kinshasa per sensibilizzare tutti le parti politiche che contano nella risoluzione della crisi e per la costruzione della pace duratura” ha spiegato il Segretario Generale della CENCO. In particolare la delegazione delle due Chiese ha presentato la “metodologia del patto sociale per vivere insieme nella RDC”. La dirigenza ribelle ha risposto che “è aperta al dialogo”. Mons. Nshole si è detto convinto che vi siano dei margini di trattativa per risolvere pacificamente il conflitto. “Abbiamo spiegato la nostra dinamica per il dialogo e i nostri interlocutori si sono detti aperti a parteciparvi”.<br />Lo spirito dell’iniziativa del “patto sociale per vivere insieme nella RDC” è quello di ricercare il dialogo includendo tutte le parti in causa compresi i ribelli e gli attori socio-politici in esilio.<br />Per dare una dimensione regionale alla loro iniziativa, CENCO ed ECC hanno cercato il sostegno del Presidente dello Zimbabwe, Emmerson Mnangagwa, Presidente in esercizio della SADC , nonché di William Ruto, Presidente del Kenya e dell’AEC . <br />Thu, 13 Feb 2025 12:27:09 +0100ASIA/INDIA - Il nuovo governo della capitale "dia attenzione ai poveri e alle periferie", auspica il portavoce dell'Arcidiocesi di Delhihttps://fides.org/it/news/76023-ASIA_INDIA_Il_nuovo_governo_della_capitale_dia_attenzione_ai_poveri_e_alle_periferie_auspica_il_portavoce_dell_Arcidiocesi_di_Delhihttps://fides.org/it/news/76023-ASIA_INDIA_Il_nuovo_governo_della_capitale_dia_attenzione_ai_poveri_e_alle_periferie_auspica_il_portavoce_dell_Arcidiocesi_di_DelhiNew Delhi - "Le priorità in una megalopoli come Nuova Delhi sono quelle di garantire istruzione e sanità a tutti i 32 milioni di abitanti. ll nostro auspicio è che il nuovo governo cittadino, che ora sarà guidato dal Bharatiya Janata Party , possa avviare programmi non solo rivolti alle esigenze della classe media o degli imprenditori, la business class, ma che sappia anche guardare alle periferie e alle fasce meno abbienti": lo dice all'Agenzia Fides p. Sankar Savarimuthu, parroco e portavoce dell'Arcidiocesi di Delhi, all'indomani delle elezioni locali che, con il voto dell'8 febbraio scorso, hanno consegnato al partito del primo ministro indiano Narendra Modi il potere nella capitale del Paese. Il BJP ha sconfitto per la prima volta in 27 anni le opposizioni, dato che in passato la città era stata governata dal partito del Congresso e dall' Aam Aadmi Party .<br />Nota p. Savarimuthu, che è parroco nella chiesa di San Matteo , nell'Est del città e che ha dunque un rapporto diretto con la gente: "Il governo federale indiano, in mano al Primo ministro Narendra Modi e al suo partito nazionalista BJP , aveva un regno senza capitale, come un corpo senza testa perchè da 27 anni la regione di Delhi era amministrata dalle opposizioni. Ora la volontà del popolo - prosegue - è stata chiara. Ed era in qualche modo un risultato atteso dopo che, negli ultimi due anni, il leader dell'AAP, Arvind Kejriwal era stato arrestato insieme con altri due esponenti chiave del partito, con l'accusa di aver ricevuto tangenti". <br />"La vittoria del BJP - prosegue il portavoce - spinge le ambizioni e l'orgoglio dei nazionalisti. Il governo si dovrà misurare con la realtà complessa di una megalopoli di 32 milioni di abitanti. Staremo a vedere, quando si sarà formato l'esecutivo cittadino, quale sarà l'approccio scelto. Oggi direi che le urgenze sono soprattutto quella di garantire a tutti i cittadini i servizi sanitari ed educativi . La posizione dei cristiani è aspettare e vedere: il nostro auspicio è maggior attenzione ai poveri e alle periferie". <br />Un secondo aspetto cui la Chiesa cattolica riserva particolare considerazione - rileva il prete - "è quello di non alimentare la divisione nella società sulla base di linee di divisione comunitaria. Nella città e in tutta l'India c'è bisogno di pace sociale, di non di divisioni o discriminazioni su base religiosa, castale, etnica. Questo è un aspetto cui teniamo e che continueremo a promuovere con un approccio sempre costruttivo", conclude .<br /> Thu, 13 Feb 2025 10:42:12 +0100VATICANO/UDIENZA GENERALE - Papa Francesco: Dio non viene nella storia per scardinare le strutture del mondo ma per ricrearle dal di dentrohttps://fides.org/it/news/76021-VATICANO_UDIENZA_GENERALE_Papa_Francesco_Dio_non_viene_nella_storia_per_scardinare_le_strutture_del_mondo_ma_per_ricrearle_dal_di_dentrohttps://fides.org/it/news/76021-VATICANO_UDIENZA_GENERALE_Papa_Francesco_Dio_non_viene_nella_storia_per_scardinare_le_strutture_del_mondo_ma_per_ricrearle_dal_di_dentroCittà del Vaticano - L'evangelista Luca, nel raccontare la nascita di Gesù, "ci mostra l’umiltà di un Dio che viene nella storia e non scardina le strutture del mondo, ma vuole illuminarle e ricrearle dal di dentro". Queste le parole che Papa Francesco avrebbe dovuto pronunciare in mattinata durante l'Udienza generale del mercoledì. Ma, "a causa della bronchite", come detto da lui stesso, anche questa settimana il testo della catechesi è stato letto da don Pierluigi Giroli, officiale della Segreteria di Stato.<br /><br />Una meditazione inserita nel ciclo di catechesi dedicate all'Anno Santo e tutta incentrata sulla nascita di Gesù, con ampie citazioni tratte dal libro "L'infanzia di Gesù" di Benedetto XVI . <br /><br />Il Figlio di Dio, ha fatto notare il Pontefice, "entra nella storia facendosi nostro compagno di viaggio e inizia a viaggiare quando è ancora nel grembo materno. Appena concepito andò da Nazaret fino alla casa di Zaccaria ed Elisabetta; e poi, a gravidanza ormai compiuta, da Nazaret a Betlemme per il censimento. Il Messia tanto atteso si lascia censire, cioè contare e registrare, come un qualunque cittadino. Si sottomette al decreto di un imperatore, Cesare Augusto, che pensa di essere il padrone di tutta la terra".<br /><br />Citando questo dato, l'evangelista "colloca la nascita di Gesù in «un tempo esattamente databile» e in «un ambiente geografico esattamente indicato», così che «l’universale e il concreto si toccano a vicenda»". Tuttavia, "Gesù nasce in un modo del tutto inedito per un re. Il Figlio di Dio non nasce in un palazzo reale, ma nel retro di una casa, nello spazio dove stanno gli animali". <br /><br />L'autore del Vangelo "ci mostra così che Dio non viene nel mondo con proclami altisonanti, non si manifesta nel clamore, ma inizia il suo viaggio nell’umiltà". E "i primi testimoni di questo avvenimento" sono "alcuni pastori", uomini che "vivono ai margini della società". Eppure, ha fatto notare il Pontefice, "essi praticano il mestiere con cui Dio stesso si fa conoscere al suo popolo ". Proprio loro vengono scelti da Dio "come destinatari della più bella notizia mai risuonata nella storia".<br /><br />Loro sono i primi ad apprendere "che in un luogo umilissimo, riservato agli animali, nasce il Messia tanto atteso e nasce per loro, per essere il loro Salvatore, il loro Pastore. Una notizia che apre i loro cuori alla meraviglia, alla lode e all’annuncio gioioso", divenendo così "primi testimoni dell’essenziale, cioè della salvezza che viene donata".<br /><br />Al termine della catechesi e dei saluti nelle altre lingue, il Papa ha ripreso il microfono solo per i saluti in lingua spagnola e italiana, pronunciando a braccio l'ennesimo appello per la pace: "Penso a tanti Paesi che sono in guerra. Sorelle, fratelli, preghiamo per la pace, facciamo del nostro tutto per la pace. Non dimenticatevi che la guerra è una sconfitta, sempre”.<br /><br />"Noi non siamo nati per uccidere ma per far crescere i popoli. Che si trovino cammini di pace. Per favore, nella vostra preghiera quotidiana chiedete la pace per la martoriata Ucraina, quanto soffre! Poi pensate alla Palestina, a Israele, al Myanmar, al Nord Kivu, al Sud Sudan, a tanti Paesi in guerra. Per favore, preghiamo per la pace, facciamo penitenza per la pace”, ha concluso. <br />Wed, 12 Feb 2025 12:14:25 +0100AFRICA/CONGO RD - L’M23 avanza nel Sud Kivu; nel mirino l’aeroporto che serve Bukavuhttps://fides.org/it/news/76020-AFRICA_CONGO_RD_L_M23_avanza_nel_Sud_Kivu_nel_mirino_l_aeroporto_che_serve_Bukavuhttps://fides.org/it/news/76020-AFRICA_CONGO_RD_L_M23_avanza_nel_Sud_Kivu_nel_mirino_l_aeroporto_che_serve_BukavuKinshasa – “La tregua proclamata nei giorni scorsi è saltata. In realtà è servita all’M23 e all’esercito ruandese di far riposare le proprie truppe e di rifornirle in armi, munizioni e vettovaglie per poi proseguire la loro avanzata verso sud” dice all’Agenzia Fides una fonte della Chiesa locale da Bukavu, capoluogo del Sud Kivu, nell’est della Repubblica Democratica del Congo .<br />Il 3 febbraio, l’M23, il movimento di guerriglia che a fine gennaio ha catturato Goma, il capoluogo del Nord Kivu, aveva proclamato una tregua “per motivi umanitari”, entrata in vigore il 4 febbraio . <br />“L’M23 ha ripreso ad avanzare nel sud Kivu attaccando il villaggio di Ihusi” dice la fonte di Fides. “Attualmente ruandesi e guerriglieri dell’M23 si trovano a circa 60 km dal centro di Bukavu. Probabilmente il loro obiettivo è molto più vicino; si tratta dell’aeroporto di Kavumu che si trova a circa una trentina di km dalla città e che è strategico per alimentare in uomini e mezzi le truppe dell’esercito congolese ” sottolineano le nostre fonti che riferiscono che “comunque la situazione i città è calma. Gli operatori stranieri che lavoravano per le diverse ONG e agenzie internazionali se ne sono andati. Rimangono al loro posto missionari e missionarie oltre al clero locale”. <br />Rimane quindi incertezza se l’avanzata dell’M23 si fermerà all’aeroporto di Kavumu oppure proseguirà fino a investire il capoluogo del Sud Kivu. “Bukavu è difesa oltre che da soldati e miliziani congolesi, dai militari dell’esercito del Burundi che ha dispiegato nell’area 16 battaglioni pari a circa 12.000 uomini. Si tratto di soldati che appaiono meglio equipaggiati dei loro omologhi congolesi, che spesso affermano che non hanno neppure cibo sufficiente” commenta nostra fonte. <br />Sul piano diplomatico la crisi nell’est della RDC sarà discussa al vertice dell’Unione Africana che si tiene questo fine settimana ad Addis Abeba .<br />“Molte promesse molte parole ma di concreto non c’è niente. Si minacciano sanzioni contro il Ruanda ma non sembrano che al momento si sia fatto qualcosa di concreto per metterle in pratica” commenta la fonte di Fides.<br />Nel frattempo a Goma continua il dramma di centinaia di migliaia di sfollati che sono stati costretti a lasciare i campi di accoglienza perché secondo l’M23 “sono state ristabilite le condizioni di sicurezza”. <br />“Si tratta di una mossa politica per dimostrare che i “nuovi padroni” della zona controllano la situazione” dice la nostra fonte. Ma migliaia di persone si trovano a dovere ritornare in villaggi che in diversi casi si trovano a 30-40 km da Goma, senza la garanzia di potere ritrovare la loro casa e le condizioni minime per vivere in modo decente. Molti di loro restano in città in alloggi di fortuna o accolti da amici e parenti”. <br /><br />Wed, 12 Feb 2025 11:07:09 +0100