EUROPA/ITALIA - Il testamento biologico: contributi alla riflessione (4)

lunedì, 18 febbraio 2008

Roma (Agenzia Fides) - Sulla questione del testamento biologico pubblichiamo l’intervento della Dottoressa Grazia Bellanova. Laureata in Medicina e Chirurgia all’Università Cattolica del Sacro Cuore di Roma, specialista in Ostetricia e Ginecologia ed in Genetica Medica. Dirige l’Unità Operativa Complessa di Genetica Medica dell’Ospedale “F.Miulli” di Acquaviva delle Fonti (Bari).

Che cosa pensa di una norma che sancisca il testamento biologico?
Che non sia adeguata né condivisibile sia da un punto di vista di deontologia medica che soprattutto
da un punto di vista umano.

Che cosa intende per accanimento terapeutico?
Secondo me è l’utilizzo di terapie perfettamente inutili che non comportano alcun vantaggio quoad
vitam et valitudinem per il paziente.

Che cosa intende per eutanasia?
L’intervento attivo o passivo che provoca deliberatamente la morte del paziente.

Nel codice deontologico ci sono le risposte necessarie a questa problematica?
Certamente sì; basterebbe il semplice principio: primum non nocere!

C’è e in che cosa consiste il conflitto tra volontà espresse in precedenza dal paziente e posizione di garanzia del medico?
Il rapporto medico-paziente si fonda sostanzialmente sulla fiducia, sulla certezza che il primo non metterà mai in atto procedure dannose per l’altro, agendo secondo scienza e coscienza; la volontà precedentemente espressa dal paziente vincola il medico ad operare privo della sua libertà ed in netto contrasto con quanto prima espresso, rompendo di fatto il patto che esiste tra ciascun medico ed il suo paziente. C’è da chiedersi: quale garanzia per il paziente in questo caso?

Nel corso della sua professione ha mai avuto problemi, nel senso di denunce legali, nel caso di interventi contrari alle indicazioni del paziente che pur hanno consentito di salvare la vita o di ristabilire un equilibrio di salute o di sospensione di terapie sproporzionate da cui è derivata la morte del paziente?
No, non mi sono mai trovata in queste situazioni.

Può indicare la differenza tra testamento biologico e pianificazione dei trattamenti, contestualizzata nella relazione medico-paziente?
Il testamento biologico esprime la volontà di un paziente in un momento qualunque della sua vita in
vista di un evento che probabilmente si verificherà in futuro: manca la realtà di un vissuto, manca l’attualità della situazione, riduce l’uomo al suo bios. La pianificazione dei trattamenti, contestualizzata nel rapporto di fiducia medico/paziente, invece si fonda sull’attualità della situazione, sulla pregnanza di un vissuto reale che coinvolge l’uomo nella sua totalità ed il suo medico e consente quindi di gestire con libertà ed umanità il vissuto fisico e psichico attuale. Cosa accadrebbe se si applicasse un testamento biologico depositato anni prima ad un paziente che non sia più in grado di ritrattarlo ma che se potesse lo farebbe? Cosa accadrebbe al medico se dovesse tenere conto solo del testamento biologico anche se in quel momento ed in quella situazione reale non lo condividesse?

L’implementazione delle cure palliative e dell’assistenza domiciliare, delle strutture di lungodegenza e degli Hospice possono essere una risposta all’eutanasia e all’abbandono terapeutico? Come si presenta la sua realtà geografica da questo punto di vista?
Certamente sì. Nella nostra realtà geografica abbiamo poche strutture di lungodegenza; l’assistenza domiciliare rimane spesso l’unica situazione possibile, l’unica risposta all’eutanasia; ma ovviamente richiede un grande impegno delle famiglie che poche volte sono supportate dal servizio dei volontari. (4 - continua) (D.Q.) (Agenzia Fides 18/2/2008; righe 53, parole 542)


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