OCEANIA/PAPUA NUOVA GUINEA - Tensioni sociali e violenze: il governo proclama lo "stato di emergenza"

venerdì, 12 gennaio 2024 politica   società civile   società  

Port Moresby (Agenzia Fides) - Il Primo Ministro della Papua Nuova Guinea ha dichiarato lo "stato di emergenza", che durerà 14 giorni, annunciando che il capo della polizia è stato sospeso insieme ad altri alti funzionari dei ministeri  delle finanze e del tesoro. Il provvedimento, annunciato ieri, 11 gennaio, giunge dopo disordini e violente proteste che per 48 ore hanno messo a ferro e fuoco la nazione. L'escalation si è verificata dopo  una disputa sulle buste paga dei membri della polizia e di altri dipendenti pubblici, che ha innescato forti tensioni sociali. Ieri la capitale port Moresby è stata devastata da manifestanti scesi in piazza già dal 10 gennaio:  negozi  bruciati, attività commerciali saccheggiate e passanti innocenti aggrediti, in un  caos generalizzato.
I dimostranti hanno preso d'assalto la Manasupe Haus, sede dell'ufficio del Primo Ministro, appiccando fuoco al corpo di guardia e ad altri oggetti davanti ai cancelli. Il Port Moresby General Hospital ha confermato nove morti  e sette decessi nella città di Lae, la seconda più grande della nazione, anch'essa interessata dai disordini. Le imprese locali hanno subito gravi perdite economiche circa 5.000 cittadini sono stati coinvolti e sono rimasti vittime delle proteste.
Il governo ha dichiarato di voler "garantire sicurezza e protezione alla nostra gente, al nostro Paese, alle famiglie”. Dato che le proteste sono state guidate da personale di polizia e da funzionari pubblici - che normalmente avrebbero dovuto rispondere a tali eventi - il governo  ha schierato i militari che ora pattugliano le strade.
Le tensioni hanno avuto origine quando i dipendenti pubblici hanno iniziato a scioperare a causa delle detrazioni ritrovate sulle buste paga, "inspiegabili", secondo i sindacati, pari  fino a 100 dollari al mese,  quota che corrisponde a metà della paga di un dipendente junior. La massiccia detrazione, in un primo momento interpretata come un "aumento delle tasse",  ha suscitato indignazione tra i lavoratori che hanno smesso di lavorare e sono scesi in piazza.
In una situazione divenuta incandescente, la Commissione tributaria ha negato qualsiasi aumento delle tasse, mentre  il Ministero degli Interni ha parlato di “problema tecnico” nel sistema di buste paga e il Ministero  delle finanze ha annunciato, poi, di impegnarsi a controllare e risolvere l'anomalia. In risposta alla violenza, Marape ha detto che il governo correggerà l’errore retributivo, ma ha aggiunto che ci sono altri modi per rispondere a tali rimostranze, pur definendo le questioni sollevate "legittime". Secondo  il Primo Ministro, le proteste sono istigate per motivi politici, accennando a un presunta "influenza politica per far sì che questi eventi avvengano nella nostra città e nel nostro paese", ha detto.  
I disordini arrivano in un momento politico e sociale delicato per la Papua Nuova Guinea. I cittadini soffrono per l'altro costo della vita e l'alto  tasso di disoccupazione che, a detta degli osservatori, rappresentano le ragioni di fondo del malcontento popolare e della protesta.  
Il governo di Marape appare oggi indebolito: in base alla legge vigente, dopo l'elezione, per i primi 18 mesi di governo il Primo ministro non può essere sottoposto  a un voto di sfiducia, per mantenere una certa stabilità al sistema. Per Marape, a capo di  un governo di coalizione,  i 18 mesi scadono a febbraio. Secondo gli osservatori, il Primo Ministro potrebbe presto subire una mozione di mozione di sfiducia presentata dalle opposizioni che, se fosse accolta dal Parlamento, porterebbe a nuove elezioni.
La Papua Nuova Guinea conta circa sette milioni di abitanti ed è un paese che si ispira alla religione  cristiana, come è scritto nel preambolo della  Costituzione, anche se il cristianesimo non è "religione di stato". Il 95% dei papuani professa la fede cristiana,  nelle molte Chiese cristiane presenti nella nazione. I cristiani sono  soprattutto protestanti (al 64%, in maggior parte luterani), i cattolici sono circa il 26%, e il 5% appartiene ad altre denominazioni. 
(PA) (Agenzia Fides 12/1/2024)


Condividi: