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di Pascale Rizk
Beirut (Agenzia Fides)- «Paura, sfiducia e pregiudizio non hanno qui l’ultima parola, mentre l’unità, la riconciliazione e la pace sono sempre possibili». Tra commozione e gratitudine, Papa Leone XIV ha trascorso il pomeriggio di lunedì 1° dicembre, secondo giorno della sua visita in Libano, insieme ai capi e ai rappresentanti di tutte le componenti religiose del Paese dei Cedri, che ha definito «terra benedetta: una terra esaltata dai Profeti dell’Antico Testamento», «dove l’eco del Logos non è mai caduta nel silenzio, ma continua a richiamare, di secolo in secolo, coloro che desiderano aprire il loro cuore al Dio vivente». Ai suoi interlocutori, nel suo discorso ricorda quale è «la missione che rimane immutata nella storia di questa amata terra: testimoniare la verità duratura che cristiani, musulmani, drusi e innumerevoli altri possono vivere insieme, costruendo un Paese unito dal rispetto e dal dialogo».
Nella “tenda della pace”, allestita nella Piazza dei MartiriA Beirut, con al centro un palco circolare, simbolo dell'unità della famiglia umana, IL Papa ha ascoltato con attenzione gli interventi e i saluti a lui rivolti da Patriarchi, Sheikh e Mufti, e ha concluso affidando il Libano e il Medio Oriente alla protezione della Vergine Maria, affinché si diffonda la grazia della riconciliazione e della speranza.
Nella tenda, dei doni simbolici sono stati posti sono stati sulle sedie riservate agli invitati. Il programma ha incluso la proiezione di un documentario sulla convivenza e sulle testimonianze convivenza e vicinanza tra credenti di fedi diverse. Alla fine, nella piazza è stato piantato un ulivo, simbolo di speranza e riconciliazione.
Dopo il saluto del Patriarca greco ortodosso di Antiochia Yohanna X Yazigi, il Patriarca siro-cattolico Ignace Youssef III Younan ha aperto la serie degli interventi, ricordando «le parole di Papa Giovanni Paolo II, secondo cui il Libano non è solo un Paese, ma un messaggio alla nostra regione e al mondo intero». Il Patriarca ha affermato che anche la visita del Papa nell’attuale contesto libanese e mediorientale può favorire la pace e la stabilità nella regione, «in particolare in Libano, piccolo sulla mappa ma grande per il suo messaggio, il suo ruolo e il suo mosaico islamico-cristiano».
Il Mufti della Repubblica Libanese Abd al-Latif Derian ha sottolineato che la cittadinanza, la giustizia e l'uguaglianza sono alla base dei diritti e dei doveri in Libano, che tutela le libertà religiose nella sua Costituzione. Ha citato anche l'esperienza dell'emigrazione dei musulmani in Abissinia.
Lo Sheikh Ali al-Khatib ha dato il benvenuto al Papa a nome del Consiglio Supremo Islamico Sciita, che ha descritto la visita papale come un sostegno al Libano ferito che affronta sfide rischiose. Ha sottolineato che la convivenza e il dialogo tra i seguaci delle religioni sono fondamentali e che le guerre in nome della religione ne tradiscono l'essenza. Ha anche aggiunto Ha spiegato che i libanesi sono stati costretti a difendersi dall'occupazione israeliana. Ha concluso con un appello al sostegno internazionale per aiutare il Libano a superare le sue crisi.
Anche il Patriarca siro-ortodosso Mar Ignatius Aphrem II ha dato il benvenuto a Papa Leone in Libano, «terra di santità nel cuore di Dio», e ha sottolineato che che i cristiani del Medio Oriente hanno resistito nella testimonianza di Cristo nonostante le persecuzioni e le guerre. Ha ricordato che cristiani e musulmani hanno convissuto per secoli in una prova quotidiana di convivenzaauspicando che la visita del Papa possa essere un raggio di speranza e di pace per un Oriente martoriato.
È intervenuto anche il Catholicos di Cilicia degli Armeni Aram I, che ha esaltato la visita del Papa come un segno potente della sollecitudine della Chiesa di Roma per il Libano, dove la convivenza islamico-cristiana costituisce la pietra angolare e la connotazione propria dell’identità del Paese.
Lo Sheikh dei Drusi Abi al-Munah nel suo intervento ha detto che ila delicata convivenza su cui si regge la nazione libanese impone a ogni famiglia spirituale di dare il proprio contributo alla preservazione della Patria comune, mentre lo Sheikh Ali Qaddour, Presidente del Consiglio islamico alawita, ha affermato che la visita di Papa Leone «non è un evento protocollare, ma un messaggio di speranza per tutti i libanesi, perché il Libano è ancora in grado di risollevarsi e riprendere la sua missione».
L’incontro a Harissa
“Salam el Masseeh”, (la pace di Cristo) sono state le prime parole che Papa Leone aveva indirizzato di mattina a Vescovi, ai sacerdoti, alle suore, ai consacrati e agli operatori pastorali delle Chiese cattoliche presenti in Libano che lo avevano accolto nella basilica di Nostra Signora del Libano a Harissa. Dopo aver ascoltato alcune testimonianze, il Papa ha ha sottolineato l’importanza dell’amore continuo nella costruzione della comunione nonché della forza della preghiera e della profondità della speranza nei momenti di difficoltà.
La visita alla grotta di San Charbel
Dalle prime ore del mattino tanti libanesi avevan iniziato ad affluire da tutte le regioni lungo le strade che avrebbe attraversato Papa Leone XIV per recarsi alla grotta che custodisce le spoglie mortali di San Charbel, nel monastero di Annaya.
Lungo tutto il viaggio da Byblos a Annaya le campane delle chiese hanno suonato ripetutamente, alternandosi con i canti in arabo e siriaco con alcuni momenti di silenzio. Prima dell’arrivo del corteo copie della preghiera che il Papa avrebbe recitato in francese davanti alla tomba di San Charbel, sono state distribuite ai fedeli sulle strade e nella piazza. Arrivato al Santuario, il Sommo Pontefice si è inginocchiato davanti alla tomba di San Charbel in un momento di preghiera per accendere poi, accanto alla tomba, una candela che aveva portato da Roma. Riassumendo l’eredità dell’eremita originario da Baakafra, Papa leone si è soffermato sull’attrazione che tanti sperimentavano per il monaco, santo «come l’acqua fresca e pura per chi cammina in un deserto».
L’incontro coi giovani
Nella parte finale della lunga giornata, il Pontefice si e recato a Bkerke per l’incontro con i giovani, arrivati anche dalla Siria e dall’Irak, con le loro testimonianze « come stelle lucenti in una notte buia ». «La vostra patria, il Libano» ha detto ai giovani Papa Leone «, rifiorirà bella e vigorosa come il cedro, simbolo dell’unità e della fecondità del popolo. Sappiamo bene che la forza del cedro è nelle radici, che normalmente hanno le stesse dimensioni dei rami. Il numero e la forza dei rami corrisponde al numero e alla forza delle radici. Allo stesso modo, il tanto bene che oggi vediamo nella società libanese è il risultato del lavoro umile, nascosto e onesto di tanti operatori di bene, di tante radici buone che non vogliono far crescere solo un ramo del cedro libanese, ma tutto l’albero, in tutta la sua bellezza».
«Attingete» ha esortato il Pontefice «dalle radici buone dell’impegno di chi serve la società e non “se ne serve” per i propri interessi. Con un generoso impegno per la giustizia, progettate insieme un futuro di pace e di sviluppo. Siate la linfa di speranza che il Paese attende».m(Agenzia Fides 1/12/2025)