EUROPA/ITALIA - Il testamento biologico: contributi alla riflessione (13)

martedì, 4 marzo 2008

Roma (Agenzia Fides) - Sulla questione del testamento biologico pubblichiamo l’intervista al Dott. Michele Cianciulli, Medico-chirurgo. Specialista in Radioterapia. Dirigente Medico di Radioterapia presso l’Unità Operativa Complessa di Radioterapia Oncologica dell’Azienda Ospedaliera San Camillo-Forlanini di Roma.

Che cosa pensa di una norma che sancisca il testamento biologico?
In Italia non esiste una chiara regolamentazione che disciplini le problematiche relative al testamento biologico, sebbene siano in corso vari disegni e progetti di legge. Una norma che sancisca un argomento così delicato sarebbe auspicabile, ma di difficile elaborazione. Si tratterebbe comunque di una direttiva universale che dovrebbe tener conto di casi assai diversi e peculiari. Tuttavia, si rende necessario arginare le posizioni più estremiste, ponendo dei limiti giuridici entro i quali muoversi, tenendo conto che ogni uomo ha proprie sensibilità, mentalità, intelligenza, cultura, opinioni, esigenze. Inoltre, bisognerebbe analizzare il problema in una ottica multidimensionale senza trascurare l’aspetto legale, etico e deontologico. Mai come in questo caso, la commissione dovrebbe essere composta non solo da legislatori, ma anche da persone che a vario titolo si trovano ad affrontare in maniera diretta situazioni che rientrano in questo ambito.

Che cosa intende per accanimento terapeutico?
Per accanimento terapeutico intendo l’operato di chi travalica il confine del buon senso clinico, allontanandosi dal principio fondamentale del rapporto rischio/beneficio, nell’illusorio tentativo di allungare la vita del paziente o migliorarne la qualità.

Che cosa intende per eutanasia?
Per eutanasia intendo qualsiasi atto, azione od omissione, finalizzato ad interrompere la vita di un essere umano nella speranza di evitare il prolungamento di una condizione clinica insostenibile a livello psico-fisico.

Nel codice deontologico ci sono le risposte necessarie a questa problematica?
Il codice deontologico contribuisce a dare alcune delle risposte a questa problematica, solo per quanto concerne l’aspetto prettamente medico. A tal riguardo mi sembra opportuno sottolineare alcuni fra gli articoli più significativi quali il 4 (libertà e indipendenza della professione), il 13 (prescrizione e trattamento terapeutico), il 16 (accanimento diagnostico-terapeutico), il 17 (eutanasia), il 20 (rispetto dei diritti della persona), il 22 (autonomia e responsabilità diagnostico-terapeutica), il 38 (autonomia del cittadino e direttive anticipate), il 39 (assistenza al malato a prognosi infausta).

C’è e in che cosa consiste il conflitto tra volontà espresse in precedenza dal paziente e posizione di garanzia del medico?
Il conflitto fra queste due posizioni esiste e diventa estremamente evidente in situazioni così delicate. Il paziente ha il pieno diritto di manifestare la propria volontà riguardo gli aspetti relativi al proprio stato di salute. Il medico ha il dovere di prenderne atto, ma ha il diritto di decidere sulla base dei principi imposti dalla sua deontologia professionale.

Nel corso della sua professione ha mai avuto problemi, nel senso di denunce legali, nel caso di interventi contrari alle indicazioni del paziente che pur hanno consentito di salvare la vita o di ristabilire un equilibrio di salute o di sospensione di terapie sproporzionate da cui è derivata la morte del paziente?
Nella mia professione non ho mai avuto problemi di denunce legali per casi analoghi a quelli citati nella domanda; ho sempre cercato di adottare comportamenti che fossero conformi al principio di “scienza e coscienza”.

Può indicare la differenza tra testamento biologico e pianificazione dei trattamenti, contestualizzata nella relazione medico-paziente?
Il testamento biologico riguarda solo ed esclusivamente la volontà della persona nel pieno delle sue facoltà mentali di decidere in merito alle terapie che intende o non intende accettare, nel caso in cui si trovasse nell’impossibilità di potersi esprimere. La pianificazione dei trattamenti concerne la proposta da parte del medico di un certo iter terapeutico, che da una parte tiene conto della volontà del paziente e dall’altra tiene conto dei vincoli imposti dalla sua etica professionale.

L’implementazione delle cure palliative e dell’assistenza domiciliare, delle strutture di lungodegenza e degli Hospice possono essere una risposta all’eutanasia e all’abbandono terapeutico? Come si presenta la sua realtà geografica da questo punto di vista?
Credo che cure palliative e assistenza domiciliare da una parte, eutanasia e abbandono terapeutico dall’altra siano concetti che debbano essere affrontati su livelli speculativi differenti. Le strutture di lungodegenza e gli Hospice sono le possibili soluzioni alle esigenze di quei pazienti che trovandosi oltre il limite della guarigione, necessitano comunque di cure particolari che non potrebbero avere in altro modo. L’implementazione di queste risorse sanitarie è ancora deficitaria da un punto di vista geografico se ci riferiamo all’area dell’Italia centrale. Lo dimostra il fatto che le associazioni di volontariato che si prendono cura dei malati terminali, molto spesso non riescono a far fronte a tutte le richieste che ricevono. (13 - continua) (D.Q.) (Agenzia Fides 4/3/2008; righe 70, parole 751)


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