Manila (Agenzia Fides) - La Camera dei rappresentanti delle Filippine ha avviato una indagine sulla "guerra alla droga", la campagna di stato lanciata e realizzata dall'ex presidente Rodrigo Duterte negli anni della sua presidenza (2016-2022). Quella campagna, che intendeva sradicare il fenomeno dello spaccio di droga dalle periferie delle grandi città, soprattutto Manila, ha causato circa 30.000 vittime, come denunciarono le organizzazioni della società civile, a livello nazionale e internazionale..
L'inchiesta aperta in parlamento, guidata dal Comitato per i diritti umani della Camera, ha previsto diverse udienze: in alcune sono stati ascoltati i familiari della vittime della guerra; in altre udienze sono comparse persone coinvolte come funzionari pubblici; tra costoro, è stato convocato anche Duterte, l'ideatore e promotore della campagna.
Tra le persone interpellate, il colonnello della polizia Jovie Espenido, noto per la sua partecipazione ai raid della guerra alla droga, ha ammesso che sono state commesse violazioni dei diritti umani. È stata invitata a testimoniare anche l'ex senatore e ministro della giustizia Leila de Lima, che aveva aspramente criticato la campagna prima di essere arrestata nel 2017 per presunta corruzione: la donna ha trascorso sei anni in carcere, dopo di che che a è stata assolta da tutte le accuse penali.
Il Senatore Bato Dela Rosa che, prima delle elezioni, è stato il primo capo della Polizia sotto il governo di Duterte, chiamato ad attuare la "guerra alla droga", ha rinunciato a testimoniare davanti alla Commissione ma, durante una udienza in Senato, ha definito tale politica dell'ex presidente "un abuso" . "Ammettiamo che ci siano casi in cui i diritti delle persone sono stati effettivamente violati. Ecco perché ogni caso dovrebbe essere indagato individualmente ", ha affermato Dela Rosa il 27 giugno.
Nel maggio scorso anche l'attuale presidente Ferdinand Marcos jr ha affermato che "l'attenzione all'applicazione della legge" durante la guerra alla droga di Duterte ha portato ad "abusi da parte di alcuni elementi del governo". Tuttavia Marcos ha costantemente difeso Duterte dall'inchiesta della Corte penale internazionale (CPI), insistendo sul fatto che la CPI non ha giurisdizione nel paese.
Uno dei più fieri oppositori verso la "guerra alla droga" è stato il sacerdote Redentorista filippino p. Amado Picardal, deceduto il 29 maggio scorso. Religioso impegnato nei movimenti per la pace e la giustizia, Picardal aveva denunciato gli omicidi perpetrati dai cosiddetti "Squadroni della morte" già a Davao, dove Duterte era stato sindaco prima della presidenza nazionale. Nel 1999 Picardal ha contribuito a fondare la "Coalition against summary executions" , al fine di documentare le uccisioni.
L'organizzazione internazionale per i diritti umani "Amnesty International" ha affermato che gli omicidi compiuti nel corso della "guerra alla droga" erano di natura "deliberata e sistematica" e sembravano far parte di un "attacco orchestrato dal governo contro i poveri".
(PA) (Agenzia Fides 3/7/2024)