AFRICA/SUDAN - I rischi regionali del conflitto in Sudan

sabato, 22 aprile 2023 guerre   gruppi armati  

di Luca Mainoldi
Khartoum (Agenzia Fides) – Il conflitto tra le due fazioni militari in Sudan rischia di ripercuotersi sui Paesi confinanti, anche perché entrambi i contendenti hanno addentellati con gli Stati vicini e sponsor esterni.
Le Forze Armate Sudanesi (FAS) comandante dal generale Abdel Fattah Al-Bourhane hanno forti legami con i loro omologhi egiziani, come evidenziato dal fatto che alcuni militari del Cairo, che si trovavano in Sudan per esercitazioni congiunte, sono stati detenuti temporaneamente dai miliziani delle Forze di Supporto Rapido (RSF), guidate dal rivale di Al-Bourhane, il generale Mohammed Hamdan Daglo (o Dagalo), detto “Hemetti”. La vicinanza tra le forze armate regolari sudanesi e quelle dell’Egitto fa parte della campagna di pressione condotta dal Cairo contro l’Etiopia per via del controllo del flusso delle acque del Nilo, compromesso a dire dell’Egitto, dalla Grand Ethiopian Renaissance Dam (GERD), il più grande impianto idroelettrico mai costruito in Africa.
Si comprende quindi che Addis Abeba veda con favore Daglo piuttosto che Al-Bourhane. Dalle sue roccaforti nel Darfur (nell’ovest del Paese) Daglo con le sue RSF ha intessuto una fitta rete di rapporti transfrontalieri incentrati sul commercio dell’oro estratto dalle miniere dell’area e sull’invio di propri uomini per rinforzare le file dei propri alleati regionali. In particolare Daglo è supportato dall’uomo forte della Cirenaica (est della Libia) Khalifa Haftar, al quale il generale ribelle sudanese avrebbe fornito alcuni mercenari. Il ruolo di Haftar mostra la complessità della situazione politica regionale.
Il generale libico è sponsorizzato dagli Emirati Arabi Uniti, dalla Francia, dalla Russia e dall’Egitto. Quest’ultimo, come si è visto, appoggia Al-Bourhane e non Daglo. Il margine di manovra di Haftar deriva, secondo alcune analisi, dal fatto che questi garantisce la sicurezza della frontiera occidentale egiziana.
Inoltre gli Emirati, sponsor sia di Haftar sia di Daglo, sono i recettori dell’oro estratto dalle miniere sudanesi e da quelle centrafricane, controllate dai miliziani russi della Wagner a loro volti accusati dai Paesi occidentali di collusioni con Daglo. Quest’ultimo sembra immischiarsi pure nel conflitto civile nella Repubblica Centrafricana se non altro per trarre risorse con le quali finanziare la guerra. Si noti che sia le RSF di Daglo sia le FAS di Al-Bourhane dispongono di risorse proprie che potrebbero permettere ai due contendenti di prolungare la guerra a oltranza. Le prime, come detto soprattutto l’oro e la fornitura di mercenari (impiegati ad esempio da Emirati e Arabia Saudita nella guerra in Yemen), le seconde attraverso il controllo di vasti settori dell’economia nazionale (banche, assicurazioni, settore agroalimentare, industria bellica, i cui prodotti sono stati impiegati persino in Ucraina). Le sanzioni imposte al Sudan dai Paesi occidentali per il golpe del 2021 (condotto insieme dai due generali rivali) non hanno impedito l’esplodere del conflitto.
Daglo ha inoltre forti legami familiari con il Ciad, essendo proveniente da un clan arabo ciadiano della tribù Rizeigat. Il capo di stato maggiore del Presidente ciadiano Mahamat Déby, il generale Bichara Issa Djadallah, è un suo cugino diretto. All’interno del potere ciadiano esiste un delicato equilibrio tra gli appartenenti all’etnia Zaghawa (quella del Presidente Déby) e gli arabi che vivono a cavallo tra Ciad e Sudan (come appunto Djadallah). A N’Djamena si teme che un’eventuale vittoria di Daglo nel conflitto sudanese possa incitare le ambizioni della grande comunità araba ciadiana.
Il timore della destabilizzazione del Ciad, magari con l’appoggio dei mercenari della Wagner, ha spinto Washington a riallacciare i rapporti con Al-Bourhane, come testimoniato dalla visita negli USA di un suo uomo, il capo dell’intelligence militare sudanese Mohamed Ali Ahmed Subir, dove ha incontrato esponenti politici, militari e della CIA.
Infine l’eventuale destabilizzazione del Sudan rischia di riverberarsi in Sud Sudan, in preda a sua volta di una guerra civile. (L.M.) (Agenzia Fides 22/4/2023)


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