EUROPA/ITALIA - Il testamento biologico: contributi alla riflessione (8)

venerdì, 22 febbraio 2008

Roma (Agenzia Fides) - Sulla questione del testamento biologico pubblichiamo l’intervento del Prof. Renato Cutrera. Medico. Specializzato in Pediatria e in Tisiologia e Malattie dell’apparato respiratorio. Responsabile dell’Unità Operativa complessa di Broncopneumologia Pediatrica dell’Ospedale Bambin Gesù di Roma. E’ Professore a contratto di Pneumologia Pediatrica presso l’Università La Sapienza di Roma - Scuola di Specializzazione in Pediatria e Scuola di Specializzazione in Tisiologia e Malattie dell’Apparato Respiratorio. E’ Professore a contratto di Fisiologia umana e Pneumologia presso l’Università di Roma Tor Vergata, Corso di laurea in Scienza Infermieristiche. E’ consigliere del direttivo della Società Italiana di Malattie Respiratorie Infantili. E’ stato segretario del gruppo di studio di Fisiopatologia respiratoria della Società Italiana di Malattie Respiratorie Infantili. E’ membro di numerose società scientifiche, tra le quali: European Respiratory Society, American Thoracic Society, Società Italiana di Pediatria, Società Italiana di Malattie Respiratorie Infantili, Associazione Culturale Pediatri. E’ autore di circa 100 pubblicazioni scientifiche.

Che cosa pensa di una norma che sancisca il testamento biologico?
Poco utile e pericolosa, ma credo possa essere necessaria, rispetto a una legge che regolamenti l’eutanasia.

Che cosa intende per accanimento terapeutico?
Prolungamento penoso e artificiale della vita. E’ una definizione troppo ampia e poco chiara. Ma è estremamente difficile dare una definizione generale perché l’accanimento va definito caso per caso sul singolo paziente. Non può esistere una norma che si basi per esempio sul concetto di dipendenza da un apparecchiatura elettromedicale. L’essere ventilatore - dipendente può configurare l’accanimento terapeutico in un paziente terminale e può, anzi deve essere effettuato in un altro in una situazione clinica che permette di farlo uscire da una situazione di pericolo di vita.

Che cosa intende per eutanasia?
Procurare attivamente o passivamente per omissione la morte di un paziente.

Nel codice deontologico ci sono le risposte necessarie a questa problematica?
Parzialmente. E’ espresso chiaramente che un medico non debba in alcun modo procurare danno, tanto meno la morte di un paziente affidato alle proprie cure, ma l’avanzare delle tecnologie, la possibilità di prolungare “la vita”, la confusione tra morte “cerebrale”, “ cardiaca”, ha reso questo concetto poco chiaro.

C’è e in che cosa consiste il conflitto tra volontà espresse in precedenza dal paziente e posizione di garanzia del medico?
Se il paziente chiede un non accanimento terapeutico questo è nel suo pieno diritto, anzi è un dovere
da parte del medico. Se chiede comportamenti eutanasici, questo non ritengo sia lecito moralmente, dal punto di vista del diritto e, forse, credo che neanche sia corretto dal punto di vista del consenso. Ossia quello che il cittadino dichiara in condizioni di benessere, potrebbe non rappresentare quello che vorrebbe in condizioni di malattia.

Nel corso della sua professione ha mai avuto problemi, nel senso di denunce legali, nel caso di interventi contrari alle indicazioni del paziente che pur hanno consentito di salvare la vita o di ristabilire un equilibrio di salute o di sospensione di terapie sproporzionate da cui è derivata la morte del paziente?
Fortunatamente non ho mai avuto problemi legali, ma sono spesso in contatto con bambini e genitori che vivono queste problematiche. Molto deve essere fatto nello sforzo di garantire una corretta informazione a queste famiglie. Spesso arrivano travolte e disinformate per fatti visti sentiti
in televisione o alla radio, con pregiudizi. Con pazienza, tempo e fiducia reciproca si arriva a ragionare su cosa si può offrire al bambino in termini di guarigione, sopravvivenza e qualità di vita.

Può indicare la differenza tra testamento biologico e pianificazione dei trattamenti, contestualizzata nella relazione medico-paziente?
Il testamento biologico inteso come dichiarazione del paziente in merito a un non accanimento terapeutico è un atto sensato, se deve divenire una pianificazione di trattamenti accettati o non accettati, mi sembra un assurdo per i motivi esposti in precedenza. Un determinato trattamento è perfettamente lecito e doveroso in una certa situazione clinica e lo stesso trattamento può configurare l’accanimento terapeutico in un’altra situazione.

L’implementazione delle cure palliative e dell’assistenza domiciliare, delle strutture di lungodegenza e degli Hospice possono essere una risposta all’eutanasia e all’abbandono terapeutico? Come si presenta la sua realtà geografica da questo punto di vista?
Assolutamente sì. A volte la richiesta di eutanasia nasce da una situazione di abbandono familiare o dei servizi, della società. Nella mia esperienza a contatto con famiglie che vogliono far vivere i propri figli gravemente malati, noto che le realtà di assistenza domiciliare, di lungodegenza pediatrica e di hospice pediatrici siano estremamente carenti, presenti in misura insufficiente e, a chiazze di leopardo, con enormi zone dell’Italia soprattutto centro meridionale completamente scoperte. Inoltre il concetto di cure palliative in pediatria è anche culturalmente ancora poco diffuso nella classe medica e infermieristica. (8 - continua) (D.Q.) (Agenzia Fides 22/2/2008; righe 71, parole 775)


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