Lomé (Agenzia Fides)- Il Togo è un piccolo paese con una superficie di 56.785 km², una popolazione di 4,2 milioni di abitanti il cui reddito medio è di 310 dollari. Il 32,3% degli abitanti del Togo vive al di sotto della soglia di povertà, con la metà dei poveri che vivono in condizioni di estrema indigenza.
Alla fine degli anni ’90 l’agricoltura rappresentava il 35% del PIL e impiegava il 75 % della popolazione attiva. La maggior parte degli agricoltori sono piccoli coltivatori che utilizzano metodi tradizionali. Più di un terzo della popolazione vive nella regione meridionale costiera dove è situata la capitale Lomé. Nel corso degli ultimi anni, la capitale è stata interessata dal forte inurbamento causato dall’esodo dalle campagne: alla fine del 2000, Lomé contava 1 milione di abitanti, con un incremento annuo del 6%. Il tasso di crescita demografico del 3.1%, è uno dei più alti del mondo e comporta una densità di popolazione di 72 abitanti per km², che supera quello della maggior parte dei paesi dell’Africa occidentale.
Sul piano religioso, il 33% della popolazione è animista (religioni tradizionali), il 27,8 % è cattolico, il 13,7% musulmano sunnita e il 9,5% protestante. Il restante 16% comprende adepti di altre religioni. Diverse persone che hanno aderito alle religioni più diffuse continuano a praticare rituali delle religioni indigene tradizionali.
La Chiesa cattolica è ben radicata su tutto il territorio conta 7 diocesi, 154 parrocchie con circa 300 sacerdoti diocesani e una sessantina di preti Fidei Donum e centinaia di religiosi e religiose.
Il dialogo islamico - cristiano, e il dialogo tra la Chiesa cattolica e le altre confessioni cristiane avanza a piccoli passi. Diversi progressi sono stati fatti ma altri sforzi restano ancora da fare. Nel nord del paese, la diocesi di Sokodé, a maggioranza musulmana, è un esempio della coabitazione tra cristiani e musulmani. Don Frédéric Bangna, ex responsabile diocesano per il dialogo islamico - cristiano e attualmente professore al Seminario Maggiore Giovanni Paolo II di Lomé afferma che: “Abbiamo buoni rapporti con i musulmani. Ci incontriamo spesso nelle riunioni di preghiera, organizzate delle autorità del posto. Inoltre in occasione delle feste musulmane, faccio giungere alle autorità islamiche cittadine un messaggio del Papa inviato a tutti i responsabili musulmani nelle regioni a maggioranza islamica. I fedeli islamici, inoltre, guardano con molto rispetto ai cattolici grazie alle relazioni sociali che si sono sviluppate in città”.
Nell’Arcidiocesi di Lomé, una tavola rotonda ha riunito animisti, musulmani, presbiteriani e cattolici sotto l’egida di p. Christian Agbelekpo, ex parroco di Santa Rita e attuale direttore diocesano delle Pontificie Opere Missionarie. La tavola rotonda ha affrontato i punti di vista delle diverse religioni sul concetto di “Dio Padre”. Tutti sono stati d’accordo sul fatto che Dio è l’ unico vero Padre di tutti. Gli animisti togolesi lo chiamano “Ata Togbe”, i presbiteriani lo considerano come il Padre e la Madre, i musulmani lo riconoscono come l’unico creatore così come i cattolici. “Il solo fatto di riunirsi per condividere i nostri punti di vista su un argomento simile favorisce l’avvicinamento reciproco” riconosce don Agbelekpo.
Attraverso queste forme di dialogo interreligioso si vuole arrivare alla reciproca comprensione. Lo scopo del dialogo non è dunque quello di convertire l’altro, ma di meglio rispettarlo.
Le chiese evangeliche presbiteriane e metodiste del Togo, da parte loro, nell’ambito della Conferenza delle Chiese dell’Africa (CETA) e soprattutto del Consiglio cristiano del Togo, cercano da qualche anno di fare opera di riconciliazione tra le comunità religiose attraverso le attività di formazione. Hanno sviluppato in particolare un modulo di formazione dedicato alle “relazioni interreligiose e all’instaurazione della pace” per i giovani cristiani del Togo. “Siamo convinti che attraverso la formazione dei nostri aderenti, arriveremo a un dialogo vero e costruttivo tra le differenti confessioni religiose del nostro paese” ha affermato il pastore Lawson Godson, ex segretario generale della Chiesa metodista del Togo.
I corsi svolti dal Consiglio Cristiano del Togo (CCT) sono basati sui concetti della tolleranza e della coesistenza pacifica. Lo scopo è quello di evitare le polemiche e le guerre del passato, perché il cristianesimo e l’Islam hanno molte cose in comune. Di conseguenza, secondo i responsabili della CCT, bisognerà mettere l’accento sull’importanza dei giovani come attori del cambiamento nell’instaurare la pace. Accettando le loro differenze nella vita di tutti i giorni, i gruppi religiosi devono servire d’esempio ai partiti politici, ai gruppi etnici e alle altre organizzazioni.
Diffusione delle sette
Il governo togolese ha stabilito alcuni criteri per il riconoscimento delle organizzazioni religiose al di là delle principali religioni - cattolicesimo, protestantesimo e Islam- che sono riconosciute ufficialmente. Le autorità hanno accettato 97 gruppi religiosi, la maggior parte dei quali sono piccoli gruppi protestanti e alcuni nuovi movimenti musulmani. Secondo la direzione della sicurezza civile del Ministro dell’Interno, nel 2000, 38 gruppi religiosi hanno presentato domanda al governo per un riconoscimento ufficiale. Dal 1991, 317 gruppi hanno depositato domanda di riconoscimento. L’Unione Musulmana del Togo riferisce che dal 1991, un totale di 52 gruppi islamici si sono iscritti al Ministero dell’Interno e all’Unione Musulmana del Togo, comprese le Organizzazioni Non Governative (ONG) islamiche di sviluppo e gli organismi radio-televisivi islamici.
Traffico e schiavitù di bambini
L’ampiezza del fenomeno del traffico dei bambini nel Togo resta difficile da decifrare. La direzione per la promozione e la protezione della famiglia e dell’infanzia (DPPFE) però aggiorna le statistiche dei bambini vittime del traffico. Questa struttura statale, afferma che tra gennaio e febbraio 2002 circa 125 bambini sono state vittime del traffico. Di questi, 107 sono stati intercettati prima del loro trasferimento all’estero e gli altri 8 sono ritornati in Togo provenienti dal Gabon. Il numero dei bambini rimpatriati o intercettati secondo la DPPFE per gli anni 1999, 2000, 2001 e 2002 è rispettivamente di 337, 18, 265 e 200 bambini.
Il traffico di bambini colpisce tutte le regioni del paese. Secondo uno studio effettuato nel febbraio 2002, dal “Piano Togo”, branca di un’organizzazione internazionale, le cause di questo fenomeno sono molteplici. La povertà e l’irresponsabilità dei genitori, l’ignoranza dei bambini, l’analfabetismo, la ricerca del guadagno facile, la disoccupazione, l’attrattiva della città e dei paesi stranieri, l’assenza di centri di formazione e di apprendimento. Gli autori dello studio affermano che l’insieme di queste cause provocano diversi effetti tra cui la perdita di forza lavoro, il maltrattamento dei bambini, la delinquenza. “La conseguenza è che questa situazione impedisce al bambino di costruire il suo futuro, peggio non lo prepara a una vita adulta responsabile” afferma lo studio.
Le autorità sono impegnate a lottare contro la tratta dei bambini. Nel paese fioriscono i progetti di sostegno al reinserimento delle piccole vittime. La sensibilizzazione dei genitori e la creazione di comitati di villaggio per prevenire la tratta, possono essere potenti mezzi di prevenzione contro questo crimine.
Dal giugno 2004, il governo americano aiuta a combattere la tratta dei bambini togolesi attraverso il programma “Labor Education Initiative”, un’iniziativa educativa sul lavoro minorile dal valore di 2 milioni di dollari statunitensi. Il programma mira oltre alla riduzione del traffico dei bambini, alla promozione della frequentazione della scuola.
Situazione della donna
Le donne del Togo rappresentano circa la metà della popolazione totale del paese e assicurano l’essenziale della produzione della ricchezza nazionale in quanto impegnate nell’agricoltura e nel commercio. Sul piano politico, vi sono però poche donne che hanno responsabilità di primo piano. Vi sono comunque donne che occupano posti ministeriali e parlamentari.
Sul piano legislativo vi sono stati progressi attraverso leggi nazionali per la promozione e la protezione dei diritti delle donne. Queste leggi hanno sia aspetti positivi che negativi. Tra quelli positivi si nota il valore accordato alla dote nel matrimonio e il suo ammontare determinato dalla legge, il consenso della donna al matrimonio, il diritto di successione e la protezione dei diritti della vedova garantiti dal codice di famiglia, e la possibilità della vedova di rifiutare di sottomettersi a cerimonie di lutto tali da portare offesa al suo pudore. Tra gli aspetti negativi si possono citare, il fatto che l’età matrimoniale fissata dalla legge per le ragazze è inferiore a quella dei ragazzi, la patria potestà esercitata solo dall’uomo nel caso che i genitori non siano sposati, l’applicazione del diritto legale di successione solo nel caso che il defunto aveva rinunciato all’applicazione del diritto consuetudinario di successione, e l’ammissione della donna al titolo di funzionario in prova previa la presentazione di un certificato medico che attesti che è adatta all’impiego richiesto e che non è in stato interessante da più di 5 mesi. Per questo motivo un centinaio di organizzazioni femminili sono impegnate da qualche anno nel processo di miglioramento dello stato giuridico della donna.
Attraverso i suoi molteplici aspetti, il paese presenta un certa diversità in materia di culto, di situazioni sociali, di dialogo tra le religioni, di condizione dei bambini e della donna. Malgrado la situazione caotica che prevale nel paese, si può pensare che i futuri progressi democratici, permetteranno al Togo di presentare un quadro migliore. (Agenzia Fides 18/3/2005 righe 117 parole 1493)