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Gerusalemme (Agenzia Fides) - Dopo oltre un anno e mezzo di morte e distruzione, «il momento che stiamo vivendo è terrificante». La popolazione di Gaza è « la prima vittima» di una guerra crudele». E anche quelli che denunciano la ferocia delle violenze subite dai palestinesi di Gaza sembrano ora «senza speranza, paralizzati dalla disperazione e incapaci di aiutare. Esausti». Eppure occorre provare ancora a «gettare le reti», come fecero gli Apostoli secondo il Vangelo di Giovanni, dopo che per tutta la notte avevano provato a pescare invano. Lo chiedono i membri del Gruppo ecumenico “A Jerusalem Voice for Justice», in un nuovo appello diffuso in occasione della Solennità di Pentecoste per lanciare come cristiani di Terra Santa ancor una volta l’allarme «per la recente escalation senza precedenti della guerra israeliana a Gaza». E chiedere a tutti di riempirsi «dell'energia della risurrezione e dello Spirito Santo a Pentecoste» per continuare a «lottare per la vita e la libertà dei nostri fratelli e sorelle a Gaza e in ogni altro luogo della Palestina/Israele».
Nel messaggio, il gruppo ecumenico di testimoni ripete che «Nelle ultime settimane, la situazione è progressivamente peggiorata: oltre ai quasi 55mila morti e agli oltre 120mila feriti, si stanno verificando scarsità di cibo e carestia (le Nazioni Unite hanno recentemente identificato 10mila nuovi casi di malnutrizione). Ospedali e altre strutture quasi del tutto chiusi». Anche la distribuzione degli aiuti avviene sotto il controllo israeliano, gestita in esclusiva da un'agenzia sostenuta dagli Stati Uniti, la Gaza Humanitarian Foundation (GHF).
Il 16 maggio, il direttore esecutivo della GHF, Jake Woods - riporta il documento diffuso da “A Jerusalem Voice of Justice” - «ha dichiarato di rifiutarsi di "partecipare a qualsiasi azione che comporti lo sfollamento forzato della popolazione palestinese». Il 25 maggio 2025, si è dimesso dopo aver chiesto a Israele di consentire l'arrivo degli aiuti attraverso tutti i canali possibili».
Il sistema imposto per la distribuzione degli aiuti, con la difficoltà di raggiungere i punti di erogazione e le uccisioni di persone in attesa di ricevere il necessario per sopravvivere - rimarca il gruppo ecumenico - aumenta «la probabilità che il GHF sia una copertura per le operazioni militari israeliane». Le Nazioni Unite e molte ONG internazionali si legge ancora nel documento - «hanno riconosciuto che questa "distribuzione di aiuti" rappresenta un'escalation della guerra. Sanno benissimo che partecipare a tale "distribuzione" significherebbe rendersi complici dell'utilizzo dell'assistenza alimentare come parte di una strategia di guerra, esplicitamente vietata dalle Convenzioni di Ginevra».
Il gruppo di riflessione ecumenica “A Jerusalem Voice for Justice”, aggregatosi in maniera spontanea, si è costituito di recente davanti allo nuovo scatenarsi di violenza e terrore in Terra Santa, per condividere e offrire spunti di analisi e discernimento sui fatti e sui processi che toccano e tormentano la vita dei popoli nella terra di Gesù. Della rete fanno parte, tra gli altri, Il Patriarca emerito di Gerusalemme dei Latini Michel Sabbah, il Vescovo luterano Munib Younan, il Vescovo greco ortodosso Attallah Hanna, la coordinatrice del Centro ecumenico Sabeel, Sawsan Bitar, il teologo palestinese John Munayer, il padre gesuita David Neuhaus, padre Frans Bouwen dei Missionari d’Africa. (GV) (Agenzia Fides 9/6/2025)