EUROPA/ITALIA - Francesco d'Assisi e Benedetto da Norcia: due Santi a confronto

giovedì, 4 ottobre 2007

Roma (Agenzia Fides) - In occasione della festa di San Francesco d’Assisi, pubblichiamo un contributo di P. Pietro Messa, OFM, Preside della Scuola Superiore di Studi Medievali e Francescani della Pontificia Università Antonianum di Roma, che propone un interessante confronto tra San Francesco d’Assisi e San Benedetto da Norcia. Riportiamo di seguito alcuni stralci del testo, che può essere letto integralmente in allegato.
“Nell'ambiente dei Frati minori spesso si sente ripetere - a modo di slogan - ‘ma noi non siamo benedettini’, volendo con ciò rimarcare una propria identità che differenzia dall'esperienza monastica benedettina. A volte si contrappone la severità dell'ascetica monastica benedettina all'allegria francescana, come se san Benedetto e san Francesco fossero al massimo due universi paralleli. Ultimamente, poi, alcuni hanno voluto contrapporre a una pace assisana - ritenuta pacifismo - un'altra idea di pace sbandierata a Norcia davanti alla Basilica di San Benedetto. Certamente questi confronti - che a volte assurgono a scontri - spesso si appellano ad un mondo più immaginario che reale: infatti certe immagini di san Francesco sono lontane da una realtà storica in cui emerge anche la fermezza, per non dire durezza, dell’Assisiate. Allo stesso modo un presunto ascetismo monastico mal si combina con tante pagine che esprimono il vissuto dei monaci. Proprio riconoscendo tale scarto tra un mondo immaginario e la realtà storica si constata l’urgente necessità di affrontare il confronto tra i due santi in modo il più possibile libero da ideologie preconcette. (…)
Nella discussione, in cui si doveva decidere la codificazione della propria forma di vita, alcuni frati proposero a Francesco, mediante il cardinale Ugolino, di adottare una delle regole di vita religiosa precedenti, le quali per di più erano state ratificate non solo dalla Chiesa, ma anche dalla santità di coloro che le elaborarono, ossia i santi Benedetto, Agostino e Bernardo. (…) Davanti alla proposta dei frati sapienti, ossia acculturati, di attingere alle formulazioni già collaudate da una lunga tradizione, il nostro racconto narra che Francesco fu categorico nel rifiutare la proposta di adottare le regole a lui precedenti (…). Davanti ad una affermazione così perentoria di rifiuto delle regole precedenti, compresa quella di Benedetto, sembra preclusa qualsiasi possibilità di una continuità tra il Santo di Norcia e frate Francesco. Tuttavia ad una analisi più approfondita le cose risultano diverse. (…)
La Regola di san Benedetto termina affermando che suo scopo è quello di indicare “un inizio di vita religiosa” rimandando, “per chi vuole incamminarsi verso la perfezione”, agli insegnamenti dei santi padri. (…) Quindi Benedetto rimanda alla precedente sapienza monastica vissuta soprattutto dai monaci d'Oriente. In questa tradizione monastica un punto essenziale era la valorizzazione del lavoro come antidoto all'ozio: se il monaco doveva innanzitutto dedicarsi all'opus Dei, ossia alla preghiera, tuttavia uno spazio considerevole della giornata era dedicato al lavoro.(…) Proprio questi due aspetti della vita monastica saranno considerati tanto importanti da essere i più dibattuti nei movimenti di riforma del monachesimo benedettino; infatti l’equilibrio, o meglio la sintesi, offerta da san Benedetto presto venne meno a causa dell’enfatizzazione della liturgia a scapito del lavoro. (…) Tutte queste discussioni, in cui spesso l'attenzione era focalizzata sul rapporto preghiera-lavoro, furono nel contempo espressione e causa di un desiderio di ritornare alle fonti della vita monastica ed evangelica che caratterizzerà l’inizio del secolo XIII. (…) Francesco d'Assisi nel 1226, poco prima di morire, sintetizzando il suo cammino nel Testamento afferma che importante fu il lavoro, tanto da ordinare ai frati che se qualcuno non sa lavorare deve imparare.(…)
Quindi il lavoro è presentato come uno dei punti portanti non solo della sua vita, ma anche della Regola dei Frati Minori. E quando Francesco sempre nel Testamento vuole indicare il motivo per cui i frati devono lavorare rimanda a quanto già espresso nelle diverse formulazioni della Regola dei Frati Minori, ossia per motivi ascetici, cioè onde scacciare l'ozio. E così, in modo quasi paradossale, proprio il frate Francesco che dichiarò davanti ai frati di non voler adottare la Regola benedettina, fece proprio uno dei punti centrali dell'esperienza del monaco san Benedetto da Norcia! (…)
Sarebbe certamente un grande errore trasformare il riconoscimento nella fraternitas minoritica di tale influsso monastico mediato dalla Regola di san Benedetto, nell'affermazione che frate Francesco d'Assisi fu fondamentalmente un monaco benedettino, come è dipinto nel Sacro Speco benedettino di Subiaco in una delle sue immagini più antiche. Tuttavia tale riconoscimento di una continuità, pur nella novità, tra la Regola di san Benedetto e l'esperienza cristiana di Francesco d'Assisi significa prendere atto che questi visse dentro una storia che lo ha preceduto, dalla quale ha attinto alcune cose, altre le ha rifiutate - o più semplicemente ignorate - e altre le ha riformulate. E tra quelle che ha accettato vi è l'insegnamento che san Benedetto attinse dalla tradizione monastica a lui precedente secondo cui il lavoro è uno dei mezzi con cui l'uomo può vincere l'ozio e vivere nella costante memoria della presenza di Cristo nella storia. Proprio quell'insegnamento che rese i monaci benedettini capaci di costruire l'Europa "rendendo il quotidiano eroico e l'eroico quotidiano" spingerà i Frati Minori, tra le altre cose, ad un lavoro costante e fedele soprattutto nella missione evangelizzatrice di pace.” (Agenzia Fides 4/10/2007; righe 61, parole 859)


Condividi: