AFRICA/ZIMBABWE - Si aggrava la crisi politica nello Zimbabwe: anche le elezioni legislative sono contestate mentre non si placa la violenza politica

giovedì, 8 maggio 2008

Harare (Agenzia Fides)- Si acuisce la crisi politica nello Zimbabwe dove sia il partito di governo (ZANU-PF) sia quello dell'opposizione (MDC) contestano i risultati delle elezioni legislative del 29 marzo, vinte dall'opposizione. Si apre così un nuovo terreno di confronto dopo quello relativo al ritardo (oltre un mese) con il quale sono stati proclamati i risultati delle elezioni presidenziali, tenutesi in contemporanea con le legislative.
Finalmente dopo che il 2 maggio la Commissione Elettorale ha reso noti i risultati delle presidenziali (nessun candidato ha vinto con la maggioranza assoluta, si va quindi al ballottaggio), i due maggiori partiti del Paese hanno avviato delle azioni legali per contestare il risultato delle legislative. In particolare lo ZANU-PF ha fatto ricorso per contestare il risultato in 53 delle 210 circoscrizioni elettorali, mentre l'MDC ha presentato ricorso in 52. Il tribunale ha 6 mesi di tempo per giudicare i ricorsi. Si prospettano dunque tempi lunghi con il rischio di un vuoto del potere legislativo in una fase delicatissima per la vita del Paese. Questi timori sono rafforzati dal fatto che non è stata ancora decisa la data del ballottaggio per l'elezione del Presidente (anche questo contestato dall'opposizione, che rivendica la vittoria al primo turno del proprio candidato, Morgan Tsvangirai). La Commissione Elettorale dello Zimbabwe (ZEC) ritiene che il secondo turno si terrà, invece che entro i 21 giorni successivi all'annuncio dei risultati del primo turno delle presidenziali, come previsto dalle legge, “probabilmente entro i 12 mesi” successivi alla diffusione dei risultati elettorali, per problemi di natura logistica. La ZEC è contestata da più parti, compresa dalla Commissione “Giustizia e Pace” della Chiesa cattolica che non la ritiene “più credibile” (vedi Fides 5/5/2008).
L'impasse elettorale aggrava le condizioni di instabilità del Paese, stretto tra un'inflazione altissima e una gravissima disoccupazione, da una parte e la violenza politica del regime del Presidente Mugabe, dall'altra. Le intimidazioni e le violenze contro gli oppositori si sono intensificate dopo le elezioni del 29 marzo, secondo l'MDC, che afferma che 25 suoi membri sono rimasti uccisi da quella data ad oggi. Le ultime vittime delle bande paramilitari e delle forze di sicurezze sono 11 persone uccise nel villaggio di Chiweshe, a 80 chilometri dalla capitale, Harare. Anche il sindacato dei lavoratori agricoli ha denunciato il fatto che dal 29 marzo 40mila contadini sono stati cacciati dalle loro terre dai sostenitori di Mugabe.
Il capo degli osservatori elettorali sudafricani, Kingsley Mamabolo, ha dichiarato che le violenze impediscono lo svolgimento del ballottaggio. “Abbiamo visto persone negli ospedali che affermano di essere state torturate, voi avete le foto delle case distrutte” ha dichiarato Mamabolo ai giornalisti nel corso di una conferenza stampa a Pretoria. “In questo clima non si può svolgere un secondo turno elettorale” ha concluso. (L.M.) (Agenzia Fides 8/4/2008 righe 35 parole 464)


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