ASIA/INDIA - La società civile: “Contro la violenza religiosa, urge una buona legge”

giovedì, 26 aprile 2012

New Delhi (Agenzia Fides) – Urge una buona legge contro la violenza religiosa e intercomunitaria in India, che garantisca l'uguaglianza, il diritto alla vita, la libertà di vivere con dignità e il diritto alla giustizia a tutti i cittadini: è quanto afferma la Consulta nazionale della società civile indiana, rilanciando le caratteristiche fondamentali di un disegno di legge in materia. Come riferito all’Agenzia Fides, la Consulta è intervenuta, dopo che il disegno di legge presentato lo scorso anno, il cosiddetto “Communal Violence Bill”, “è stato oggetto di numerose critiche ed è stato congelato dal Parlamento”. Della Consulta fanno parte centinaia di organizzazioni, fra le quali numerose cristiane e cattoliche, come l’All India Christian Council.
Dopo un incontro tenutosi nei giorni scorsi, la Consulta, in un documento inviato a Fides, ricorda episodi come “il massacro di Nellie nel 1983, la strage Sikh del 1984, le uccisioni di Hashimpura nel 1987, i pogrom in Gujarat nel 2002, gli attacchi contro i cristiani in Orissa nel 2007 e nel 2008”. “Questi e molti altri casi di violenza –afferma il testo – portano alla ribalta i temi ricorrenti di complicità dello stato e di impunità”, notando “gravi carenze nel riconoscimento del crimine e nella legge, per garantire che le persone siano protette e che sia fatta giustizia”.
Per questo le comunità colpite e i gruppi della società civile hanno avviato una campagna per un nuovo strumento legislativo, sfociata nell’elaborazione della bozza sul “Communal Violence Bill”, approdato in Parlamento lo scorso anno ma bloccato dall’Assemblea.
Riconoscendo il bisogno urgente di una legge contro la violenza intercomunitaria e mirata sulle minoranze, la Consulta Nazionale esprime nuovamente al governo la richiesta di redigere una legge che, secondo la Consulta, dovrebbe avere tali caratteristiche principali: proteggere tutte le persone dalla criminalità comune e mirata, rendendo le autorità pubbliche penalmente responsabili; introdurre elementi di responsabilità nella catena di comando; eliminare lo scudo dell’immunità per le alte cariche pubbliche; riconoscere speciali reati per la violenza su donne e bambini; prevedere speciali strumenti investigativi per tali violenze; fornire un solido programma di protezione dei testimoni; riconoscere da parte dello stato la condizione degli “sfollati interni”; prevedere un adeguato risarcimento alle vittime e ai sopravvissuti. (PA) (Agenzia Fides 26/4/2012)


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