di Gianni Valente
Roma (Agenzia Fides) - Il 4 febbraio 2019, quando il Vescovo di Roma e il Grande Imam di Al Azhar firmarono a Abu Dhabi il Documento sulla Fratellanza umana per la pace universale e la convivenza comune, il loro gesto non annunciato spiazzò molti. Anche la macchina dell’informazione specializzata ebbe bisogno di un po’ di tempo a prendere le misure del documento, e darne conto in maniera appropriata.
Cinque anni dopo, nel tempo stravolto dalle guerre e assalito da quelli che vogliono “accelerare l’Apocalisse”, il Documento di Abu Dhabi svela sempre più tutta la sua portata profetica. Lo suggerisce anche il Vescovo Paolo Martinelli, Vicario apostolico dell’Arabia Meridionale nella lettera rilanciata anche dall’Agenzia Fides.
Cinque anni fa, nel clima segnato dal delirio jihadista che spargeva terrore in Medio Oriente e nel mondo, l’attenzione anche mediatica, soprattutto nei circuiti occidentali, fu orientata a concentrarsi sui passaggi del testo che ponevano solidi argini davanti a ogni pulsione a trasformare le parole e i richiami religiosi in benzina per fomentare «sentimenti di odio, ostilità, estremismo», sfigurando il nome di Dio.
In effetti, Papa Francesco e lo Sheikh Ahmed al Tayyeb chiamano in causa «l’uso politico delle religioni» e anche le «interpretazioni di gruppi di uomini di religione» che hanno abusato del sentimento religioso per spingere gli uomini a «compiere ciò che non ha nulla a che vedere con la verità della religione». Nel documento si ripete che «Dio, l’Onnipotente, non ha bisogno di essere difeso da nessuno e non vuole che il Suo nome venga usato per terrorizzare la gente». Si legge anche che Dio «ha creato tutti gli esseri umani uguali nei diritti, nei doveri e nella dignità»; ha donato loro la libertà, «creandoli liberi», e per questo «ciascuno gode della libertà di credo, di pensiero, di espressione e di azione».
Ma il documento non era e non è solo una messa in guardia con “istruzioni” per arginare le aberrazioni che sfigurano il senso religioso. Nel testo, il Papa e l’Imam attestano che la riscoperta della fraternità dei figli di Dio è anche una “riserva” di pensiero critico davanti a idolatrie individualiste, neo-colonizzazioni culturali e processi di disumanizzazione che inondano il tempo della globalizzazione.
Nel testo firmato insieme, Papa Francesco e l’Imam al Tayyeb ripetono anche che l’ingiustizia e la distribuzione iniqua delle risorse naturali «hanno generato, e continuano a farlo, enormi quantità di malati, di bisognosi e di morti, provocando crisi letali»; che la famiglia è «essenziale» come nucleo fondamentale della società e dell’umanità, «per dare alla luce dei figli, allevarli, educarli, fornire loro una solida morale»; che la vita è un dono del Creatore «che nessuno ha il diritto di togliere, minacciare o manipolare a suo piacimento», e deve essere custodito «dal suo inizio fino alla sua morte naturale», contrastando anche «l’aborto e l’eutanasia e le politiche che sostengono tutto questo».
Papa e Imam, oltre a arginare i deliri che abusano delle parole religiose, riconoscono come i processi di disumanizzazione in atto hanno come manifestazione anche «una coscienza umana anestetizzata e l’allontanamento dai valori religiosi, nonché il predominio dell’individualismo e delle filosofie materialistiche che divinizzano l’uomo».
La profezia del Documento sulla Fratellanza di Abu Dhabi attinge forza e intensità da sorgenti che la precedono. E l’intuizione di Papa Francesco si muove nell’alveo della grande Tradizione della Chiesa, che anche al Concilio Vaticano II, nella Dichiarazione Nostra Aetate, aveva riconosciuto come «Non possiamo invocare Dio come Padre di tutti gli uomini, se ci rifiutiamo di comportarci da fratelli verso alcuni tra gli uomini che sono creati ad immagine di Dio».
Nella stessa Dichiarazione Nostra Aetate, il Concilio Vaticano II ha affermato che la Chiesa onora e guarda con stima i musulmani che «cercano di sottomettersi con tutto il cuore ai decreti di Dio», e «attendono il giorno del giudizio, quando Dio retribuirà tutti gli uomini resuscitati».
A Damasco, uno dei tre minareti dell’immensa moschea degli Omayyadi è conosciuto come il minareto di Gesù. Secondo una tradizione custodita dai musulmani damasceni, proprio su quella torre Gesù apparirà nel giorno del suo ritorno per sconfiggere l’Anticristo, per annunciare la fine dei tempi e dividere i buoni dagli tempi.
Davanti alle guerre che massacrano popoli interi, e davanti ai banditori tel terrore che, da parti diverse, concorrono nel voler “accelerare l’Apocalisse”, anche la profezia di Abu Dhabi lascia intuire e fa intravedere che il cammino della Chiesa dal Concilio a oggi nei rapporti con le comunità di fede non è sentimentalismo spiritualista, ma ha misteriosamente a che fare con tutto questo. Ha a che fare con ciò che aveva intuito anche il teologo Dietrich Bonhoeffer, davanti all’imperversare del delirio nazista, «Esiste una sorta di inconscio discernimento» ha scritto il grande teologo luterano «che, nell’ora dell’estremo pericolo, conduce chiunque non voglia cadere sotto i colpi dell’Anticristo a cercare rifugio in Cristo». (Agenzia Fides 4/2/2024)