Johannesburg (Agenzia Fides) - Sabato 16 settembre 1995 Giovanni Paolo II lasciò Yaoundé, capitale del Camerun, alla volta del Sudafrica, per la sua prima visita pastorale in questo Paese che, dopo i lunghi anni dell’apartheid, stava incamminandosi non senza difficoltà sulla strada della democrazia. “Oggi il mio viaggio mi porta in Sudafrica, nel nuovo Sudafrica, una nazione che si è posta fermamente sulla via della riconciliazione e dell’armonia tra tutti i suoi abitanti” disse il Santo Padre durante la cerimonia di benvenuto cui era presente il Presidente della Repubblica, Nelson Mandela.
Nell’omelia celebrata al mattino di domenica 17 settembre nel Gosforth Park di Germiston a Johannesburg, il Papa invocò da Dio il dono della pace per tutti i popoli: “…in particolare in Rwanda e in Burundi, in Sudan, in Algeria e fino a poco tempo fa nella Repubblica del Sudafrica, a causa dell’apartheid... Vedendo quanto avviene qui, gli uomini e le donne di buona volontà sperano che anche in altre parti di questo continente e in tutto il mondo, la violenza cederà il posto al dialogo e alla concordia, e la vita degli uomini, donne e bambini innocenti, non sarà più in pericolo per motivi che, molto spesso, questi ultimi non condividono e non comprendono”. Richiamando ancora il tema della pace, dono di Dio ma anche compito affidato a tutti noi, argomento dominante della liturgia, il Papa sottolineò: “Uno dei temi cui il Sinodo ha dedicato particolare attenzione è stato la connessione tra il Vangelo di Salvezza, attraverso la fede in Gesù Cristo, e il progresso della giustizia e della pace a ogni livello dei rapporti umani”.
L’azione della Chiesa si è sempre orientata, attraverso iniziative diverse, nell’edificazione di una società conforme ai diritti dell’uomo. “L’Esortazione apostolica che stiamo celebrando - affermò il Papa - non offre un programma per lo sviluppo materiale e politico, in quanto ciò compete ai cittadini e alle guide responsabili in ogni Paese. Essa offre una visione del dovere morale che appartiene a tutti, e indica la strada che la Chiesa intende seguire per servire il completo benessere delle popolazioni africane”.
La prima sfida che oggi i popoli dell’Africa incontrano su tale strada è quella di una “conversione alla solidarietà, caratterizzata dalla magnanimità, dal perdono reciproco e dalla riconciliazione”. E’ questo l’unico cammino possibile per superare il completo fallimento morale dei preconcetti razziali e delle rivalità etniche. Infine il Papa si rivolse alle donne africane, ricordando “i pesanti fardelli” che gravano sulle loro spalle, le ingiustizie, le violenze e i crimini contro di esse. “La Chiesa sa che voi avete un ruolo insostituibile nell’umanizzare la società - ha affermato il Papa -. La Chiesa quindi si appella a voi in modo particolare per rispettare, tutelare, amare e servire la vita, ogni vita umana, dal concepimento alla morte naturale!”
Nel pomeriggio di domenica 17 settembre 1995, Giovanni Paolo II presiedette la seconda Sessione celebrativa del Sinodo per l’Africa nella Cattedrale di Johannesburg. “Dopo duemila anni, la proclamazione del Vangelo della salvezza in nostro Signore Gesù Cristo rimane l’ obiettivo principale e onnicomprensivo della vita e della missione della Chiesa... Lo Spirito esorta la Chiesa in Africa ad essere una Chiesa di missione che diventa essa stessa missionaria” ha affermato il Papa nel suo discorso.
Dopo aver ricordato come il Sinodo abbia ascoltato con attenzione e partecipazione il grido angosciato dei molti africani che vivono in situazioni preoccupanti, il Papa ribadì che “il giudizio morale del Sinodo circa questa situazione è allo stesso tempo compassionevole e severo” : “I Padri sinodali hanno compreso chiaramente che la situazione di disumanizzazione e oppressione che affligge i loro popoli, pone la comunità ecclesiale di fronte ad una crisi - nel senso vero e proprio di < giudizio > - e a una sfida: la crisi di conversione, santità e integrità, per essere testimone credibile; la sfida a sviluppare il pieno potenziale del messaggio evangelico di adozione divina per liberare gli uomini e le donne del nostro tempo dal peccato e dalle strutture di peccato”.
L’Africa ha vissuto una lunga storia di sfruttamento che ancora oggi perdura in forme diverse (debito, commercio delle armi, scarico di rifiuti tossici): “Non solo la Chiesa ma anche molti organismi internazionali hanno sottolineato la necessità di programmi di aiuto e politiche economiche per promuovere un autentico progresso e sviluppo sociale” ha ricordato il Pontefice, sottolineando che gli africani “devono essere i principali artefici di un futuro migliore”. Tra i mali che meritano unanime condanna risaltano le divisioni e le tensioni etniche, “che a volte portano a crimini nefasti, come è avvenuto di recente in Rwanda e Burundi”.
Il Papa ha quindi menzionato “i milioni di rifugiati e il numero ancora più elevato di sfollati in terra africana” per motivi diversi: “Sono nostri fratelli e sorelle. Hanno bisogno dell’aiuto della comunità internazionale. Hanno bisogno dell’aiuto della stessa Africa!”. Del resto molti problemi del continente sono la conseguenza di un modo di governare spesso inquinato dalla corruzione; solo una maggiore partecipazione alla vita democratica dei rispettivi Paesi e il rispetto delle leggi da parte degli eletti, potrà portare ad una pacifica trasformazione delle istituzioni.
“L’Africa rappresenta una sfida per la Chiesa!” ha esclamato Giovanni Paolo II esortando la Chiesa in Africa a impegnarsi sempre più attivamente nella lotta per la difesa della dignità personale, per la giustizia e la pace sociale, per la promozione umana, per la liberazione e lo sviluppo integrale dell’uomo. Infine il Papa ha solennemente assicurato ai Vescovi, ai fedeli e a tutta la comunità cristiana, che la Chiesa universale “continuerà a condividere con voi il fardello dei vostri problemi e le difficoltà presenti nel vostro cammino verso un futuro migliore”. (S.L.) (Agenzia Fides 11/04/2005)