Johannesburg (Agenzia Fides)- Il Sudafrica continua a interrogarsi sulle violenze che hanno preso di mira gli immigrati, definite dal Presidente Thabo Mbeki "una disgrazia assoluta" e atti di "una disumanità senza precedenti". Si tratta di un'ondata di xenofobia da parte di una popolazione esasperata per le drammatiche condizioni delle township? Dell'azione di gruppi criminali? Siamo di fronte a un progetto politico volto a condizionare le elezioni presidenziali del 2009 oppure al tentativo di fare "pulizia" in vista dei Mondiali del 2010?
Sulla stampa sudafricana ci si interroga, ma è difficile dare delle risposte. Persino il numero degli immigrati presenti nel Paese è incerto. Secondo la Commissione per gli Affari Interni del Parlamento sudafricano gli immigrati sono 4 milioni, dei quali solo 40mila hanno lo status di rifugiato. Altre fonti affermano invece che questa cifra va corretta al rialzo: dai 6 ai 6 milioni e mezzo di stranieri.
L'ondata di violenze che ha sconvolto le township di Johannesburg e si è poi estesa alle aree di Durban e Città del Capo, non ha preso di mira solo gli stranieri: anche alcune etnie sudafricane sono state vittima degli assalti di bande, che molti testimoni descrivono come organizzate. Alcuni esponenti politici locali parlano apertamente di violenze create appositamente per " far esplodere un conflitto inter-etnico", un virus che rischia di distruggere il Paese. Un virus che potrebbe essere stato inoculato da chi vuole condizionare le scelte del prossimo governo, secondo quanto afferma il capo dell'intelligence interna (vedi Fides 23/5/2008).
Se così fosse chi cerca di alimentare il conflitto ha trovato nelle township un terreno fertile. Secondo le testimonianze raccolte dalla stampa locale, infatti, i sudafricani risentono ancora delle conseguenze nefande dell'apartheid. Un immigrato mozambicano che vive in Sudafrica da 9 anni, intervistato dal "Mail and Guardian", afferma che "i neri sudafricani non conoscono l'Africa. Sono stati isolati dall'apartheid ed hanno un terribile complesso di inferiorità. Pensano che la nostra pelle sia troppo scura e ci chiamano "Amakwerekwere". In effetti gli immigrati, soprattutto quelli provenienti dallo Zimbabwe, sono molto più intraprendenti dei sudafricani: parlano un inglese eccellente (e quindi sono preferiti nelle assunzione da parte delle imprese) e hanno un forte spirito imprenditoriale. Il relativo successo economico di queste persone ha creato risentimento tra i sudafricani più poveri. Ma basta questo a scatenare le violenze? Non sembra se è vero che gli assalti sono effettuati da bande organizzate e che la polizia in un primo momento si è dimostrata inefficiente nel reprimere sul nascere gli atti violenti, il cui verificarsi era stato preannunciato addirittura dai servizi segreti.
Se vi è una "terza forza" che rimesta nel torbido, come dichiarato dal direttore dell'intelligence, riferendosi alle operazioni di destabilizzazione concepite dai duri del regime dell'apartheid nel 1994 al momento del passaggio alla democrazia, occorre che le forze politiche prendano una posizione chiara e ferma. La condanna del Presidente Mbeki è solo un primo atto, al quale dovranno seguire altri, come richiedono gli altri Paesi africani (come la Nigeria e la Repubblica Democratica del Congo).
L'ondata di violenza ha provocato 50 morti, centinaia di feriti, 35mila sfollati, di questi 15mila mozambicani che sono rientrati nel loro Paese. (L.M.) (Agenzia Fides 26/5/2008 righe 40 parole 541)