ASIA/PAKISTAN - Blasfemia, nulla cambia: nuovi casi di cristiani sotto tiro

mercoledì, 10 novembre 2010

Lahore (Agenzia Fides) - “I cristiani sono sotto tiro, per l’uso strumentale della legge anti-blasfemia. I casi di false accuse si susseguono e siamo molto preoccupati: sono almeno 5 negli ultimi due mesi. Ma purtroppo non vi sono cambiamenti in vista: il governo non considera affatto una revisione o un’abolizione della legge. E questo è molto grave”: è quanto dice all’Agenzia Fides Peter Jacob, Segretario Esecutivo della Commissione nazionale “Giustizia e Pace”, in seno alla Conferenza Episcopale del Pakistan, dopo nuovi casi di fedeli cristiani accusati ingiustamente di blasfemia.
A destare scalpore è stato, nei giorni scorsi, il caso di Asia Bibi, prima donna condannata a morte per il reato di blasfemia. La sua vicenda è stata costruita ad arte: nel giugno 2009 la donna, sposata con due figli, mentre stava lavorando con altre donne musulmane in campagna, nella provincia del Punjab, è stata apostrofata come “infedele” e invitata a convertirsi all’islam. Asia ha difeso la religione cristiana e si è rifiutata. A questo punto è stata accusata di aver insultato il Profeta Maometto. E’ stata percossa insieme ai suoi figli e condotta dalla polizia, che ha registrato le accuse a suo carico. Giorni fa, la sentenza del tribunale l’ha riconosciuta colpevole, sulla base delle testimonianza di musulmani, e condannata a morte. “Si tratta di un autentico oltraggio alla dignità umana e alla verità. Faremo di tutto perchè il giudizio venga smentito e rovesciato in appello”, dice a Fides Peter Jacob, confermando l’interesse della Commissione “Giustizia e Pace” sul caso di Asia Bibi.
La Commissione ha fornito all’Agenzia Fides un elenco degli ultimi casi di false accuse di blasfemia e di violazioni dei diritti umani: sono almeno 5 negli ultimi due mesi.
A metà settembre Tasawar Masih, un giovane cristiano di Sargodha, è stato accusato da giovani musulmani di aver insultato il Profeta. Alcuni leader religiosi musulmani, a capo di una folla di militanti, hanno costretto, con la forza e con minacce, la famiglia di Masih, composta da 10 persone, a lasciare il villaggio. La famiglia aveva casa e terreni e si è ritrovata senza nulla, a vivere in condizioni di sfollamento e miseria.
Nel distretto di Sialkot, un altro cristiano, Walayat Masih, è stato tratto in un tranello: davanti alla sua abitazione è stata ritrovata una copia del Corano con alcun pagine bruciate. Una folla di individui si è accalcata alla sua porta e solo l’intervento della polizia ha scongiurato un linciaggio. La polizia l’ha tenuto in custodia per cinque giorni.
Agli inizi di ottobre – informa ancora la Commissione – tre uomini di Lahore, Shaid Hassan Butt, Sheikh Shahid e Nawazish sono stati accusati di aver strappato e buttato nella spazzatura alcune pagine del Corano. La denuncia e la conseguente azione popolare contro di loro sono state guidate dai leader della moschea Ahl-e-Hadith. (PA) (Agenzia Fides 10/11/2010)


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