di Gianni Valente
Awali (Agenzia Fides) - In Bahrain, il Regno- arcipelago che stamane, sabato 5 novembre, ha visto raccogliersi circa 30mila persone nel Bahrain National Stadium di Awali per partecipare alla concelebrazione liturgica presieduta da Papa Francesco, i cattolici nel 1938 erano meno di centocinquanta. Oggi – suggeriscono per approssimazione i responsabili di quella Chiesa locale – sono almeno 80mila. Una crescita sorprendente, non programmata, collegata con gli impressionanti flussi migratori che negli ultimi decenni hanno portato in tutti i Paesi della Penisola arabica anche milioni di immigrati cattolici in cerca di lavoro.
L’incremento travolgente della comunità cattolica in Bahrain e in tutta la Penisola Arabica è avvenuto in un Paese senza poderose strutture ecclesiali e articolati “programmi” pastorali. Sacerdoti, suore e vescovi missionari, arrivati anche loro da lontano, hanno accompagnato per decenni con sagacia apostolica il cammino di quel variegato popolo di Dio giunto nell’Emirato – ora Regno – del Bahrain in cerca di lavoro. I responsabili della Chiesa locale, agendo di concerto con la Congregazione di Propaganda Fide, hanno trovato anche le strade e i modi per allacciare con lungimiranza buoni rapporti con le autorità locali, adattando anche le forme esteriori della vita ecclesiale alla situazione data. Ricordare alcune delle loro figure è un modo per raccontare una delle più originali avventure missionarie dell’ultimo secolo.
La prima chiesa e il Vescovo deportato
Nel 1938, i circa 150 battezzati cattolici presenti in Bahrain potevano ricevere i sacramenti solo in occasione delle sporadiche visite compiute nell’Arcipelago da un sacerdote carmelitano che veniva da Baghdad. Quando era iniziato l’afflusso di immigrati cattolici, in cerca di occupazione, il Vescovo Giovanni Battista Tirinnanzi, Vicario apostolico di Arabia – a quel tempo residente a Aden, nello Yemen – si era recato in Bahrain e era stato ricevuto dall’emiro di allora - Hamad bin Isa Al Khalifa, trisnonno e omonimo dell’attuale Sovrano –, al quale aveva chiesto un terreno per costruire una chiesa, destinata a divenire il primo luogo di culto cattolico eretto nella regione del Golfo Persico in tempi moderni. La chiesa, dedicata al Sacro Cuore di Gesù, fu consacrata l’8 marzo 1940. Dopo l’inizio della Seconda Guerra mondiale, le forze d’occupazione britanniche nello Yemen mostrarono insofferenza per la presenza di un vescovo italiano nella loro colonia, e il Vicario apostolico Tirinnanzi fu costretto a rientrare in Italia. In Bahrain, a seguire i lavori di costruzione della chiesa era stato chiamato dalla Toscana il frate cappuccino Irzio Luigi Magliacani Nel dicembre 1941, anche padre Magliacani, essendo italiano, fu arretato dalle truppe inglesi e deportato per tre anni in India, in un campo di concentramento nel Distretto di Dehradun. Nel 1950, lo stesso Magliacani fu nominato Vicario apostolico d’Arabia, mentre nel maggio 1953 fu avviata la scuola del Sacro Cuore, adiacente alla parrocchia di Manama e affidata alla cura delle Suore comboniane.
A partire dalla metà dagli anni Cinquanta, l’afflusso di lavoratori immigrati cattolici in Bahrain iniziò a crescere in maniera esponenziale. La parrocchia vide espandere in maniera progressiva le proprie attività pastorali e caritative sotto la guida del parroco Felicio Diniz.
I 29 anni da Vicario del Vescovo Gremoli
Alla fine degli anni Sessanta, Aden divenne Capitale della repubblica Democratica popolare dello Yemen, di matrice marxista, e il Vicariato d’Arabia perse la sua sede storica. Dopo alcuni anni di “sede vacante”, nel 1975 Paolo VI nominò Vicario apostolico d’Arabia il frate cappuccino Giovanni Bernardo Gremoli, che fu ordinato Vescovo dal Cardinale Brasiliano Agnelo Rossi, a quel tempo Prefetto della Congregazione per l’Evangelizzazione dei Popoli. Gremoli rimase alla guida del Vicariato – la cui sede era stata trasferita a Abu Dhabi – fino al 2005. Nel 2008, raccontando in un’intervista la sua lunga esperienza e la pazienza utilizzata nelle trattative con le autorità locali per ottenere le autorizzazioni a costruire nuove chiese, il Vescovo Gremoli aveva sottolineato come i governanti dei Paesi compresi nel Vicariato gli avevano spesso manifestato apprezzamento per «la buona condotta dei nostri cattolici, i quali si sono sempre impegnati a osservare le regole di convivenza locali e hanno mostrato un fervore religioso che ha impressionato positivamente le autorità locali». La dinastia che guida il Bahrain – aveva sottolineato tra il Vescovo Gremoli, - «è stata sempre benevola verso i cattolici».
La compagnia dei martiri e dei santi
Nel 2005, il missionario comboniano veneto Camillo Ballin era stato nominato Vicario apostolico del Kuwait e era stato consacrato Vescovo nella cattedrale di Kuwait City dal Cardinale Crescenzio Sepe, a quel tempo Prefetto della Congregazione di Propaganda Fide. Nel 2011, la Santa Sede ha ridisegnato le circoscrizioni ecclesiastiche nei Paesi della Penisola arabica, estendendo la giurisdizione del Vicariato apostolico del Kuwait ai territori del Bahrain, del Qatar e dell’Arabia Saudita. E’ così nato il Vicariato apostolico dell’Arabia settentrionale, affidato alla guida del Vescovo comboniano . Per 15 anni anche il Vicario apostolico Ballin ha servito con realismo le tante comunità di battezzati cattolici – più di due milioni, di cui più di un milione in Arabia Saudita, priva di chiese – giunti nel suo Vicariato apostolico seguendo i flussi dell’immigrazione da lavoro e provenienti da decine di nazioni diverse, a cominciare da India e Filippine.
Nei suoi interventi pubblici, anche rispondendo a domande che puntavano a enfatizzare contrapposizioni tra cristianesimo e islam, il Vescovo Ballin – che per muoversi con più facilità nei territori del Vicariato aveva preso il passaporto bahrainita - riconosceva che nei Paesi compresi nel Vicariato a lui affidato «non ci sono persecuzioni in corso». L’intensità dello sguardo di fede con cui guardava alle vicende dei cristiani della Penisola arabica era affiorata anche nelle parole da lui affidate all’Agenzia Fides (vedi Fides 5/3/2016) in occasione del martirio delle quattro suore Missionarie della Carità trucidate il 4 marzo 2016 in Yemen dal commando di terroristi che quel giorno avevano assaltato una casa di cura nella città di Aden, uccidendo insieme alle religiose altre 12 persone. «Più la Chiesa è vicina a Gesù Cristo – aveva detto il Vicario apostolico dell’Arabia settentrionale davanti a quei fatti di martirio - più partecipa della sua passione». «Chi si avvicina a Cristo è coinvolto nella sua passione e nella sua morte, per esserlo anche nella gloria della sua vittoria».
Il vescovo Ballin è morto per malattia il 12 aprile 2020. Ora il Vicariato apostolico dell’Arabia settentrionale è guidato dall’Amministratore apostolico Paul Hinder, il Vescovo cappuccino svizzero che fino allo scorso maggio era stato anche a capo del Vicariato apostolico dell’Arabia meridionale (la cui giurisdizione comprende gli Emirati Arabi Uniti, l’Oman e lo Yemen). E’ stato il Vescovo Hinder (vedi foto) a rivolgere a Papa Francesco le consuete parole di ringraziamento, al termine della messa celebrata nel Bahrain National Stadium. «Come il Vostro patrono San Francesco d’Assisi – ha detto tra l’altro il Vescovo Hinder, rivolto al Successore di Pietro - Lei non ha paura di costruire ponti con il mondo musulmano e di mostrare la Vostra vicinanza fraterna a tutte le persone di buona volontà, indipendentemente dal loro background culturale e credo religioso. Noi cristiani del Medio Oriente – quelli di antica tradizione orientale e quelli che, come migranti, risiedono temporaneamente in questa parte del mondo – cerchiamo di attuare l’invito di San Francesco ai suoi fratelli a “vivere spiritualmente tra i musulmani... per non litigare e (semplicemente) riconoscere che (noi) siamo cristiani”». (Agenzia Fides 5/11/2022)