Jayapura (Agenzia Fides) – Un “kairos”, un “momento di verità”, per una riflessione sul progressivo deteriorarsi del rispetto dei diritti umani nella Papua indonesiana: è quanto propongono alcuni leader cristiani indonesiani, mentre nella tormentata regione nei prossimi mesi si eleggerà il nuovo governatore. Gli osservatori notano meccanismi poco democratici e poco trasparenti nel processo elettorale (di fatto il governo centrale controlla la nomina), che hanno generato contestazioni anche a livello legale.
In un accorato intervento inviato all’Agenzia Fides, i leader cristiani delle Chiese protestanti, evangelica e battista in Papua notano “il fallimento del governo nel promuovere lo sviluppo delle comunità indigene”, nonostante la Legge No. 21/2001 che disegnava una “Speciale autonomia per la Papua”. “Come leader delle Chiese, siamo profondamente preoccupati per la condizione della nostra popolazione, specialmente degli indigeni, proprietari delle terre: il loro destino è stato relegato all’incertezza, per le politiche di sviluppo promosse dal governo indonesiano”.
L’applicazione della Speciale Autonomia è stata, secondo i leader “inconsistente e sconclusionata”, ed è segno di insincerità del governo, che ha condotto gli abitanti della Papua a parlare di “completo fallimento”. La stessa Assemblea parlamentare è considerata “un insulto al popolo, creato a immagine di Dio”, mentre la posizione del governo di fatto “annichilisce i diritti e l’esistenza stessa degli indigeni nella loro madrepatria”.
I leader cristiani vedono in questo momento “un’occasione propizia” per esprimersi: in primo luogo notano il ripetersi delle antiche dinamiche e i vecchi problemi di democrazia e legalità. I leader ricordano, inoltre, la storia di sofferenza delle popolazioni locali, che alcuni osservatori hanno definito “un genocidio”, rimarcando la volontà del governo di Giacarta di mortificare del tutto – con programmi di immigrazione interna – la vita, i diritti, lo sviluppo e la promozione sociale delle comunità indigene. I papuani sono considerati “cittadini di seconda classe” e sono di fatto emarginati e discriminati.
I leader si dicono pronti ad accompagnare la sofferenza del popolo, in una prospettiva biblica e teologica: “Il Signore ci manda a stare a fianco del popolo, nella sua buia storia di sofferenza e oppressione”. Fare questo, notano, è parte integrante della missione di annunciare la “Buona Novella” del Vangelo di Cristo.
Per questo i cristiani chiedono al governo di Giacarta di fermare il processo elettorale, che non è trasparente, e di chiarire i nodi esistenti, aprendo un dialogo autentico con le comunità indigene, assicurando il rispetto dei loro diritti fondamentali.
La Papua, ex colonia olandese, all'inizio degli anni '60 è stata annessa dall’Indonesia, senza il consenso della popolazione locale. Da allora non si sono mai spente le proteste e i fermenti indipendentisti. (PA) (Agenzia Fides 1/3/2011)