Islamabad (Agenzia Fides) – Sherry Rehman, musulmana, parlamentare del “Pakistan People Party”, Presidente del “Jinnah Institute”, prestigioso istituto di studi politici di Islamabad, ha annunciato all’Agenzia Fides che nella prossima sessione dei lavori dell’Assemblea nazionale presenterà “una mozione per la revisione della legge anti-blasfemia”. Sarà un nuovo tentativo – dopo quelli falliti in passato – compiuto sull’onda del movimento di pubblica opinione, a livello nazione e internazionale, suscitato dalla vicenda di Asia Bibi, la donna cristiana condannata a morte per blasfemia.
Il passo rappresenta “un test per tutto il paese, che deve liberarsi dal radicalismo e dall’estremismo”, dicono fonti di Fides nella società civile, che sosterranno l’iniziativa. La mozione intende rimettere in moto la Sottocommissione sulla Blasfemia, esistente in seno alla Commissione Parlamentare sulle Minoranze Religiose ma, nota la Rehman, mira a “coinvolgere l’intero Parlamento, perché dia alla Commissione un chiaro mandato per una proposta di revisione”.
Intanto, dopo la pressioni internazionali, il presidente del Pakistan Ali Zardari ha chiesto al Ministro per le Minoranze, Shahbaz Bhatti, di redigere e consegnargli un rapporto ufficiale sul caso di Asia Bibi. Il Ministro Bhatti e il Governatore del Punjab, Salman Taseer, hanno entrambi auspicato una nuova indagine sul caso di Asia e un equo processo di appello presso l’Alta Corte di Lahore.
A livello giuridico, numerosi avvocati e giuristi invitano Iftikhar Muhammad Chaudhry, capo della Corte Suprema del Pakistan, a intraprendere un’azione “suo moto” (cioè di propria iniziativa) sul caso di Asia Bibi: la procedura – che rientra nelle prerogative del suo ruolo – è stata attivata di recente verso alcuni giudici e tribunali, in casi di presunta corruzione del sistema giudiziario. Gli avvocati domandano a Chaudhry: “Nel caso di Asia Bibi, dov’è la differenza?”
Intanto un forum della società civile, di associazioni cristiane e musulmane, si prepara ad “affollare l’aula giudiziaria dell’Alta Corte a ogni udienza del processo”, rimarca a Fides Tahira Abdullah, donna musulmana impegnata per la tutela dei diritti umani, e a lanciare una vasta campagna di sensibilizzazione – inclusa la firma della petizione anti-blasfemia – nelle maggiori città del paese e sui mass media.
All’interno del mondo islamico, Mohammed Aslam Kahaki, eminente giurista musulmano, dice a Fides che è pronto a presentare un ricorso presso la “Corte Federale della Sharia”, in quanto il caso di Asia Bibi “va affrontato anche dal punto di vista religioso: l’islam infatti vieta la pena di morte per le donne”. La vicenda di Asia Bibi capita proprio nei giorni in cui il paese celebra l’Eid-ul-Azha, la “festa del sacrificio”, una delle festività più importanti nel calendario islamico: “La sofferenza inflitta ad Asia – nota a Fides un attivista musulmano – è un tradimento dell’autentico spirito dell’Eid, che invita alla cura e alla condivisione verso i fratelli”. (PA) (Agenzia Fides 20/11/2010)