Roma (Agenzia Fides) - Diceva Gandhi che in democrazia nessun fatto di vita si sottrae alla politica. Aveva ragione. Il legame tra vita e politica, c’è. E’ stretto ed ineludibile. In alcuni casi che si verificano ad esempio in Europa, la politica in quanto tale tende a sottrarre al dibattito, affidandoli alla coscienza individuale, temi come l’aborto, la natalità, l’eutanasia, le coppie di fatto, l’identità sessuale. Quando questo avviene, la politica si assume un’enorme responsabilità, perché evitare la discussione sui temi eticamente sensibili significa negare il confronto, che in democrazia deve essere pubblico. Così facendo, la politica dismette anche il suo compito primario, che è quello del servizio per il bene comune. In altri casi, la politica opera delle scelte che tendono a mutare in maniera profonda, dal punto di vista antropologico, la condizione dell’uomo nella società.
Lasciamo parlare i fatti. Prendiamo, ad esempio, il caso dell’aborto. Nel maggio 2007, la Rete Europea dell’Istituto di Politica Familiare (IPF) presentò al Parlamento Europeo un rapporto elaborato da un’équipe multidisciplinare di esperti che raccoglieva statistiche e informazioni fornite da organismi internazionali negli anni compresi tra il 1980 e il 2005. Dal rapporto emergeva che ogni 25 secondi si consuma un aborto nell’Europa a 27 paesi, dove ogni giorno vengono chiuse tre scuole per mancanza di bambini. Nel 2004 la cifra di aborti è stata di 1.235.517, pari a una media di 3,385 al giorno. Sono state abortite il 19,4 % delle gravidanze, un nascituro su cinque. L’aborto è la prima causa di mortalità in Europa ed ha fatto più vittime delle malattie di cuore, delle malattie cardiovascolari, degli incidenti stradali, e dei suicidi.
La natalità? Tra il 1994 e il 2006 la popolazione europea è cresciuta di 19 milioni di persone. L’incremento, pari al 69%, è stato dovuto alla presenza di quindici milioni di immigrati, non per la crescita naturale. Nel 2006 sono state registrate 5,1 milioni di nascite, pari all’1,1%. Il rapporto calcola che a partire dal 2025 l’Europa comincerà lentamente a spopolarsi. L’invecchiamento? Mentre nel 1980, c’erano oltre 36 milioni di bambini in più rispetto alle persone anziane, nel 2004 gli anziani superavano i giovani di meno di 14 anni, con una perdita di giovani di 23 milioni in 25 anni. La Spagna (con il 44% di calo), il Portogallo (40%), l’Italia (37%) sono i paesi che hanno perso il maggior numero di giovani tra il 1980 e il 2005.
Le spese sociali? Del 27% del PIL che in media l’Europa destina alle spese sociali, solo il 2,1% è a favore delle politiche familiari, che non vengono considerate una priorità. Mentre Lussemburgo, Danimarca, Svezia e Irlanda, destinano in media alle politiche familiari 1.400 euro persona/anno (tre volte più della media europea), Polonia, Lituania, Lettonia, Malta e Spagna destinano 82 euro. Il rapporto evidenzia che Spagna, Italia, Portogallo e Grecia sono i paesi che aiutano meno la famiglia, il che significa anche far aumentare il rischio di povertà dei minori, “perché l’impatto degli aiuti alle famiglie - scrive il rapporto - non serve solo a consentire loro di esercitare il diritto ad avere i figli che desiderano, ma influisce in maniera decisiva sulla situazione dei minori”.
I figli nati fuori dal matrimonio? Ogni anno, circa due milioni, uno su tre. I matrimoni? In 25 anni, il numero è diminuito di 692.000, con una perdita del 22,3%. I divorzi? Dal 1990 al 2005 sono stati 13.753.000, con un aumento del 50%, coinvolgendo 21 milioni di figli. Il Documento “Nuove strategie dell’Unione Europea per il sostegno della Coppia e del Matrimonio”, approvato dalla Comece (Commissione degli Episcopati della Comunità Europea) nel novembre 2007, mette bene in evidenza come le crisi familiari generino povertà per i bambini costretti a vivere in famiglie monoparentali, per donne cui per l’85% fa capo una famiglia monoparentale ed anche per gli anziani e i disabili che hanno minori possibilità di assistenza e per i quali aumenta la dipendenza dai meccanismi della protezione sociale. Per questo, afferma il Documento, l’alto tasso di divorzi nella Unione Europea dovrebbe preoccupare seriamente i politici.
Di fronte a questi fatti, la politica europea cosa fa? Continua ad essere reticente, a dispensare richiami generici o a fare scelte contro la vita. Se politica è cultura - come è, perché è vita - è necessaria una nuova politica culturale continentale a favore della famiglia, coraggiosa, è il caso di dire, che sia aperta alla vita. (S.G.) (Agenzia Fides 27/3/2008; righe 48, parole 734)