ASIA/BANGLADESH - La cacciata di Sheikh Hasina vista in India come un grave colpo alle posizioni di New Delhi nell’area

lunedì, 12 agosto 2024 politica  

Dacca (Agenzia Fides) - L’estromissione dal potere di Sheikh Hasina Wazed, l’ex Premier al potere da 15 anni in Bangladesh, ha importanti ripercussioni geopolitiche regionali. Da una prima lettura l’India appare aver perso un’alleata preziosa.

L’ex Premier infatti proviene da una famiglia che rivendica la primogenitura dell’indipendenza dell’allora Pakistan orientale da quello occidentale, per andare a formare l’attuale Bangladesh nel 1971. Il padre di Sheikh Hasina, Sheikh Mujibur Rahman, è stato il capo del governo provvisorio del neonato Stato, la cui nascita era stata appoggiata dall’India, muovendo guerra a Karachi (si tratta della terza guerra indo-pachistana dopo quelle del 1948 e del 1965). Sheikh Mujibur Rahman aveva avviato strette relazioni con l’India ma fu ucciso nel 1975 in un golpe militare che vide la sua famiglia sterminata. Solo Sheikh Hasina e sua sorella Sheikh Rehana, che erano in visita nella Repubblica Federale di Germania, sfuggirono alla morte.

Sheikh Hasina trovò temporaneo rifugio in India (Paese che l’ha accolta di nuovo dopo le sue dimissioni del 5 agosto) per poi tornare in Bangladesh dove ha alternato il ruolo di leader d’opposizione a quello di Premier.

Nei suoi ultimi 15 anni di Premier Sheikh Hasina ha cercato di adottare una politica di buon vicinato sia con l’India sia con la Cina, i due giganti vicini. La premier è stata costretta a dimettersi a seguito della rivolta nata dopo che, il 6 giugno, la corte suprema del Bangladesh ha deciso di reintrodurre il sistema di quote di lavori governativi che assegna il 30% delle posizioni ai discendenti dei “freedom fighters” della guerra che nel 1971.

La sua estromissione dal potere è vista in India come un indebolimento dell’influenza di New Delhi nel Paese a beneficio di Pakistan e Cina.
Ad avvalorare le preoccupazioni indiane vi sono le violenze contro la minoranze Hindu che sarebbero istigate dalla Jamaat-e-Islami, partito islamista ispirato ai Fratelli Musulmani, che si era opposto alla spartizione del Pakistan e alla conseguente indipendenza del Bangladesh. Il partito attraverso il suo movimento studentesco (Islami Chhatra Shibir, ICS) ha partecipato alle proteste sulle quote ed era stato bandito dal governo di Hasina il 1° agosto.

La branca bengalese della Jamaat-e-Islami (esiste infatti una branca pachistana e un’altra indiana) ha conservato importanti legami con il governo di Islamabad. La stampa indiana in particolare accusa l’ISI, il potente servizio segreto pachistano, di aver veicolato agli studenti in rivolta (e soprattutto a quelli dell’ICS) fondi propri e di origine cinese per alimentare le proteste e far cadere Sheikh Hasina. Accuse tutte da dimostrare, ma di certo il governo indiano è preoccupato per le violenze contro la comunità Hindu bengalese e teme che il suo vicino possa diventare una base per attività di destabilizzazione degli Stati orientali della Federazione.

Ma i sospetti di New Delhi non si fermano a Pakistan e Cina. Anche l’atteggiamento degli Stati Uniti viene guardato con una certa diffidenza da parte indiana; dal denunciare le elezioni del Bangladesh all’inizio di quest’anno (vinte da Hasina) come “non libere e giuste” a una dichiarazione ufficiale di “accoglienza del governo ad interim di Dacca” nel giro di poche ore dopo che Hasina era fuggita dal Paese. Al fatto stesso che all’ex Premier è stato revocato il visto d’ingresso sia dalla Gran Bretagna sia dagli Stati Uniti. Se per Londra, alle prese con scontri interni tra estremisti suprematisti bianchi ed estremisti islamisti, questa misura può essere stata presa per non gettare ulteriore benzina sul fuoco sul fronte interno, per Washington questa può essere inquadrata nella tradizionale politica di circoli legati alle amministrazioni a guida democratica di cercare intese con movimenti islamisti non solo in Paesi arabi ma anche del resto del mondo. (L.M.) (Agenzia Fides 12/8/2024)


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