Fides News - Italianhttps://fides.org/Le notizie dell'Agenzia FidesitI contenuti del sito sono pubblicati con Licenza Creative Commons.ASIA/SIRIA - Jacques Mourad, Arcivescovo di Homs: Vogliono far finire la grande storia dei cristiani di Aleppohttps://fides.org/it/news/75751-ASIA_SIRIA_Jacques_Mourad_Arcivescovo_di_Homs_Vogliono_far_finire_la_grande_storia_dei_cristiani_di_Aleppohttps://fides.org/it/news/75751-ASIA_SIRIA_Jacques_Mourad_Arcivescovo_di_Homs_Vogliono_far_finire_la_grande_storia_dei_cristiani_di_Aleppodi Gianni Valente<br /><br />Homs – “Siamo veramente stanchi. Siamo veramente sfiniti, e siamo anche finiti, in tutti i sensi”. Le parole di padre Jacques, come sempre, vibrano della sua fede e della sua storia. <br />Jacques Mourad, monaco della Comunità di Deir Mar Musa, dal 3 marzo 2023 è Arcivescovo siro cattolico di Homs, la città dove continuano a arrivare i profughi in fuga da Aleppo, tornata in mano ai gruppi armati dei “ribelli” jihadisti. Lui ad Aleppo c’è nato, li ha alcuni tra i ricordi e i compagni di destino più cari. Lui, figlio spirituale di padre Paolo Dall’Oglio nel maggio 2015 era stato sequestrato da un commando di jihadisti e aveva vissuto lunghi mesi di prigionia, dapprima in isolamento e poi insieme a più di 150 cristiani di Quaryatayn, presi anche loro in ostaggio nei territori allora conquistati da Daesh. Anche per questo padre Jacques sa cosa dice, quando ripete che “non possiamo sopportare tutta questa sofferenza delle genti che arrivano qui distrutte, dopo 25 ore di strada. Assetati, affamati, infreddoliti, senza più niente”. Il racconto che condivide con l'Agenzia Fides è come sempre una testimonianza di fede. Una fede che domanda “perché tutto questo, perché dobbiamo sopportare questa sofferenza”, E intanto si muove con sollecitudine operosa, verso le vite che fuggono da Aleppo di nuovo straziata. <br /><br />“La situazione a Homs” racconta padre Jacques “è pericolosa. Tanti profughi di Aleppo, anche cristiani, sono arrivati da noi nei primi giorni dopo l’assalto dei gruppi armati, passando per la strada vecchia. Non eravamo pronti per tutto questo, abbiamo fatto subito un incontro tra i Vescovi e abbiamo organizzato due punti di accoglienza con l’aiuto dei Gesuiti e anche contando sulla disponibilità di sostegno espressa da Œuvre d’Orient e da Aiuto alla Chiesa che Soffre. Per aiutare i profughi serve cibo, materassi, coperte e diesel”.<br /> <br />La carità operosa si coniuga con un giudizio lucido e incalzante su quello che sta succedendo. “E’ una sofferenza immensa, i siriani sono sconvolti per quello che è stato fatto. Chi e come ha deciso di fare questa azione dei gruppi armati, quando tutti conosciamo quello che abbiamo visto per anni, quello che accade quando un gruppo armato entra in un paese, e subito la reazione del governo e dei russi è quella di bombardare le città e i villaggi occupati… Perché fanno questo strazio di Aleppo? Perché vogliono distruggere questa città storica, simbolica, importante per tutto il mondo? Perché il popolo siriano deve pagare ancora, dopo 14 anni di sofferenza, di miseria, di morte? Perché siamo così abbandonati in questo mondo, in questa ingiustizia insopportabile?”<br /><br />L’Arcivescovo di Homs dei siri cattolici non ha remore a chiamare in causa “la responsabilità delle potenze straniere, America, Russia, Europa… Hanno tutti responsabilità diretta di quello che è successo a Aleppo”. Un “crimine” prosegue padre Jacques “che è un pericolo per tutta l’area, per Hama, per la regione di Jazira”, e dove la “responsabilità diretta non ricade solo sul regime o sui gruppi armati ribelli, ma sulla Comunità internazionale”, e sui “giochi politici che tutti stanno facendo in quest’area”. <br /><br />Padre Jacques, che nella sua diocesi stava lavorando a rilanciare i corsi di catechismo dei bambini e dei ragazzi come punto reale di ripartenza per le comunità cristiane dopo gli anni di dolore della guerra, ha ben presente i sentimenti che ora cominciano a attraversare i cuori di tanti fratelli e sorelle nella fede: “Dopo l’azione di questi gruppi armati” dice all’Agenzia Fides “i cristiani di Aleppo saranno convinti che non si può rimanere a Aleppo. Che per loro è finita. Che non hanno più una ragione per rimanere. Questa cosa che si sta facendo a Aleppo è per far finire la storia ricca, grande e unica dei cristiani di Aleppo”. .Tue, 03 Dec 2024 14:00:47 +0100ASIA/MYANMAR - Rinuncia e nomina del Vescovo di Pyayhttps://fides.org/it/news/75750-ASIA_MYANMAR_Rinuncia_e_nomina_del_Vescovo_di_Pyayhttps://fides.org/it/news/75750-ASIA_MYANMAR_Rinuncia_e_nomina_del_Vescovo_di_PyayCittà del Vaticano - Papa Francescoha accettato la rinuncia al governo pastorale della Diocesi di Pyay , presentata da S.E. Mons. Alexander Pyone Cho. Il Pontefice ha nominato Vescovo della medesima Diocesi il Rev. Sac. Peter Tin Wai, del clero della Diocesi Pyay, finora Parroco della St. John the Baptist Catholic, Kyaukpyu.<br /><br />S.E. Mons. Peter Tin Wai è nato il 2 luglio 1965 a Natshinchaung. Ha studiato Filosofia presso il Seminario Maggiore di Pyin Oo Lwin e Teologia presso il Seminario Maggiore di Yangon. È stato ordinato sacerdote il 21 marzo 1999 per il clero di Pyay.<br /><br />Ha ricoperto i seguenti incarichi e svolto ulteriori studi: Vicario Parrocchiale di Sacred Heart, Rakhine ; Licenza in Teologia Morale presso la Pontificia Accademia Alfonsiana a Roma ; Parroco di St. Mary’s, Natshinchaung, Minbya Township ; Professore di Teologia Morale presso l’Istituto di Teologia del Seminario Maggiore St. Joseph, Yangon ; Rettore del Seminario Minore St. Paul, Pyay ; Cancelliere Diocesano di Pyay ; dal 2017, Parroco di St. John the Baptist Catholic, Kyaukpyu. Tue, 03 Dec 2024 12:52:43 +0100ASIA/INDIA - Festa di San Francesco Saverio, il Cardinale Tagle a Goa: I veri messaggeri di Dio non pubblicizzano se stessi e non “creano” il loro messaggiohttps://fides.org/it/news/75749-ASIA_INDIA_Festa_di_San_Francesco_Saverio_il_Cardinale_Tagle_a_Goa_I_veri_messaggeri_di_Dio_non_pubblicizzano_se_stessi_e_non_creano_il_loro_messaggiohttps://fides.org/it/news/75749-ASIA_INDIA_Festa_di_San_Francesco_Saverio_il_Cardinale_Tagle_a_Goa_I_veri_messaggeri_di_Dio_non_pubblicizzano_se_stessi_e_non_creano_il_loro_messaggioGoa – “I veri messaggeri di Dio si rallegrano di non essere gli unici ad essere stati chiamati: hanno compagni, non concorrenti, nel cammino”. Nel giorno in cui la Chiesa universale commemora San Francesco Saverio, Patrono delle missioni cattoliche, il cardinal Luis Antonio Gokim Tagle, Pro-Prefetto del Dicastero per l'Evangelizzazione nella città vecchia di Goa celebrare messa nella Cattedrale dove, da oltre una settimana, è in corso l’ostensione del corpo del grande missionario gesuita.<br /><br />L’evento, che si ripete ogni dieci anni, ed è caratterizzato da una solenne processione con le spoglie del Santo , traslate nella Cattedrale di Goa. <br /><br />“L'esposizione delle sue sacre reliquie aggiunge un significato speciale alla celebrazione di quest'anno del grande santo”, sottolinea il Cardinale Tagle durante la solenne celebrazione eucaristica. L’ostensione del corpo San Francesco Saverio, "in carne e ossa, sembra ora ricordarci: siamo messaggeri della Buona Novella”. Ed è proprio su questi due termini – messaggeri e Buona Novella - che il Pro-Prefetto del Dicastero missionario ha intessuto le considerazioni della sua omelia.<br /><br />“Nella nostra vita quotidiana, un messaggero è colui che porta un messaggio o svolge una commissione per un superiore o per qualcuno che lo ha assunto per quel compito”. E così è anche nella Bibbia, dove “gli angeli, i profeti e gli apostoli sono esempi fulgidi di messaggeri di Dio”. Gesù stesso, ha fatto notare il Cardinale, “è il messaggero supremo del Padre”. <br /><br />Tutti i messaggeri biblici, ha proseguito il Cardinale prendendo come esempi il Profeta Geremia e l’Apostolo Paolo, “sono chiamati a trasmettere il messaggio di Dio agli altri e alle nazioni”. Per loro “tutto inizia con la chiamata benevola di Dio”. Geremia “fu sopraffatto dalla chiamata di Dio e protestò, invocando la sua giovinezza come limitazione. Non disse: Grazie per aver scelto me e non gli altri, sono veramente il migliore. Anche San Paolo ammise di essere il più piccolo di tutti i santi, poiché in passato perseguitava la Chiesa, ma fu comunque chiamato”. <br /><br />I messaggeri chiamati da Dio – ha voluto rimarcare il Cardinale Filippino – “vedono la loro piccolezza davanti alla grandezza del Signore che chiama e alla grandezza della missione”. Essi “non si presentano, promuovono o pubblicizzano se stessi, né cercano di essere scelti, né creano il proprio messaggio. I veri messaggeri sono sorpresi di essere stati notati da Dio, rimangono umili mantenendo uno stile di vita semplice e un atteggiamento mite. I veri messaggeri affrontano rifiuti, minacce e persecuzioni”. Sono “come colombe, non come lupi, perché dipendono dalla bontà di Dio. I veri messaggeri si rallegrano di non essere gli unici ad essere stati chiamati da Gesù: hanno compagni, non concorrenti, nel cammino”.<br /><br />Nella storia, invece, fa notare Tagle, “anche ai nostri giorni, abbiamo assistito e assistiamo all'esistenza di falsi messaggeri”, persone che “pretendono di essere dèi, portando disastri alla società” poiché animati “dai falsi dèi della superiorità, dell'ambizione, dell'avidità, della discriminazione, dell'ingiustizia, dell'indifferenza e della violenza”. <br /><br />Il Pro-Prefetto del Dicastero per l’Evangelizzazione. passando a descrivere che cosa è la Buona Novella, seconda realtà al centro della sua riflessione, ha citato nuovamente San Paolo, secondo il quale “la Buona Novella è il mistero di Cristo, ‘che non è stato rivelato agli esseri umani in altre generazioni come ora è stato rivelato ai suoi santi apostoli e profeti per mezzo dello Spirito, che i gentili sono co-eredi, membri dello stesso corpo e co-partecipi della promessa in Cristo Gesù mediante il Vangelo’”. La Buona Novella, dunque, “è che Dio offre il Suo Regno attraverso Gesù nello Spirito Santo. Dove Dio regna, i muri e le barriere che separano le persone l'uno dall'altro vengono abbattuti. Coloro che permettono a Gesù di regnare nei loro cuori non vedranno più gli altri come estranei, minacce e nemici, ma come fratelli e sorelle”.<br /><br />La Buona Novella, ha rimarcato il Cardinale Tagle, “non è una promessa vuota, un sogno irraggiungibile. La Buona Novella è Gesù” che oggi “ci chiama a essere i Suoi messaggeri”. E per esserlo Tagle invita a guardare a San Francesco Saverio “come ispirazione e modello”. <br /><br />“Inizialmente – ha ricordato il Pro-Prefetto del Dicastero missionario – Francesco Saverio “era scettico riguardo a Ignazio di Loyola e alla sua visione” ma poi “divenne uno dei primi compagni di Ignazio e cofondatore della Compagnia di Gesù. Non era il primo scelto da Ignazio per essere inviato nelle Indie Orientali. Ma quando il piano originale non si concretizzò, Ignazio acconsentì a malincuore che Francesco ne prendesse il posto”. Del resto, “Dio può chiamare anche le seconde scelte”. <br /><br />Giunto in Asia Francesco Saverio “proclamò il Vangelo con zelo in mezzo alle difficoltà, portando solo i libri essenziali per la preghiera e il catechismo. Non fu l'ambizione né la conquista che gli diedero energia. Fu l'amore per Gesù che lo aveva amato per primo. Solo l'amore, questo è tutto ciò che contava. Il messaggio diede coraggio al messaggero. Il messaggero incarnò il messaggio”, ha concluso il Cardinale Tagle. <br /><br />Alla vigilia della festa di San Francesco di Sales, il Pro-Prefetto dei Dicastero per l'Evangelizzazione ha partecipato all'inaugurazione Meeting of the International Societies of Apostolic Life a Pilar , evento che si svolge ogni due anni e che quest'anno è ospitato dalla Società Missionaria di San Francesco Saverio, conosciuta anche come Società del Pilar, fondata a Goa nel 1887 dal padre Bento Martins. All'evento, che si svolgerà fino 6 dicembre 2024 e che ha come tema "Camminare insieme: incontrare nuove frontiere", stanno partecipando delegati provenienti da ogni parte del mondo in rappresentanza di 29 Istituti di vita apostolica.<br /><br />Nel suo discorso, il cardinale Tagle ha parlato del concetto di "frontiera" in relazione all'evangelizzazione. Frontiera, ha detto, non è solo "un confine fisico" ma spesso è anche "un insieme di dimensioni civili, storiche, culturali ed etniche". Per il Pro-Prefetto del Dicastero per l'Evangelizzazione, è "necessario essere consapevoli di queste frontiere" per dare "una vera testimonianza delle frontiere universali dell'amore cristiano". <br />Tue, 03 Dec 2024 11:34:44 +0100ASIA/CAMBOGIA - Il "Cristo mutilato" di Battambang, che abbraccia il dolore dei disabili di guerrahttps://fides.org/it/news/75748-ASIA_CAMBOGIA_Il_Cristo_mutilato_di_Battambang_che_abbraccia_il_dolore_dei_disabili_di_guerrahttps://fides.org/it/news/75748-ASIA_CAMBOGIA_Il_Cristo_mutilato_di_Battambang_che_abbraccia_il_dolore_dei_disabili_di_guerraBattambang - "Ci sono molti disabili in Cambogia: molti sono vittime della guerra civile e delle mine antiuomo disseminate sul territorio cambogiano. Nel mio cammino ho avuto una ispirazione dal Signore: in un casa di ritiro per esercizi spirituali in Portogallo ho visto l'immagine di un Cristo mutilato. Da allora quella immagine è divenuta ma mia croce pettorale", racconta all'Agenzia Fides il gesuita Enrique Figaredo Alvargonzález, Prefetto Apostolico di Battambang, missionario da 40 anni in terra cambogiana, in occasione della Giornata internazionale delle persone con disabilità, che si celebra oggi, 3 dicembre. Indetta dalle Nazioni Unite dal 1981, la Giornata intende aumentare la consapevolezza e la comprensione dei problemi connessi alla disabilità e l'impegno per garantire dignità, diritti, opportunità e benessere delle persone con disabilità.<br />Il Prefetto Apostolico spiega tre significati profondi del "Cristo mutilato" che "danno motivazione, luce e gioia alle persone disabili": "Il primo significato: a Cristo manca una gamba, come accade ai tanti disabili in Cambogia. Gesù, nostro Signore, si identifica con le loro sofferenza, è come loro ed è con loro, vive la loro stessa sofferenza per redimerla. La gente può dire: Gesù è uno di noi, non siamo soli, Gesù soffre con noi. Il secondo significato: con le loro sofferenze, i disabili sono uniti alla sofferenza di Cristo per la salvezza del mondo. Vedono e comprendono un senso nel loro soffrire, e questo dona una luce nuova. Si uniscono a Cristo che soffre in tutti i poveri e in tutte le ingiustizie del mondo: sono accanto a Lui e con Lui offrono le loro sofferenze per la salvezza dell'umanità". Il terzo significato, prosegue, "è che il Corpo mistico del Signore è incompleto: nel corpo mistico di Cristo noi siamo le membra, mani, braccia, gambe, ma qualcosa manca; manca una gamba a causa della non-conoscenza e della non-accoglienza dell’amore di Dio. Il Signore è rifiutato da tanta umanità. La nostra missione è essere la parte che manca: questa è una missione che Cristo mutilato ci consegna, siamo chianti a completare il corpo mistico di Cristo per l'umanità. E', allora, un Cristo missionario, come dico sempre durante la messa. Noi siamo il Corpo di Cristo. Noi siamo chiamati a esprimere ed essere quello che manca per la pienezza del Corpo mistico, a renderlo completo. Questa missione accompagna e dà gioia anche alla vita dei disabili"<br /> Tue, 03 Dec 2024 10:39:29 +0100ASIA/IRAN - Francescano, astronomo, Cardinale un po’ per caso. Chi è Dominique Joseph Mathieu, primo porporato in terra iranianahttps://fides.org/it/news/75747-ASIA_IRAN_Francescano_astronomo_Cardinale_un_po_per_caso_Chi_e_Dominique_Joseph_Mathieu_primo_porporato_in_terra_iranianahttps://fides.org/it/news/75747-ASIA_IRAN_Francescano_astronomo_Cardinale_un_po_per_caso_Chi_e_Dominique_Joseph_Mathieu_primo_porporato_in_terra_iranianadi Gianni Valente<br /> <br />Papa Francesco lo ha chiamato a guidare l’antica sede episcopale di Ispahan, eretta già nel 1629, dopo averle cambiato il nome in Arcidiocesi di Teheran- Ispahan dei Latini. Poi ha deciso di crearlo Cardinale, nel Concistoro di sabato 7 dicembre. <br />Padre Dominique Joseph Mathieu, 61 anni, Francescano Conventuale, sarà per sempre il primo Cardinale titolare di una sede episcopale in terra iraniana. Non vanta “titoli” specifici che lo abbiano in qualche modo predestinato a tale incarico. Non ha studiato e non si è preparato tutta la vita in vista di assumere quella singolare missione, così delicata. <br />Eppure, se adesso si guarda indietro, tutto si ricompone e si riallinea, nella sua vita piena di cose. Nel flusso dei ricordi, dettagli a prima vista secondari gli appaiono adesso come snodi chiave del percorso. E ogni passo – confida oggi - «sembra avermi preparato in qualche modo alla condizione che sto vivendo adesso».<br /><br />ABBAZIE, MONASTERI E TERRE DI CONFINE<br />Dominique Joseph nasce a Arlon, nel Belgio francofono, e cresce nella fiamminga Bruges, la “Venezia del Nord”. Delle terre della sua infanzia e adolescenza ricorda anche i Monasteri e le grandi Abbazie, come quelle di Orval e Zevenkerken, visitate spesso con la famiglia. E fa i conti da subito con i crinali invisibili, linguistici e culturali, che dividono anche genti e ceti posti dalla storia a condividere lo stesso angolo di mondo. <br />La domenica, a Bruges, Dominique serve messa da chierichetto fino a 20 anni, anche in cattedrale. Partecipa alla messa quotidiana, insieme a qualche compagno di scuola. All’inizio sono una decina, e alla fine dei suoi corsi ne sono rimasti un paio. A un certo punto, per mancanza di partecipanti, la messa non si fa più. «Avevo 13 o 14 anni» ricorda oggi l’Arcivescovo Mathieu «e sono andato dal direttore della scuola per chiedere se si poteva ripristinare la celebrazione quotidiana. Il sacerdote tornava apposta nel pomeriggio, quando erano finite le lezioni, per celebrare una messa apposta per gli studenti. Ha fatto così per diversi anni, e spesso l’unico presente alla messa ero io. Questa cosa, quando ci penso, mi colpisce ancora adesso. È stata una testimonianza fortissima. Ora capita anche a me di celebrare da solo. E allora ripenso a quel prete, che per tanti anni ha celebrato messa solo per una persona, e lo ha fatto per me. Ripeto a me stesso che né io né lui abbiamo mai celebrato da soli, perché si celebra sempre la messa in comunione con tutta la Chiesa universale. E questa è la Chiesa»<br /><br />GESU’ E LE STELLE <br />A Bruges, già da giovanissimo, il futuro Arcivescovo di Teheran intreccia il suo cammino cristiano con la passione per l’astronomia. Il suo primo cannocchiale arriva quando ha 12 anni. Di notte scruta cielo e stelle. «Ma erano come due parallele che procedevano separate. Fino al giorno in cui ho percepito che anche scrutando lo spazio ero pieno di stupore e gratitudine per le meraviglie di Dio». <br /> Da quando è Vescovo, padre Mathieu ha messo un po’ da parte l’astronomia. Troppo poco tempo, e troppo complicato portare con sé gli strumenti per guardare e fotografare le stelle. Ma lo sorprende il destino di vivere oggi nella terra dove antichi sacerdoti scrutavano il cielo dall’alto degli Ziggurat. E per i battezzati che ora sono con lui, mette a frutto l’altra sua passione, la gastronomia, preparando dolci e cose buone da mangiare.<br /><br /><br />L’ORDITO FRANCESCANO<br />«Sono nato il 13 giugno, nel giorno di Sant’Antonio di Padova» rimarca padre Dominique. E per lui è solo il primo accento con cui il Santo di Assisi a voluto attirare la sua vocazione verso la grande famiglia dei figli di San Francesco. Monasteri, incontri con storie e epopee francescane, come quella dei Frati Cappuccini che a Arlon, la sua città natale, e in altri posti sceglievano di abitare sulle colline per vegliare e lanciare l’allarme in caso di incendi. Nella stanza della casa del nonno, trova i libri di un lontano parente che era stato missionario Cappuccino in Congo. «Leggevo con passione le storie degli Oblati di Maria Immacolata in Canada, e quelle dei missionari Gesuiti in Cina. Ma il libro che mi colpì di più fu un vecchio volume su San Francesco, con le pagine ingiallite». Un padre di origine olandese gli fa arrivare materiale informativo sul Francescano Conventuale Massimiliano Kolbe, martirizzato dai nazisti. Così, a 16 anni, Dominique trascorre la Settimana Santa nel Convento dei Francescani Conventuali di Lovanio. <br />Sono gli anni seguiti al Concilio Vaticano II, quando anche la vita religiosa sta cercando una nuova identità. Ci sono anche tensioni e dialettiche accese. «In refettorio mi capitò di vedere padri che litigavano tra loro, e questo non mi scandalizzò, anzi: voleva dire che eravamo con i piedi per terra, e i padri si mostravano per quello che erano, non volevano offrire di sé e della vita in convento un’immagine edulcorata». <br /> Quando entra in comunità, padre Mathieu sceglie proprio i Francescani Conventuali. Nel periodo di formazione trascorso in Belgio, non mancano problemi. Nelle Fiandre di allora si avverte la crescente ostilità verso i fiamminghi di lingua francofona, identificati come una aristocrazia che in passato aveva fatto soffrire gli altri conterranei. «Col tempo» aggiunge l’Arcivescovo di Teheran «mi sono riconciliato anche con quel periodo pieno di tensioni, che mi ha aiutato a prendere atto delle diversità e anche delle conflittualità senza coltivare pregiudizi verso i popoli e le culture».<br />Dominique Joseph è il primogenito maschio con due sorelle femmine. «I miei genitori mi dicevano che erano felici della mia vocazione, non mi hanno mai bloccato, ma mi ripetevano: se vedi che le cose non vanno, ricordati che puoi sempre tornare a casa. Questo all’inizio mi disturbava un poco. Poi ho compreso che il segno più grande del loro amore era proprio quel lasciare sempre aperta la loro porta».<br /><br />Dopo il Noviziato in Germania, del periodo di studio vissuto a Roma padre Dominique ricorda anche il tempo trascorso nel carcere di Regina Coeli, dove era Cappellano il suo confratello Vittorio Trani, da 50 anni grande testimone della missione tra i carcerati. «C’erano diversi detenuti musulmani» ricorda l’Arcivescovo Mathieu «e volevamo fare qualcosa per permettere loro di avere un luogo per pregare in prigione. Era un problema nuovo. Trovammo i tappetini e il Corano offerto dalla Moschea degli etiopi. Funzionò per qualche settimana, poi iniziarono i litigi. Chi doveva gestire logisticamente l’iniziativa allora non conosceva bene la differenza tra sciiti e sunniti…. Tornando in Belgio, anche lì mi interessai della pratica religiosa dei detenuti musulmani, ma lì il problema era affrontato da tempo, tutto era già rigorosamente regolato, e noi cristiani non potevamo nemmeno avere contatti coi musulmani per aiutarli. Fu allora che andai a studiare arabo letterario nella Moschea…». <br /><br />LA MISSIONE AL TEMPO DELLA SECOLARIZZAZIONE<br /><br />Ordinato sacerdote, padre Mathieu torna in Belgio e vive più di vent’anni la connotazione missionaria della sua vocazione religiosa in terre di secolarizzazione, dove si avverte forte la «deforestazione della memoria cristiana», come diceva il Cardinale belga Godfried Danneels. Oggi ricorda: «Da tempo non c’erano state vocazioni, e c’era un grande divario tra me e la generazione prima di me. In quella situazione, sapevo che non avrei mai ricevuto incitamenti a partire in missione. La missione era lì». <br />Si tratta di accettare la realtà delle cose. Le circostanze date. Padre Dominique diventa Vicario provinciale, e poi Provinciale, mentre il numero dei Frati diminuisce. Si susseguono accorpamenti, spostamenti, chiusure di case religiose. Si decide di concentrare i Francescani Conventuali nella casa di Bruxelles, dove loro hanno il convento immerso nei quartieri dell’immigrazione. Per non chiudere la Provincia belga, si chiede il sostegno delle altre Provincie conventuali in Europa. «Cercavamo le strade per operare facendo i conti con le conseguenze della secolarizzazione e della globalizzazione». Intorno a Padre Dominique si aggregano laici e laiche. Una comunità che già allora «mostrava di avere bisogno della sua libertà» per continuare a crescere lungo il cammino. <br /> <br />LA SORPRESA LIBANESE<br /> <br />Nel 1993, il futuro Arcivescovo di Teheran compie un viaggio in Libano per l'ordinazione sacerdotale di César Essayan, suo compagno di studio, attuale Vicario apostolico di Beirut per i cattolici di rito latino. Dopo la guerra civile, Beirut è ancora piena di macerie, carri armati dovunque. Eppure lo colpisce la forza di ripartire dei più poveri, rimasti nel Paese a soffrire tutto il dolore senza poter espatriare, e la fede del popolo che incontra nei santuari. Dieci anni dopo, e dopo il lungo tempo di lavoro pesante in Belgio, la sua vita volta pagina, quando lui si rende disponibile per andare proprio nel Paese dei Cedri. «Nel mio viaggio del 1993 avevo visto che in Libano c'era un potenziale di giovani da accompagnare nella loro crescita. A Beirut, mi sono ritrovato a operare in una parrocchia francofona, dove potevo immediatamente coinvolgermi nelle opere pastorali». In Libano assume anche l’incarico di Maestro dei novizi. E vive la gioia di poter riprendere i ritmi propri della vita comunitaria, a cui aveva dovuto rinunciare negli anni della missione in Belgio.<br /> In Libano è testimone delle tensioni tra il Paese in particolare Hezbollah-Amal, e Israele . Sempre in Libano, per la prima volta viene a sapere che nei Palazzi Vaticani si comincia a valutare la possibilità di chiedere a un francescano di andare come Vescovo in Iran.<br /><br />UN NOME PER L’IRAN<br />Nel 2019, il Generale dei Francescani Conventuali chiede a padre Mathieu di tornare a Roma, nella Curia generalizia presso la Basilica dei Santi XII Apostoli, come Assistente generale. <br />In quegli anni, dopo che in Iran è venuta meno tra il 2015 e il 2018 una esigua presenza di religiosi di rito latino, la proposta della Santa Sede ai Francescani Conventuali di indicare uno dei Frati da inviare in Iran rimane sul tavolo, finché il Padre generale dei Conventuali gli comunica di avere fatto il suo nome per rispondere alle sollecitazioni della Santa Sede. Ma sono i primi mesi della pandemia da Covid 19, e padre Dominique Joseph viene colpito dall’infezione polmonare in forma grave. Oggi racconta: «Avevo con me una reliquia di San Charbel portata dal Libano. Mi sono detto: se muoio e il Signore mi accoglie, non avrò più da pensare a tutto questo. Quindi, in ogni caso, non sono io che decido».<br /> <br /> <br />Invece padre Joseph Dominique guarisce. Ancora malmesso, va alla Congregazione per le Chiesa orientali, dove i superiori lo ringraziano e gli comunicano che «il Santo Padre è molto contento» per la sua disponibilità ad andare in Iran. «A dire il vero» confida oggi l’Arcivescovo di Teheran - Isfahan «io non avevo comunicato ufficialmente nessuna accettazione da parte mia. Non avevo detto si, e non avevo detto no. C’era solo quel pensiero che avevo avuto mentre immaginavo di poter morire, e avevo messo ogni decisione nelle mani del Signore».<br /> <br />FUORI DAI CONFORMISMI <br />Dominique Joseph Mathieu viene nominato Arcivescovo di Teheran-Ispahan dei Latini l’8 gennaio 2023. Nella sua nuova avventura, percepisce che dietro di sé, a sostenerlo, c’è la fraternità dei Francescani Conventuali: «Spesso» riconosce padre Mathieu «quando si parla di Frati Minori Conventuali si dà più importanza alla “minorità” e alla povertà. In realtà dovremmo far battere l’accento anche sulla fraternità. Prima di tutto siamo una fraternità». A Teheran, adesso, non ha nessun sacerdote che lo affianchi nella sua opera pastorale. E a differenza delle Chiese cattoliche di altro rito, quella di rito latino non ha alcun riconoscimento legale e nessuno status giuridico definito. Anche per questo gli incontri con i funzionari dei dipartimenti governativi possono a volte diventare estenuanti. <br />Per costituire una associazione riconosciuta dal punto di vista giuridico servono almeno 15 iraniani cattolici latini, e adesso gli appartenenti alla comunità cattolica di rito latino presenti in Iran sono soprattutto stranieri, personale di Ambasciata, donne arrivate da Filippine, Corea e altri Paesi.<br />Per questo, oggi, padre Dominique Joseph si augura che il cardinalato ricevuto sia utile soprattutto a aprire porte e intensificare la sua considerazione da parte degli apparati iraniani, accrescendo relazioni e contatti anche attraverso i canali tra Iran e Santa Sede, sempre rimasti aperti dopo la rivoluzione khomeinista. <br />C’è una specifica continuità nei rapporti tra la Repubblica islamica d’Iran e la Santa Sede che resiste a tutte le campagne e propagande anti-iraniane dilaganti in Occidente. <br /> <br /> <br />«In tutta la mia vita» fa notare l’Arcivescovo di Teheran «ho imparato a vivere in situazioni di confine, a riconoscere le diversità e a liberarmi dagli stereotipi e dai luoghi comuni nel guardare persone e popoli. Sicuramente - prosegue padre Dominique - la popolazione in Iran è molto accogliente, e mi rendo conto che è un Paese pieno di contrasti, lontano dalle caricature in circolazione».<br /><br />LE PORTE CHIUSE POSSONO APRIRSI<br />In Iran i cattolici di rito latino sono davvero un piccolo gregge. Circa 2000 persone, di cui almeno 1300 vengono dalle Filippine. Realtà esigue, che aprono domande sul senso e l’orizzonte della missione, sulla scelta di custodire comunque una presenza e anche una diocesi in quella situazione. L’Arcivescovo di Teheran- Ispahan, non ha esitazioni. Racconta: «un mio confratello mi ha raccontato di una persona che prima di diventare cristiana aveva pregato per più di 10 anni davanti alla porta chiusa di una chiesa armena nel nord dell’Iran. Pregare davanti a una porta fa capire l’importanza di esserci. Una porta è una porta, anche se rimane chiusa, e prima o poi potrebbe aprirsi per mostrare l’amore di Cristo per tutti, con i gesti più che con le parole, come suggeriva San Francesco». <br /> Intanto, l’opera a cui dedicare tempo e energie è tutta racchiusa nelle dinamiche elementari della vita ecclesiale: le messe, il catechismo, la celebrazione dei sacramenti, le opere di carità. Le stesse dinamiche che nella ordinarietà dei giorni si vivevano e condividevano nei monasteri e nei beghinaggi del Belgio, tra i quali padre Dominique è cresciuto. <br />Tue, 03 Dec 2024 09:39:27 +0100AMERICA/NICARAGUA - Il Papa scrive al Popolo di Dio del Nicaragua: "Fede e speranza fanno miracoli"https://fides.org/it/news/75746-AMERICA_NICARAGUA_Il_Papa_scrive_al_Popolo_di_Dio_del_Nicaragua_Fede_e_speranza_fanno_miracolihttps://fides.org/it/news/75746-AMERICA_NICARAGUA_Il_Papa_scrive_al_Popolo_di_Dio_del_Nicaragua_Fede_e_speranza_fanno_miracoliCittà del Vaticano - "Abbiate la certezza che la fede e la speranza compiono miracoli". Lo scrive Papa Francesco in una lettera indirizzata al popolo di Dio in pellegrinaggio in Nicaragua in occasione della celebrazione della novena dell'Immacolata Concezione.<br /><br />Nella missiva, scritta e pubblicata in lingua spagnola, il Pontefice, consapevole della situazione che sta vivendo il Nicaragua, rivela che "da tempo" desiderava scrivere "una lettera pastorale per ribadire, ancora una volta, l'affetto che nutro per il popolo nicaraguense, che si è sempre distinto per un amore straordinario verso Dio". <br /><br />"Sono con voi, specialmente in questi giorni in cui state celebrando la novena dell'Immacolata Concezione", aggiunge il Vescovo di Roma ricordando che "la Provvidenza amorevole del Signore è l'unica guida sicura. Proprio nei momenti più difficili, quando umanamente diventa impossibile capire cosa Dio voglia da noi, siamo chiamati a non dubitare della sua cura e misericordia. La fiducia filiale che avete in Lui e la vostra fedeltà alla Chiesa sono i due grandi fari che illuminano la vostra esistenza".<br /><br />Il Papa invita tutti i nicaraguensi a guardare all'Immacolata, "testimonianza luminosa di questa fiducia. Voi avete sempre sperimentato il suo abbraccio materno in tutte le vostre necessità" e per questo, sottolinea il Pontefice "desidero che questa celebrazione dell'Immacolata vi procuri il respiro necessario nelle difficoltà, nelle incertezze e nelle privazioni. In questa festa non dimenticate di abbandonarvi tra le braccia di Gesù con la giaculatoria "Dios primero", che ripetete spesso".<br /><br />"Camminare insieme, sostenuti dalla tenera devozione a Maria, ci fa seguire con determinazione la via del Vangelo e ci porta a rinnovare la nostra fiducia in Dio", prosegue il Vescovo di Roma, sollecitando il popolo del Nicaragua a pregare il Rosario, i cui "misteri attraversano l'intimità del nostro cuore, là dove si rifugia la libertà delle figlie e dei figli di Dio, che nessuno può toglierci. Quante grazie riceviamo dal Rosario, è una preghiera potente".<br /><br />Infine, l'affidamento all'Immacolata Concezione, scelta come patrona del Nicaragua, e l'invito a pregare con la preghiera che lo stesso Pontefice ha composto in vista del Giubileo affinché il Signore "ci dia la pace e tutte le grazie di cui abbiamo bisogno". Mon, 02 Dec 2024 13:05:42 +0100AFRICA/GUINEA - Decine di morti in una calca causata da scontri tra tifosi per una partita di calciohttps://fides.org/it/news/75745-AFRICA_GUINEA_Decine_di_morti_in_una_calca_causata_da_scontri_tra_tifosi_per_una_partita_di_calciohttps://fides.org/it/news/75745-AFRICA_GUINEA_Decine_di_morti_in_una_calca_causata_da_scontri_tra_tifosi_per_una_partita_di_calcioConakry – “Ancora non abbiamo un bilancio esatto dei morti e dei feriti del dramma che si è avuto ieri allo stadio” dice all’Agenzia Fides Mons. Raphaël Balla Guilavogui, Vescovo di N’Zérékoré, Presidente della Conferenza Episcopale della Guinea.<br />Ieri, 1° dicembre, nello stadio di N’Zérékoré, nel sud-est della Repubblica di Guinea, decine di persone, secondo quanto riportato dalla stampa locale e internazionale, hanno perso la vita in una calca per cercare di fuggire dagli scontri tra opposte tifoserie. Mons. Raphaël Balla Guilavogui conferma le notizie riportate dagli organi di informazione. “Durate la partita tra la squadra Labe e N’Zérékoré gli animi si sono scaldati a seguito dell’arbitraggio considerato da una delle parti ingiusto. Le proteste hanno causato lo stop della partita per una ventina di minuti prima della ripresa. Mentre il punteggio era zero a zero, un gol segnato dalla squadra di Nzérékoré e contestato da Labé ha acceso la polvere sul fuoco. Mentre i giocatori si ribellavano all'arbitro, i tifosi cominciavano a lanciare pietre nello stadio. La polizia nel cercare di contenere la rabbia dei tifosi ha sparato dei lacrimogeni, provocando il panico tra gli spettatori che cercando di fuggire hanno provocato una calca nella quale diverse persone sono rimaste schiacciate”.<br />La partita era la finale di un torneo calcistico intitolato al generale Mamady Doumbouya, il capo della giunta militare che ha preso il potere nel settembre 2021 rovesciando il Presidente Alpha Condé. Nelle ultime settimane vi sono stati diversi tornei di questo tipo, visti come eventi a sostegno della possibile candidatura di Doumbouya alle prossime elezioni presidenziali. Elezioni che si sarebbero dovute tenere entro quest’anno e alle quali non avrebbero dovuto candidarsi i membri dell’attuale giunta militare. <br />Le elezioni sono ora previste per il prossimo anno, e Doumbouya appare intenzionato a candidarsi come Presidente. <br /><br />Mon, 02 Dec 2024 11:52:25 +0100ASIA/THAILANDIA - A Bangkok buddisti e cattolici commemorano insieme il cardinal Ayuso Guixothttps://fides.org/it/news/75744-ASIA_THAILANDIA_A_Bangkok_buddisti_e_cattolici_commemorano_insieme_il_cardinal_Ayuso_Guixothttps://fides.org/it/news/75744-ASIA_THAILANDIA_A_Bangkok_buddisti_e_cattolici_commemorano_insieme_il_cardinal_Ayuso_GuixotBangkok – Buddisti e cattolici riuniti insieme nel Tempio del Buddha sdraiato, uno dei templi più importanti di Bangkok, per ricordare il cardinal Miguel Ángel Ayuso Guixot, Prefetto del Dicastero per il dialogo interreligioso, scomparso all’età di 72 anni a Roma il 25 novembre a causa di un cancro.<br /><br />La cerimonia commemorativa, come riportano i media locali, si è tenuta ieri, domenica 1 dicembre, al Wat Phra Chetuphon Wimonmangklararm Ratchaworamahawihan, a testimonianza del contributo offerto dal Cardinale Ayuso Guixot al dialogo e alla crescita di relazioni fraterne tra le diverse comunità di fede. <br /><br />In molti ricordano la sua presenza e le sue parole durante il settimo colloquio buddista-cristiano, al quale partecipò anche Papa Francesco, svoltosi proprio in Thailandia nel novembre del 2022. In quell’occasione, che riunì oltre 150 delegati provenienti da tutto il pianeta, i leader buddisti thailandesi presentarono dei doni al Pontefice e al cardinal Ayuso con la promessa di un sostegno reciproco nell’affrontare le crisi globali nelle quali tutti gli esseri umani, indipendentemente dal loro credo, sono coinvolti, dai conflitti alla cura dell’ambiente. <br /><br />Sulla scia di quell’evento si è celebrata ieri una cerimonia divisa in due momenti. Prima l’abate di Wat Phra Chetuphon, Somdet Phra Maha Thirachan, ha guidato un momento di preghiera assieme a dieci monaci buddisti che hanno cantato litanie del loro rito celebrato per guidare il passaggio dell’anima. Successivamente il presidente della Conferenza Episcopale Cattolica della Thailandia, il vescovo Joseph Chusak Sirisut, ha celebrato una liturgia della Parola proclamando il brano del Vangelo di Giovanni dove si legge: "Se il chicco di grano caduto in terra non muore, rimane solo; se invece muore, produce molto frutto" , a voler ricordare l’eredità lasciata dal cardinal Ayuso Guixot.<br /><br />Il tutto è avvenuto in una sala dove al centro era stata posta la foto del cardinale con le offerte tipiche dei buddisti. Ai lati due “altari”: a sinistra quello cattolico, col crocifisso, due ceri, la Bibbia aperta e lo stemma con le chiavi incrociate e la tiara papale ricamato sulla tovaglia; a destra quello buddista, con fiori e ceri. Mon, 02 Dec 2024 11:49:18 +0100ASIA/CINA - Addio al missionario statunitense Lawrence J.Lewis, ricordato con “immensa gratitudine” dai suoi tanti allievi cinesihttps://fides.org/it/news/75743-ASIA_CINA_Addio_al_missionario_statunitense_Lawrence_J_Lewis_ricordato_con_immensa_gratitudine_dai_suoi_tanti_allievi_cinesihttps://fides.org/it/news/75743-ASIA_CINA_Addio_al_missionario_statunitense_Lawrence_J_Lewis_ricordato_con_immensa_gratitudine_dai_suoi_tanti_allievi_cinesiPechino – I suoi tanti allievi cinesi – sacerdoti, suore e laici – esprimono “immensa gratitudine e affetto” per Lawrence J. Lewis, missionario Maryknoll spentosi il 28 novembre a Syracuse all’età di 77 anni. Padre Lewis ha dedicato mezzo secolo di vita alla missione per la Chiesa cattolica in Cina, dedicandosi soprattutto alla formazione di sacerdoti, religiose e laici cinesi. era lui il Direttore del “Progetto Insegnanti e Formatori dei Seminari Cinese” sostenuto dalla Società di vita apostolica a cui lui apparteneva.<br /><br />I suoi ex allievi cinesi ricordano in un vibrante e commosso messaggio comune con profondo cordoglio il loro maestro Lewis.<br />Fondata il 29 giugno 1911 a Marynoll, negli Stati Uniti, già nel 1918 la Società dei Missionari di Maryknoll aveva inviato tre giovani membri insieme a uno dei fondatori, P. Thomas Frederick Price in Cina. Padre Price morì tragicamente poco dopo il suo arrivo, ma i suoi confratelli iniziarono la loro opera missionaria in terra cinese, che proseguì con l’invio di numerosi membri della Società di vita apostolica.<br /><br />Nel primo ventennio seguito all’apertura della Cina avvenuta negli anni Ottanta del Secolo scorso, attraverso il “Progetto Insegnanti e Formatori dei Seminari Cinesi,” diretto per molti anni da padre Lewis in collaborazione con le Chiese locali, sono stati formati un numero consistente di vescovi, sacerdoti, suore e laici, che oggi offrono un contributo prezioso all’opera apostolica della Chiesa in Cina.<br /> <br />Mon, 02 Dec 2024 11:32:13 +0100ASIA/INDIA - Testimonianza di fede dei giovani all'ostensione delle reliquie di san Francesco Saverio a Goahttps://fides.org/it/news/75742-ASIA_INDIA_Testimonianza_di_fede_dei_giovani_all_ostensione_delle_reliquie_di_san_Francesco_Saverio_a_Goahttps://fides.org/it/news/75742-ASIA_INDIA_Testimonianza_di_fede_dei_giovani_all_ostensione_delle_reliquie_di_san_Francesco_Saverio_a_GoaGoa - "Il movente è la fede. I fedeli vengono a pregare e toccare le spoglie di san Francesco Saverio non per pura curiosità o per una visita turistica", racconta all'Agenzia Fides p. Fermino Savio D'Souza, parroco alla Chiesa di Nostra Signora dei Miracoli a Goa, sacerdote impegnato nella pastorale giovanile. Nella città vecchia di Goa si è aperta il 21 novembre la 18ma ostensione delle reliquie di san Francesco Saverio , evento programmato ogni dieci anni, che convoglia migliaia di pellegrini nella città dove sono custodite le spoglie del grande missionario gesuita. Dall'antica basilica del Bom Jesus, dove è normalmente conservato in uno scrigno d'argento, il corpo è stato portato in una teca nella cattedrale di Goa, dove resterà a disposizione per la venerazione dei fedeli fino al 5 gennaio. La festività di san Francesco Saverio, il 3 dicembre, è uno dei momenti centrali del tempo dell'ostensione: si celebrano messe a tutte le ore e in diverse lingue, mentre i fedeli gremiscono la chiesa fin dalle prime ore del mattino.<br />Spiega p. D'Souza: "C'è una profonda devozione al santo che è considerato il protettore della nostra terra. I fedeli vengono dal santo per affidare le loro sofferenze, i travagli, anche le gioie, vengono a chiedere grazie e la sua intercessione. C'è una profonda devozione popolare che si vive non solo in questo tempo speciale dell'ostensione, ma anche nel tempo ordinario. E' la fede dei piccoli, dei semplici, che è molto preziosa". Rileva il parroco: "Ci sono pellegrini dalle parrocchie di Goa, ma anche da altre zone dell'India, specialmente dalle aree del Sud come dagli stati di Kerala e Tamil Nadu dove è forte la presenza cattolica". "Goa - prosegue - è anche una località turistica rinomata e molto gettonata dai giovani: è luogo delle feste, della musica, della danza. E' una località apprezzata dal turismo anche europeo per le innumerevoli spiagge presenti. Il turismo è da sempre la spina dorsale dell'economia locale: Goa è scelta come ritrovo dalla gioventù, non solo indiana", ricorda. "Allora - osserva - è emozionante e impressionante vedere come i giovani siano coinvolti in questo tempo spirituale, scandito dalla preghiera e dalla testimonianza di fede. I giovani hanno fatto un catena umana per proteggere la traslazione delle reliquie dalla basilica alla cattedrale. E, quando si va in chiesa, si vedono tanti giovani in preghiera e in raccoglimento. Direi che questo è un tempo di testimonianza e anche di evangelizzazione per la comunità cattolica in India", conclude.<br />Le reliquie del santo sono conservate nella chiesa cattedrale per 45 giorni. Domenica 5 gennaio 2025, saranno riportate alla Basilica in una solenne processione, con l'Eucaristia per la chiusura dell'ostensione. L'evento si incrocia con il Giubileo della Chiesa universale: il tema scelto per l'ostensione è "Siamo messaggeri della Buona Novella" per indicare "la responsabilità di ogni cristiano nel diffondere il messaggio di amore, speranza e pace nel mondo". Una speciale preghiera, composta per l'occasione, viene recitata ogni giorno dai pellegrini e anche dai fedeli nelle case, nelle chiese, nelle cappelle, nelle piccole comunità cristiane, per essere in comunione spirituale con tutti i pellegrini che continuano a giungere dalle aree circostanti. <br />Dopo la morte di San Francesco Saverio, il 3 dicembre 1552, sull'isola di Shangchuan, al largo della costa cinese, il suo corpo fu inizialmente sepolto lì in una semplice tomba. Riconoscendo l'importanza del santo, il corpo venne riesumato nel febbraio 1553 e trasportato a Malacca, dove rimase nella chiesa di San Paolo per diversi mesi. Nel dicembre 1553, fu presa la decisione di spostarlo a Goa, in India, che era un centro importante per le missioni dei Gesuiti. All'arrivo a Goa, all'inizio del 1554, il corpo venne custodito nella Basilica di Bom Jesus e, sorprendentemente, rimase incorrotto, senza mostrare segni di decomposizione anche dopo anni. Allora esposto per la prima volta alla pubblica venerazione a Goa, dal 16 al 18 marzo del 1554. Successivamente, la Chiesa locale ha ripreso l'uso di esporre il corpo del santo alla venerazione ogni dieci anni, ponendole in una teca di vetro affinché i devoti possano vederlo chiaramente. Una delle reliquie più note, il suo braccio destro, che usò per battezzare molti, è custodita separatamente nella Chiesa del Gesù a Roma. <br /> Mon, 02 Dec 2024 11:30:02 +0100AFRICA/TANZANIA - Preoccupano gli arresti arbitrari e le sparizioni di esponenti dell’opposizionehttps://fides.org/it/news/75740-AFRICA_TANZANIA_Preoccupano_gli_arresti_arbitrari_e_le_sparizioni_di_esponenti_dell_opposizionehttps://fides.org/it/news/75740-AFRICA_TANZANIA_Preoccupano_gli_arresti_arbitrari_e_le_sparizioni_di_esponenti_dell_opposizione <br />Dar es Salaam – Arresti arbitrari, oppositori politici scomparsi nel nulla oppure uccisi brutalmente da misteriosi assassini. Non è una dittatura di stampo sudamericano anni ’70 ma la Tanzania di oggi, dove nonostante la forma democratica sia rispettata stanno avvenendo episodi inquietanti.<br />Il caso più dibattuto è quello di Deusdedith Soka, un giovane esponente del partito di opposizione Chadema , rapito da un gruppo di uomini il 18 agosto 2024, nell'area di Buza insieme a due colleghi Jacob Godwin Mlay e Frank Mbise.<br />Da allora dei tre uomini non si sa più nulla. I sospetti si sono appuntati sulle forze di sicurezza anche perché un suo cellulare, sequestrato dalla polizia dal settembre 2023 e mai riattivato, è stato utilizzato, dopo la sua scomparsa, per trasmettere un messaggio in cui si diceva che Soka aveva l’intenzione di lasciare il Paese a causa di lotte interne al suo partito.<br />La scomparsa di Soka era stata preceduta il 26 luglio 2024 da quella di Dioniz Kipanya, Segretario congiunto del Chadema nel distretto di Sumbawanga. Secondo la polizia l’attivista politico non sarebbe stato prelevato nella sua casa da persone che si suppone essere militari, come affermato da alcuni testimoni, ma Kipanya sarebbe uscito di casa dopo aver ricevuto una telefonata, dicendo ai familiari che si recava a un appuntamento. <br />In un almeno un caso la polizia ha ammesso di essere responsabile della scomparsa di un politico dell’opposizione. Si tratta di Kombo Twaha Mbwana, responsabile del Chadema a Handeni, scomparso il 15 giugno. Le autorità di polizia hanno poi ammesso il 14 luglio che il politico era stato arrestato per aver postato “materiale offensivo” sui social media. <br />In un altro caso è la stessa persona sequestrata ad accusare la polizia. Edgar Mwakabela arrestato illegalmente il 23 giugno a Dar es Salaam, è stato poi condotto, ammanettato e bendato, alla stazione di polizia di Oysterbay, dove, a quanto dice, ha subito maltrattamenti e torture. È stato poi trasportato in un'altra stazione di polizia ad Arusha, oltre 360 miglia a nord di Dar es Salaam.<br />Il 27 giugno è stato infine portato al Parco nazionale di Katavi, dove è stato torturato selvaggiamente prima di essere abbandonato, con gravi ferite da arma da fuoco alla testa. Mwakabela accusa la polizia della sua odissea affermando che i poliziotti lo hanno abbandonando nel parco perché hanno creduto che fosse morto dopo avergli sparato. <br />Non è andata così per Ali Kibao, membro del segretariato del Chadema, prelevato da uomini armati il 6 settembre da un autobus mentre viaggiava da Dar es Salaam alla città di Tanga. Il giorno dopo il corpo di Kibao è stato trovato alla periferia di Dar es Salaam con segni di torture e acido sul volto. Il 21 ottobre, a poco più di un mese dalle elezioni locali del 27 novembre, Aisha Machano, segretaria dell’ala femminile di Chadema, è stata rapita a Kibiti, nell’est del Paese, per poi essere ritrovata nella vicina foresta viva ma con segni di percosse.<br />Nelle elezioni locali il Partito della Rivoluzione al potere ha vinto con un'ampia maggioranza. Il Ministro aggiunto per l'Amministrazione Regionale e il Governo Locale, Mohamed Mchengerwa, responsabile dell'organizzazione delle elezioni, ha riferito che il CCM ha ottenuto più del 99% sia dei seggi comunali che dei seggi nelle camere legislative locali del Paese. Il CCM e il suo predecessore, l’Unione Nazionale Africana del Tanganica , detengono il potere in Tanzania dall’indipendenza nel 1961.<br />Il Chadema ha affermato che il voto è stato viziato da irregolarità, violenze e frodi elettorali. <br /><br />Mon, 02 Dec 2024 13:34:16 +0100VATICANO/ANGELUS - Il Papa: "Se prevale l'assuefazione agli orrori della guerra tutta la famiglia umana è sconfitta"https://fides.org/it/news/75741-VATICANO_ANGELUS_Il_Papa_Se_prevale_l_assuefazione_agli_orrori_della_guerra_tutta_la_famiglia_umana_e_sconfittahttps://fides.org/it/news/75741-VATICANO_ANGELUS_Il_Papa_Se_prevale_l_assuefazione_agli_orrori_della_guerra_tutta_la_famiglia_umana_e_sconfittaCittà del Vaticano - "Se prevalgono l’assuefazione e l’indifferenza agli orrori della guerra, tutta la famiglia umana è sconfitta!". Queste le parole di Papa Francesco pronunciate al termine della preghiera domenicale dell'Angelus. <br /><br />Affacciato su una piazza San Pietro riempita da 15mila fedeli, il Pontefice, dopo aver ricordato il 40mo anniversario del Trattato di Pace e di Amicizia tra Argentina e Cile, raggiunto con la mediazione della Santa Sede , si è detto rallegrato "per il cessate-il-fuoco che è stato raggiunto nei giorni scorsi in Libano" e auspica "che esso possa essere rispettato da tutte le parti, permettendo così alla popolazione delle regioni interessate dal conflitto – sia libanese sia israeliana – di tornare presto e in sicurezza a casa, anche con l’aiuto prezioso dell’esercito libanese e delle forze di pace delle Nazioni Unite". <br /><br />Il Vescovo di Roma ha quindi rivolto "un pressante invito a tutti i politici libanesi, affinché venga eletto subito il Presidente della Repubblica e le istituzioni ritrovino il loro normale funzionamento, per procedere alle necessarie riforme e assicurare al Paese il suo ruolo di esempio di convivenza pacifica tra le differenti religioni". <br /><br />La speranza del Papa è "che lo spiraglio di pace che si è aperto possa portare al cessate-il-fuoco su tutti gli altri fronti, soprattutto a Gaza. Ho molto a cuore la liberazione degli israeliani che ancora sono tenuti in ostaggio e l’accesso degli aiuti umanitari alla popolazione palestinese stremata. E preghiamo per la Siria, dove purtroppo la guerra si è riaccesa causando molte vittime. Sono molto vicino alla Chiesa in Siria". <br /><br />Infine, il Pontefice ha ribadito la sua "preoccupazione" e "dolore" per "il conflitto che continua a insanguinare la martoriata Ucraina. Assistiamo da quasi tre anni a una tremenda sequenza di morti, di feriti, di violenze, di distruzioni. I bambini, le donne, gli anziani, le persone deboli, ne sono le prime vittime". <br /><br />"La guerra è un orrore, offende Dio e l’umanità, non risparmia nessuno, la guerra è sempre una sconfitta per l’umanità intera!", ha aggiunto il Papa, invitando tutti a pensare "che l’inverno è alle porte, e rischia di esacerbare le condizioni di milioni di sfollati. Saranno mesi difficilissimi per loro. La concomitanza di guerra e freddo è tragica". <br /><br />Da qui un nuovo l'appello "alla comunità internazionale e ad ogni uomo e donna di buona volontà, affinché si adoperino in ogni modo per fermare questa guerra e per far prevalere dialogo, fraternità, riconciliazione. Si moltiplichi, ad ogni livello, un rinnovato impegno". <br /><br />"E mentre ci prepariamo al Natale, mentre attendiamo la nascita del Re della pace, si dia a queste popolazioni una speranza concreta. La ricerca della pace è una responsabilità non di pochi, ma di tutti. Se prevalgono l’assuefazione e l’indifferenza agli orrori della guerra, tutta, tutta la famiglia umana è sconfitta. Tutta la famiglia umana è sconfitta! Cari fratelli e sorelle, non stanchiamoci di pregare per quella popolazione così duramente provata e di implorare da Dio il dono della pace", ha concluso.<br /><br />Prima della benedizione, nel commentare il Vangelo della liturgia di oggi , prima domenica di Avvento, ha ricordato come i contemporanei di Gesù avessero il "cuore appesantito da ansie e paure" per via di "persecuzioni, conflitti e calamità naturali". Ma Cristo "vuole liberarli dalle angustie presenti e dalle false convinzioni, indicando come leggere gli eventi a partire dal progetto di Dio, che opera la salvezza anche dentro le vicende più drammatiche della storia. Per questo suggerisce loro di volgere lo sguardo verso il Cielo per comprendere le cose della terra". <br /><br />La stessa cosa accade anche a noi oggi: "Se le preoccupazioni appesantiscono il cuore e ci inducono a chiuderci in noi stessi, Gesù, al contrario, ci invita ad alzare il capo, a confidare nel suo amore che ci vuole salvare e che si fa vicino in ogni situazione della nostra esistenza, ci chiede di fare spazio a Lui per ritrovare la speranza. Questo tempo di Avvento sia un’occasione preziosa per alzare lo sguardo verso di Lui, che alleggerisce il cuore e ci sostiene nel cammino", ha concluso. Sun, 01 Dec 2024 13:27:01 +0100ASIA/INDIA - Nomina dell’Arcivescovo Coadiutore di Bombayhttps://fides.org/it/news/75739-ASIA_INDIA_Nomina_dell_Arcivescovo_Coadiutore_di_Bombayhttps://fides.org/it/news/75739-ASIA_INDIA_Nomina_dell_Arcivescovo_Coadiutore_di_BombayCittà del Vaticano - Papa Francesco ha nominato Arcivescovo Coadiutore dell’Arcidiocesi Metropolitana di Bombay, l'odierna Mumbay , l’Ecc.mo Mons. John Rodrigues, trasferendolo dalla Diocesi di Poona.<br /><br />S.E. Mons. John Rodrigues è nato il 21 agosto 1967 a Mumbai. Ha conseguito la Licenza in Teologia Dogmatica presso la Pontificia Università Lateranense di Roma . È stato ordinato presbitero il 18 aprile 1998 per l’Arcidiocesi Metropolitana di Bombay.<br /><br />Ha ricoperto i seguenti incarichi: Vice Parroco della St. Michael a Mahim ; Segretario del Cardinale Arcivescovo Metropolita di Bombay ; Professore di Teologia Dogmatica e Decano degli Studi presso St. Pius X College a Goregaon.<br /><br />Nominato Vescovo titolare di Deulto e Vescovo Ausiliare di Bombay il 15 maggio 2013, ha ricevuto la consacrazione episcopale il 29 giugno successivo. È stato trasferito alla Diocesi di Poona il 25 marzo 2023. Sat, 30 Nov 2024 13:17:12 +0100ASIA/SIRIA - Chiese aperte e messe ad Aleppo, città sospesa in mano ai “ribelli”https://fides.org/it/news/75738-ASIA_SIRIA_Chiese_aperte_e_messe_ad_Aleppo_citta_sospesa_in_mano_ai_ribellihttps://fides.org/it/news/75738-ASIA_SIRIA_Chiese_aperte_e_messe_ad_Aleppo_citta_sospesa_in_mano_ai_ribelliAleppo – “Dopo tre giorni di attacchi, le milizie cosiddette dell’opposizione hanno preso la città. Ora tutto tace. La città è come sospesa. E nessuno ci dice niente”. È la testimonianza che arriva a Fides dall’arcivescovo maronita di Aleppo Joseph Tobji.<br /><br />“Dopo i combattimenti per ora non ci sono spargimenti di sangue, grazie a Dio. L’esercito è andato via da Aleppo e la città è ora in mano delle milizie dell’opposizione. Ci sono arrivate delle voci sull’arrivo delle truppe dell’esercito siriano ma di certo non c’è nulla. Stiamo vivendo nell’insicurezza”.<br /><br />I gruppi armati che hanno ripreso in mano la seconda città della Siria – riferisce l’Arcivescovo maronita - fanno circolare sulle reti sociali video e foto per documentare come in pochi giorni tutta Aleppo è finita nelle loro mani. Mentre per ora la sua chiesa rimane aperta, si celebrano le messe e non risultano esserci stati attacchi diretti contro obiettivi collegati alle comunità cristiane. “Per ora noi siamo tranquilli ma non sappiamo cosa accadrà. È come se tutta la città vivesse sospesa”.<br /><br />L’arcivescovo Tobji racconta che l’offensiva dei gruppi armati, alcuni dei quali sono di marca jihadista, è arrivata “a sorpresa. Non ci sono state avvisaglie. La vita qui stava riprendendo. La situazione era calma, ora però è tutto chiuso. Negozi, forni… Le persone non sanno come andare avanti, e non hanno fatto scorte. Nessuno ci aveva allertati”. <br /><br />Anche padre Hugo Alaniz, sacerdote dell’istituto del Verbo Incarnato, conferma all’Agenzia Fides che quasi tutta la città di Aleppo è in mano ai ribelli: ”Stamattina” riferisce il missionario di origine argentina “siamo usciti insieme al Vescovo Hanna e siamo andati a trovare alcune delle nostre comunità e continueremo i nostri giri nelle prossime ore. Per ora tutti stanno bene, grazie a Dio”. <br /><br />Nell’area adiacente alla residenza episcopale ci sono le suore carmelitane e le suore di Madre Teresa di Calcutta con i 60 anziani da loro accuditi. I giovani della residenza universitaria e altre suore si sono spostati in altre parti della città. “E tutti” aggiunge padre Hugo “chiedono preghiere”. <br />Sat, 30 Nov 2024 13:05:10 +0100ASIA/GIAPPONE - Il Papa ricorda i 'cristiani nascosti': “Hanno trasmesso il prezioso tesoro della fede come eredità di generazione in generazione”https://fides.org/it/news/75737-ASIA_GIAPPONE_Il_Papa_ricorda_i_cristiani_nascosti_Hanno_trasmesso_il_prezioso_tesoro_della_fede_come_eredita_di_generazione_in_generazionehttps://fides.org/it/news/75737-ASIA_GIAPPONE_Il_Papa_ricorda_i_cristiani_nascosti_Hanno_trasmesso_il_prezioso_tesoro_della_fede_come_eredita_di_generazione_in_generazioneCittà del Vaticano – “Il popolo giapponese è un nobile popolo”, e la sua storia è segnata anche dalla “testimonianza della fedeltà di tanti cristiani giapponesi che hanno trasmesso il prezioso tesoro della fede come eredità, di generazione in generazione”. <br /><br />Lo ha detto Papa Francesco che questa mattina, nella Sala dei Papi, nel Palazzo Apostolico in Vaticano, ha ricevuto in udienza i membri della "Hidden Christians Research Association", associazione giapponese che si occupa della tutela dei Siti Cristiani nascosti della regione di Nagasaki, entrati a far parte della Lista del Patrimonio Mondiale dell'UNESCO nel 2018. <br /><br />“Apprezzo moltissimo i vostri sforzi per preservare questi siti come testimonianze preziose di un grande, ma celato capitolo della storia della Chiesa universale e di quella del vostro nobile popolo”, ha sottolineato il Pontefice riferendosi a quanto accaduto in Giappone partire dal 1600, quando il cristianesimo venne messo al bando e furono espulsi tutti i missionari. <br /><br />Senza sacerdoti e senza chiese, i cattolici giapponesi si organizzarono da soli: il capo-villaggio dirigeva la comunità, stabiliva le solennità religiose in base al calendario liturgico e conservava i libri sacri; il catechista insegnava ai bambini; quelli che conoscevano le formule per conferire i battesimi amministravano il primo sacramento; l'annunziatore visitava le famiglie per annunciare la domenica, le feste cristiane, i giorni di digiuno e di astinenza.<br /><br />“È appropriato”, ha aggiunto il Vescovo di Roma “che il nostro incontro abbia luogo alla vigilia della celebrazione della memoria di San Francesco Saverio, il grande missionario che sognò che la predicazione del Vangelo avrebbe prodotto una ricca messe di anime nella vostra Terra nativa. Come eredi di tale sogno, possa il vostro lavoro di educazione e conservazione rendere meglio noto e apprezzato questo eminente capitolo della storia dell’evangelizzazione. Possa la visita a tali luoghi storici servire ai seguaci di Cristo, nel Giappone di oggi, da memoria e fuoco vivo dell’anima di ogni apostolato in questa terra, capace di rinnovare e far ardere continuamente lo zelo evangelizzatore”.<br /><br />“Quando pensiamo all’eroismo dei primi missionari, al coraggio dei martiri giapponesi e alla perseveranza della piccola ma fedele Comunità cattolica del vostro Paese, come non rivolgere il pensiero ai fratelli cristiani che ai nostri giorni subiscono la persecuzione e perfino la morte per il nome di Gesù?”, ha aggiunto il Pontefice nel suo breve discorso, concludendo con un invito alla preghiera per tutti quei cristiani che oggi “soffrono per i frutti amari della guerra, della violenza, dell’odio e dell’oppressione”. <br />Sat, 30 Nov 2024 11:08:39 +0100AFRICA/KENYA - "Insieme, possiamo lavorare per porre fine alla violenza di genere e al femminicidio nella nostra società”: il monito della Chiesa locale contro il dilagare del fenomenohttps://fides.org/it/news/75736-AFRICA_KENYA_Insieme_possiamo_lavorare_per_porre_fine_alla_violenza_di_genere_e_al_femminicidio_nella_nostra_societa_il_monito_della_Chiesa_locale_contro_il_dilagare_del_fenomenohttps://fides.org/it/news/75736-AFRICA_KENYA_Insieme_possiamo_lavorare_per_porre_fine_alla_violenza_di_genere_e_al_femminicidio_nella_nostra_societa_il_monito_della_Chiesa_locale_contro_il_dilagare_del_fenomenoNairobi – “Negli ultimi mesi, il Kenya ha assistito a una preoccupante escalation di femminicidi, donne che hanno perso la vita in omicidi raccapriccianti e in circostanze poco chiare". Lo denuncia Simon Peter Kamomoe, uno dei due vescovi ausiliari dell'arcidiocesi di Nairobi, sottolineando che "tali atti non sono solo una grave violazione dei diritti umani, ma anche una tendenza preoccupante che merita urgente attenzione".<br /><br />“Condanniamo il crescente numero di donne uccise, che ha causato grande costernazione, rabbia e disgusto”, fa eco Maurice Muhatia, presidente della Conferenza episcopale del Kenya, denunciando la crescente ondata di violenza.<br /><br />In Kenya i femminicidi sono un'emergenza nazionale di fronte alla quale la Chiesa non rimane in silenzio. "La nostra società è giudicata dal modo in cui tratta i suoi membri più vulnerabili. Le nostre sorelle e madri, che sono tra le più vulnerabili, hanno bisogno della nostra protezione e meritano di sentirsi al sicuro piuttosto che vivere nella paura per le loro vite", ha detto il vescovo Kamomoe. "Sosteniamo il governo nei suoi sforzi per affrontare questa minaccia, e come arcidiocesi di Nairobi, in collaborazione con il State Department for Gender and Affirmative Action, invitiamo tutti i cristiani e le persone di buona volontà ad agire come custodi delle nostre sorelle".<br /><br />“La tutela e protezione riflette i nostri valori cristiani di amore e rispetto reciproco” conclude Kamomoe che ha esortato la popolazione “a segnalare alla polizia qualsiasi circostanza sospetta e a consigliare ai nostri figli di stare lontani dagli estranei. Insieme, possiamo lavorare per porre fine alla violenza di genere e al femminicidio nella nostra società”.<br /><br />Il messaggio dei vescovi segue quello del capo dello Stato sulla campagna lanciata contro il femminicidio nel paese.<br /><br />"Esorto ogni keniano a unirsi a questo movimento , a parlare e rimanere uniti contro i casi di femminicidio. Le nostre comunità hanno bisogno di istruzioni sui segnali e le cause degli abusi e sulle risorse a disposizione delle vittime", aveva detto il presidente William Ruto rivolgendosi ai keniani.<br /><br />Nel 1990 quindici donne sopravvissute alla violenza sessuale hanno fondato nel nord del paese il villaggio di Umoja, unico al mondo. Gli uomini, qui, non possono abitare. Possono passare a salutare, arrivare in visita come turisti, portare o prendere merci, ma non possono restare. Umoja è sorta come un'isola sicura nata per permettere alle bambine, ragazze e donne delle zone rurali, di poter avere una vita sicura, piena e felice, in una parte di mondo nel quale alle donne vengono ancora spesso riservate le peggiori vessazioni e violenze.<br /><br />Il media locale Africa Uncensored ha denunciato che tra il 2017 e il 2023 in Kenya si sono verificati almeno 500 casi di femminicidio. E l’organizzazione keniana Femicide Count, solo nel 2023, sulla base di resoconti dei media, ne ha registrati almeno 152 nel paese.<br /><br /> <br />Sat, 30 Nov 2024 10:42:42 +0100ASIA/CINA - Le comunità cattoliche cinesi studiano e diffondono la Bolla papale “Spes non confundit” in preparazione del Giubileohttps://fides.org/it/news/75735-ASIA_CINA_Le_comunita_cattoliche_cinesi_studiano_e_diffondono_la_Bolla_papale_Spes_non_confundit_in_preparazione_del_Giubileohttps://fides.org/it/news/75735-ASIA_CINA_Le_comunita_cattoliche_cinesi_studiano_e_diffondono_la_Bolla_papale_Spes_non_confundit_in_preparazione_del_GiubileoSanyuan – Condividere e diffondere il messaggio di fede, speranza e carità condensato dal Papa anche nella Bolla “Spes non confundit” oer iniziare insieme il cammino sinodale verso il Giubileo. Con questo spirito e con queste intenzioni Giuseppe Han Yingjin, Vescovo della diocesi di Sanyuan , consacrato con l’approvazione della Santa Sede il 24 giugno 2010, ha presieduto una sessione di studio durata 5 ore e volta a approfondire i contenuti della Bolla Papale di indizione del Giubileo ordinario dell'anno 2025.<br />Giovedì 28 novembre, tutti i sacerdoti e i diaconi hanno letto e approfondito insieme al Vescovo la Bolla in cinese, puntando soprattutto a trovare nel testo spunti che possano ispirare nel concreto l’opera pastorale ordinaria nelle singole comunità, tenendo conto che per volere di Gesù i primi destinatari della sollecitudine ecclesiale sono i poveri, le persone che si trovano nel bisogno, gli immigrati. <br />I partecipanti all’incontro hanno condiviso idee e suggerimenti su possibili iniziative da incentivare trovando spunti nuovi connessi al tempo giubilare. <br /> “L’obiettivo di questo incontro di studio” ha detto tra le altre cose il Vescovo Giuseppe Han “è quello di aiutare tutti a vivere l’Anno giubilare con fede e ad ottenere la grazia e l'indulgenza del Signore”, operando affinché nelle singole comunità e parrocchie “nessuno sia privato della speranza in questi tempi, perché Cristo sofferente è la salvezza e la speranza, la consolazione e la benedizione di tutta l'umanità. Ognuno di noi sacerdoti” ha aggiunto il Vescovo “deve dare il buon esempio e mettere in pratica lo spirito della Bolla, che ha un significato storico di vasta portata e un impatto straordinario sulla promozione dell'attuale e futura opera di evangelizzazione e di cura pastorale”.<br />Al rientro nelle ripettive parrocchie, sacerdoti e diaconi hanno iniziato a distribuire la Bolla ai membri della comunità parrocchiale e a illustrarne i contenuti alle singole famiglie, chiedendo che anche durante il Giubileo la gioia del Vangelo possa manifestarsi e incarnarsi nella vita quotidiana dei battezzati.<br /> <br />Sat, 30 Nov 2024 10:14:05 +0100ASIA/CAMBOGIA - Un Giubileo in compagnia di Maria e dei martiri cambogianihttps://fides.org/it/news/75734-ASIA_CAMBOGIA_Un_Giubileo_in_compagnia_di_Maria_e_dei_martiri_cambogianihttps://fides.org/it/news/75734-ASIA_CAMBOGIA_Un_Giubileo_in_compagnia_di_Maria_e_dei_martiri_cambogianiPhnom Penh - Sarà un anno giubilare accompagnato dalla presenza costante della Vergine Maria quello che si appresta a vivere la Chiesa cattolica in Cambogia. Il Giubileo, l'Anno santo del 2025 che si celebra nella Chiesa universale, avrà poi, nella piccola comunità dei fedeli cambogiani, anche una attenzione speciale ai martiri cambogiani, fonte di ispirazione e custodi della fede. E' quanto si spiega nella lettera pastorale scritta dal Vescovo Olivier Schmitthaeusler, Vicario Apostolico di Phnom Penh e che domani, 1 dicembre, verrà letta in tutte le chiese del Vicariato. <br />L'Anno Giubilare - si legge nel testo - si aprirà con una solenne celebrazione il 5 gennaio 2025 presso il Centro pastorale Diocesano Thmey di Phnom Penh, durante l'incontro del Vicariato per la festa dell'Epifania, momento già normalmente molto partecipato dalla comunità. Ora, afferma il Vicario Apostolico, " ci poniamo in pellegrinaggio con la Vergine Maria, Madre della speranza, che ha portato Gesù, la fonte di ogni speranza", per seguire "Maria, modello di fede, colei che ha creduto nella promessa di Dio e ha accettato di portare Gesù nel suo cuore e nel suo corpo". La figura di Maria, nel tempo giubilare, sarà importante anche come mediatrice: "Maria intercede per noi davanti a Dio. Possiamo pregarla per chiedere la misericordia di suo Figlio per ognuno di noi", osserva. Da lei ogni credente impara la 'sequela Christi', perchè "Maria, prima discepola, segue suo Figlio dal giorno dell'Annunciazione attraverso la croce fino alla sua Ascensione". <br />Inoltre, per i fedeli cambogiani che compiono il loro cammino di fede, anche quelli più piccoli e più giovani, "Maria è modello di servizio e carità". Nota ancora la lettera: "Maria è colei che ha creduto nella risurrezione e che è la prima ad essere assunta in Paradiso: dalla Croce alla Tomba, dalla risurrezione alla Pentecoste, Maria è lì e ci invita a entrare nel mistero dell'Incarnazione, morte e risurrezione di suo Figlio". <br />Conclude mons. Schmitthaeusler: "In questi tempi di guerra, di instabilità nel mondo, preghiamo Maria, Regina della pace e Madre delle famiglie, perché ci sostenga nella speranza. Durante questo anno 2025, saremo pellegrini di speranza. Il cuore di Gesù ci mantenga forti nella fede e ci dia la carità di cui il mondo ha tanto bisogno. Dio benedica questo tempo di Avvento che sta iniziando e che ci condurrà verso un anno di grazia e misericordia per noi stessi, il nostro paese e il nostro mondo".<br />Tra i luoghi di pellegrinaggio giubilare, nel Vicario Apostolico di Phnom Penh, vi saranno: il santuario della Divina Misericordia ; la parrocchia di Maria, Regina della pace, che è Santuario di Nostra Signora del Mekong; la parrocchia di San Michele a Sihanoukville. Tra gli altri, avrà un ruolo speciale la parrocchia di San Giuseppe dove si trova il Memoriale dei martiri della Cambogia. La comunità ricorderà quanti hanno dato la vita per fede in Cristo e sono "i semi e i padri" dei fedeli cambogiani di oggi: si tratta del Vescovo Joseph Chhmar Salas e 34 compagni per i quali la Chiesa cambogiana ha ufficialmente aperto nel 2015 la fase diocesana del processo di beatificazione. Furono persone uccise o lasciati morire tra il 1970 ed il 1977 durante la persecuzione subita dalla Chiesa sotto il regime di Pol Pot e dei khmer rossi. I 35, nativi di Cambogia, Vietnam e Francia, sono preti, laici, catechisti, missionari che saranno figure di riferimento importanti durante l'anno del Giubileo.<br /> Sat, 30 Nov 2024 10:02:57 +0100AFRICA/CIAD - A sorpresa il Ciad mette fine agli accordi di collaborazione militare con la Franciahttps://fides.org/it/news/75733-AFRICA_CIAD_A_sorpresa_il_Ciad_mette_fine_agli_accordi_di_collaborazione_militare_con_la_Franciahttps://fides.org/it/news/75733-AFRICA_CIAD_A_sorpresa_il_Ciad_mette_fine_agli_accordi_di_collaborazione_militare_con_la_Francia<br />N’Djamena – “Una mossa ancora tutta da interpretare che ha comunque preso di sorpresa un po’ tutti” affermano all’Agenzia Fides fonti locali di N’Djamena, la capitale del Ciad, dopo l’annuncio che il governo locale intende porre fine al trattato militare con la Francia.<br />“Il governo della Repubblica del Ciad informa l’opinione pubblica nazionale e internazionale della decisione di mettere fine all’accordo di cooperazione di difesa firmato con la Repubblica francese rivisto il 5 settembre 2019” afferma il comunicato del Ministero degli Esteri ciadiano pubblicato ieri sera, 28 novembre. Una data simbolico visto che si tratta della Festa della proclamazione della Repubblica e a poche ore dalla visita in Ciad del Ministero degli Esteri francese Jean-Noël Barrot.<br />Una decisione “presa dopo un’attenta riflessione” che “segna una svolta storica” sottolinea il comunicato. Questo perché “dopo 66 anni dalla proclamazione della Repubblica del Ciad, è tempo che il Ciad affermi la propria sovranità piena e intera, e di ridefinire i suoi partner strategici secondo le priorità nazionali”. Al momento non si sa il destino delle truppe francesi, circa un migliaio di effettivi, stazionate nel Paese. “Il Ciad, in conformità con quanto previsto dall’accordo, si impegna a rispettare i termini previsti per la sua risoluzione, compreso il periodo di preavviso, e a collaborare con le autorità francesi per assicurare una transizione armoniosa” precisa il governo di N’Djamena.<br />Le autorità ciadiane infine assicurano di volere continuare a intrattenere “relazioni costruttive con la Francia in altri campi di interesse comune”. Una formulazione che sembra escludere il settore della difesa che finora era il cardine della relazione tra N’Djamena e Parigi.<br />Il Ciad era l’ultimo bastione della presenza militare francese nell’Africa saheliana dopo che i militari francesi erano stati cacciati dalle giunte militari di Mali, Burkina Faso e Niger. Il governo di N’Djamena, che ha ottenuto l’appoggio dei militari francesi per respingere le offensive ribelli nel 2008 e nel 2019, ha avviato contatti a livello di questioni di difesa con altre potenze, come Turchia, Emirati Arabi Uniti e Russia. Anche gli Stati Uniti hanno da tempo importanti relazioni militari con il Ciad. Il governo ungherese ha inoltre intenzione di inviare almeno 200 soldati per aiutare il Ciad a controllare le sue frontiere.<br />Nelle stesse ore dell’annuncio ciadiano, il Presidente del Senegal , Bassirou Diomaye Faye, dichiarava all’Agence France Press, che la presenza di basi militari francesi sul territorio del suo Paese, è incompatibile con la sovranità nazionale. <br /> <br /><br />Fri, 29 Nov 2024 12:16:39 +0100ASIA/MYANMAR - Record di vittime per le mine antiuomo nel conflitto, con l'impatto su civili e bambinihttps://fides.org/it/news/75732-ASIA_MYANMAR_Record_di_vittime_per_le_mine_antiuomo_nel_conflitto_con_l_impatto_su_civili_e_bambinihttps://fides.org/it/news/75732-ASIA_MYANMAR_Record_di_vittime_per_le_mine_antiuomo_nel_conflitto_con_l_impatto_su_civili_e_bambiniYangon - Il Myanmar è diventato il paese con il più alto tasso di vittime al mondo per mine antiuomo e ordigni inesplosi, con oltre 1.000 vittime nel solo 2023, superando tutte le altre nazioni in guerra nel mondo. E' quanto emerge da due distinti studi condotti l'uno dall'Unicef e l'altro dalla "Campagna internazionale per la messa al bando delle mine antiuomo", una Ong che, a livello mondiale, monitora e si occupa specificamente della questione delle mine. "A farne le spese - notano fonti di Fides nella comunità cattolica in Myanmar - è soprattutto la popolazione civile, non coinvolta nel conflitto tra l'esercito e le forze di difesa popolari. Tra le vittime tanti sono bambini, che vedono il loro futuro oscuro, segnato dalla disabilità".<br />"L'esercito regolare sta facendo un uso estensivo di mine antiuomo nel tentativo di fiaccare la resistenza", ha spiegato Tom Andrews, relatore speciale Onu per il Myanmar, riferendo di alcune gravi violazioni dei diritti umani: ad esempio i civili vengono obbligati a camminare sui campi potenzialmente minati prima delle unità militari, mentre alle vittime non è consentito di accedere ad aiuti salvavita come cure mediche e protesi. <br />L'impatto delle mine antiuomo e degli ordigni inesplosi è particolarmente grave sui bambini del Myanmar: i dati pubblicati dall'UNICEF rivelano che oltre il 20% delle 1.052 vittime civili accertate in tali incidenti nel 2023 erano bambini: un aumento significativo rispetto al 2022, quando furono registrati 390 incidenti. I bambini sono particolarmente vulnerabili alle mine antiuomo perchè spesso non sono in grado di riconoscere il pericolo. Inoltre, il posizionamento di queste armi letali in aree popolate, nei pressi di case, scuole, aree agricole, espone i bambini a un rischio costante.<br />Secondo il "Landmine Monitor 2024", il rapporto pubblicato nei giorni scorsi dalla "Campagna internazionale per la messa al bando delle mine antiuomo", le forze militari del Myanmar hanno aumentato l'uso di mine antiuomo vietate che uccidono e feriscono indiscriminatamente persone in tutto il paese. Nell'ultimo anno, sono state documentate vittime di mine antiuomo in tutti i 14 stati e regioni del Myanmar, che hanno interessato circa il 60% delle città del paese.<br />Oltre al record del 2023 , il tasso ha continuato a salire, con 692 vittime civili nei primi sei mesi del 2024, circa un terzo dei quali sono bambini. Nella quinta conferenza di revisione del Trattato sulla messa al bando delle mine, in corso dal 25 al 29 novembre a Siem Reap, in Cambogia, è emerso il tema dell'uso di mine antiuomo in Myanmar, e si è espresso l'auspicio di sostenere le vittime. In particolare la "Cambodian Mine Action and Victim Assistance Authority" ha ribadito il suo impegno a comunicare con le parti interessate e a fornire assistenza per gli sforzi di sminamento del Myanmar, indipendentemente da ogni status di carattere politico, sociale o religioso. Sebbene il Myanmar non sia uno Stato parte della "Convenzione di Ottawa" , si è offerta disponibilità alle attività di sminamento del paese.In Myanmar a utilizzare attivamente mine antiuomo sono sia l'esercito regolare , sia i gruppi armati non statali, che fabbricano mine antiuomo, spesso improvvisate, riprendendo mine raccolte sul campo. La Direzione industriale militare della giunta, nota come "KaPaSa", produce almeno cinque tipi di mine antiuomo, che vanno in regolare dotazione ai reparti militari.<br />Come riferisce la fonte di Fides nello Stato Kayah, "i soldati di solito entrano in un villaggio e costringono gli abitanti a fuggire nella foresta. Quindi posizionano le mine antiuomo nel villaggio, nelle fattorie, nei campi di riso e mais intorno all'accampamento militare. Gli abitanti del villaggio, quando è il momento di raccogliere il riso e il mais, per la loro sopravvivenza vanno in quei terreni e si espongono a rischi. I militari danneggiando intenzionalmente gli abitanti dei villaggi perché per loro quegli abitanti del villaggio sostengono il nemico".<br /> Fri, 29 Nov 2024 11:53:26 +0100