EUROPA/ITALIA - Il testamento biologico: contributi alla riflessione (12)

lunedì, 3 marzo 2008

Roma (Agenzia Fides) - Sulla questione del testamento biologico pubblichiamo l’intervista al Professor Alberto G. Ugazio, Medico-Chirurgo. Specializzato in Pediatria ed in Immunologia ed Allergologia Clinica. Direttore del Dipartimento di Medicina Pediatrica dell’IRCCS Ospedale Pediatrico Bambino Gesù di Roma.

Che cosa pensa di una norma che sancisca il testamento biologico?
Difficile, soprattutto per un pediatra, non guardare con preoccupazione ad una norma che metterebbe la stessa vita dei bambini nelle mani dei genitori. Di regola, sono le mani più accoglienti e sicure. Ma non sempre e non necessariamente è così. Sta di fatto che, dal punto di vista giuridico e culturale, assisteremmo a mio avviso ad un vero e proprio regresso: oggi il genitore non può disporre della vita di suo figlio! Mi torna alla mente l’episodio emblematico rievocato da Philippe Ariès del condottiero, che, giunto sotto le mura della città assediata, vede in cima alle mura il proprio figlioletto poco più che lattante minacciato a fil di spada dal principe assediato che intenderebbe così costringerlo a togliere l’assedio. La sua reazione è rivelatrice del ruolo dell’infanzia nella cultura dell’epoca: ‘Credi di spaventarmi? Pensi che i miei lombi non siano capaci di generare altri figli più forti e più belli di questo?’. Il figlio, quindi, come ‘cosa’ del padre; e se tale è, perché non poter disporre della sua vita, magari (oggi) in un testamento biologico?

Che cosa intende per accanimento terapeutico?
Ci sono sofferenze e pene che non possiamo far correre ad un bambino senza una fondata speranza di guarigione. Noi medici, occorre ammetterlo, siamo spesso portati all’accanimento. D’altro canto, per vocazione e formazione, sentiamo intimamente - talvolta ossessivamente - il dovere di combattere la malattia, quindi la morte. Ma occorre saper riconoscere i propri limiti e i limiti della tecnologia medica. Talvolta è necessario saper utilizzare questi stessi strumenti tecnologici come cure palliative, per evitare la sofferenza e per accompagnare il malato verso una morte inevitabile nel rispetto della sua persona, quindi anche della qualità della sua vita, per quanto breve.

Che cosa intende per eutanasia?
Non si può chiedere ad un medico di ‘anticipare’ la morte, di provocare deliberatamente la morte di una persona. Credo non lo si possa chiedere a nessuno e spero vivamente di non aver mai a che fare con una legge sull’eutanasia che dovrei necessariamente disattendere come medico oltre che combattere come cittadino.

Nel codice deontologico ci sono le risposte necessarie a questa problematica?
Certamente. Nel proprio giuramento professionale, il medico giura ‘di non compiere mai atti idonei a provocare deliberatamente la morte di un paziente’. Non credo che questa affermazione sia equivoca o comunque negoziabile.

Nel corso della sua professione ha mai avuto problemi, nel senso di denunce legali, nel caso di interventi contrari alle indicazioni del paziente che pur hanno consentito di salvare la vita o di ristabilire un equilibrio di salute o di sospensione di terapie sproporzionate da cui è derivata la morte del paziente?
Mi ha segnato profondamente l’episodio di Margherita, una bellissima bambina di 12 anni cui diagnosticammo una leucemia linfatica acuta a prognosi molto favorevole: se trattata con i protocolli internazionali di chemioterapia, la bambina aveva più dell’85% di probabilità di guarire. Ma i genitori rifiutavano la chemioterapia perché volevano curare Margherita con “rimedi naturali”. Dopo estenuanti quanto infruttuose trattative, decisi di denunciare il caso al tribunale dei minori che ingiunse ai genitori di sottoporre la bambina alla chemioterapia. Il caso diventò di dominio pubblico e si scatenarono subito i media, dalla carta stampata alla televisione, con interviste indignate, opinioni scandalizzate, vere e proprie invettive di politici, gente di spettacolo, scrittori... Ben presto diventammo per la maggior parte della stampa e dell’opinione pubblica l’emblema della “medicina oscurantista”, nemica della “libertà di cura”. In appello, la decisione del Tribunale dei minori venne rovesciata e i genitori si videro restituita piena “libertà di cura”. Dopo tre mesi, non so se per caso o per qualche motivazione che a tutt’oggi non riesco a comprendere, i genitori riportarono Margherita al nostro Ospedale: era in agonia e soffriva come ormai da molti anni non avevo più visto soffrire un bambino leucemico. Morì nel giro di poche ore. Non ricordo nessun commento dei tanti personaggi famosi che si erano tanto scandalizzati per l’attentato alla “libertà di cura”.

Può indicare la differenza tra testamento biologico e pianificazione dei trattamenti, contestualizzata nella relazione medico-paziente?
Anche oggi, si può esprimere per iscritto quel che la persona vorrebbe si facesse in una futura situazione di malattia. Il medico di questo ne tiene conto, come tiene conto delle volontà di quel momento, quando questo si avvera. Se questo è il testamento biologico, non c’è differenza tra le due cose.

L’implementazione delle cure palliative e dell’assistenza domiciliare, delle strutture di lungodegenza e degli Hospice possono essere una risposta all’eutanasia e all’abbandono terapeutico? Come si presenta la sua realtà geografica da questo punto di vista?
Le cure palliative non sono l’unica risposta, ma certamente costituiscono una risposta importante. (12 - continua) (D.Q.) (Agenzia Fides 3/3/2008; righe 70, parole 827)


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