Islamabad (Agenzia Fides) – Si complica il caso di Rimsha Masih, la bambina 11enne cristiana incriminata per blasfemia in Pakistan. Questa mattina, all’udienza davanti al giudice Javad Abbas, di un Tribunale di primo grado di Islamabad, l’Avvocato difensore della bambina, Tahir Naveed Chaudry, ha trovato una novità: si sono presentati gli avvocati della controparte (in questo caso il ragazzo che aveva presentato la denuncia contro Rimsha, firmando il First Information Report, come testimone oculare dell’atto blasfemo). Finora, nelle udienze precedenti, la controparte era assente. Gli avvocati hanno sollevato un’eccezione, contestando i risultati della perizia svolta su Rimsha dalla Commissione medica e non riconoscendone il rapporto finale. Il giudice ha dunque ordinato che tale relazione sia sottoposta ad una verifica da parte di esperti (medici legali e alti funzionari) dello stato. La Corte ha poi fissato una nuova udienza per dopodomani, 1° settembre.
L’avvocato Tahir Naveed Chaudry, palesando una certa delusione sua e della famiglia di Rimsha, spiega a Fides: “Abbiamo dovuto per la prima volta confrontarci con altri avvocati di parte, hanno fatto il loro lavoro. Ora dovremo aspettare i risultati di questa verifica del Rapporto della Commissione medica, poi tutto sarà nelle mani della Corte. Credo che quella del 1° settembre possa essere comunque l’udienza finale sul caso. Restiamo fiduciosi sull’esito”.
Fonti di Fides notano che gli avvocati della “controparte” sono stati probabilmente finanziati da gruppi radicali che si oppongono al rilascio di Rimsha, alcuni dei quali erano in aula. Inoltre hanno pesato le dichiarazioni del Maulana Tahir Ashrafi, leader dell’ “All Pakistan Ulema Council”: nei giorni scorsi questi ha detto che i latori di false accuse a Rimsha Masih (fra i quali l’imam della moschea del quartiere) dovrebbero essere puniti dalla legge. Ecco dunque avviata una battaglia legale, di cui Rimsha è vittima: come conferma a Fides l’avvocato Chaudry, “la bambina è in carcere e sta male, soffre molto per l’assenza dei genitori”.
Peter Jacob, Segretario Esecutivo della Commissione “Giustizia e Pace” della Conferenza Episcopale, commenta a Fides: “E’ triste che, come per Rimsha, casi di false accuse di blasfemia continuino a verificarsi: è un trend che si riconosce in Pakistan e che andrebbe fermato. Tuttavia va notata una grande simpatia verso Rimsha e la vasta copertura dei media pakistani: ciò conferma la sensibilità crescente nella società civile, nei media e anche nella comunità musulmana. In Pakistan c’è una introspezione sui significati e sulle conseguenze di questa legge. Auspichiamo che siano introdotte alcune salvaguardie per fermare gli abusi e tutelare le vittime innocenti. Credo che il dibattito sui mass media possa creare le condizioni e un terreno culturale utile per intervenire e modificare la legge”. (PA) (Agenzia Fides 30/8/2012)