ASIA/INDIA - Legge anti-conversione: l’Alta Corte ammette un ricorso per abrogarla

venerdì, 25 febbraio 2011

Shimla (Agenzia Fides) – Per i cristiani indiani è una buona notizia ed è l’inizio di un procedimento giudiziario: l’Alta Corte dello stato di Himachal Pradesh, nel Nord dell’India, ha dichiarato ammissibile un ricorso che contesta la validità costituzionale e chiede l’abrogazione del “Freeedom of Religion Act” del 2006, comunemente noto come “legge anti-conversione”. Ammettendo la legittimità del ricorso, il giudice dell’Alta Corte ha anche fissato la prima udienza del procedimento per il 14 giugno prossimo.
Come riferito all’Agenzia Fides, il ricorso è stato presentato da due organizzazioni della società civile: l’Evangelical Fellowship of India ( che raccoglie oltre 200 comunità cristiane evangeliche) e Act Now for Harmony and Democracy. Secondo il ricorso, la legge “viola il diritto alla privacy, sancito dall’art. 21 della Costituzione indiana, viola il diritto alla libertà di religione, sancito all’art. 25, e viola il diritto alla libertà di parola e di espressione, sanciti all’art. 19 della Carta”.
Il procedimento è stato attivato grazie al contributo di un gruppo di avvocati, cristiani e non, concordi nello sfidare il provvedimento, che obbliga una persona che vuole convertirsi dall’induismo a un’atra religione a una previa notifica alle autorità civili o giudiziarie (mentre non è così per chi vuole convertirsi all’induismo) e considera “invalida” una conversione ottenuta “con mezzi fraudolenti”.
Secondo fonti di Fides nella Chiesa cattolica indiana, “questo tipo di leggi sono flagranti violazioni della libertà di coscienza e di religione. Danno infatti allo stato il potere di decidere, e in qualche modo di coartare, la coscienza individuale, interferendo nella sfera intima dell’uomo, quella del rapporto fra l’anima e Dio”.
In passato le Chiese, le organizzazioni cristiane e i gruppi a difesa dei diritti umani si sono sempre opposti a queste leggi, attualmente in vigore in 5 stati della federazione indiana: Madhya Pradesh, Chhattisgarh, Orissa, Gujarat e Himachal Pradesh. Tali provvedimenti sono promossi di solito da partiti nazionalisti indù come il Baratiya Janata Party (ma in Himachal Pradesh ad approvarla è stato il Partito del Congresso) con l’idea di fermare il supposto fenomeno delle “conversioni forzate, fraudolente o ottenute con il denaro”, che sarebbero operate – affermano i gruppi estremisti indù – soprattutto dai missionari cristiani, miranti a fare proselitismo fra gruppi indigeni di dalit e fuori casta.
Nel 2009 la Conferenza Episcopale dell’India ha presentato un simile ricorso giudiziario contro la legge anti-conversioni in Gujarat, e il procedimento legale è attualmente in corso. (PA) (Agenzia Fides 25/2/2011)


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