di Gianni Valente
Jinzhou (Agenzia Fides) - «Abbiamo tanto lavoro da fare. La Cina è un grande campo dove dobbiamo seminare il Vangelo di Gesù». Aveva già 81 anni, Giulio Jia Zhiguo, nel febbraio 2016. E il suo cuore giovane batteva come sempre al ritmo della sua passione missionaria.
«La mia vita - diceva di sé, in una intervista raccolta dal portale di informazione ecclesiale e religiosa del quotidiano italiano "La Stampa" - è parlare di Gesù. Non ho altro da dire e da fare. Tutta la mia vita, ogni giorno, serve solo per parlare di Gesù agli altri. A tutti».
Confessava la sua fede in Gesù anche parlando ai funzionari degli apparati che ogni tanto passavano a prelevarlo e lo portavano con loro, per sessioni di indottrinamento e periodi di residenza sorvegliata.
Giulio Jia Zhiguo, Vescovo cattolico della diocesi di Zhengding, non riconosciuto come tale dalle autorità cinesi, ha concluso la sua intensa avventura cristiana su questa terra mercoledì 29 ottobre, all'età di 90 anni.
Gli ultimi decenni ha vissuto vicino a quella che chiamava la cattedrale, nel villaggio di Wuqiu, il suo villaggio natale, ora nella città-contea di Jinzhou, nella provincia di Hebei. Lì le sue spoglie mortali sono state sepolte il 31 ottobre, presso la tomba di famiglia.
Ora quelli che gli hanno voluto bene lo piangono, ma rendono anche grazie per il dono di aver incontrato un testimone che ha confessato la sua fede in Cristo nei tempi lieti e nei tempi della prova e del dolore. Hanno visto in lui come vivono davvero coloro che perseverano «tra le persecuzioni del mondo e le consolazioni di Dio», come ripeteva Sant’Agostino.
Custoditi nella tribolazione
Per Jia Zhiguo i problemi grossi erano iniziati quando era seminarista. Dal 1963 al 1978 ha vissuto reclusioni e periodi di "rieducazione attraverso il lavoro" in posti sperduti, freddi e inospitali.
Dopo la fine dei "tempi difficili" della Rivoluzione Culturale, il 7 giugno 1980 era stato finalmente ordinato sacerdote da Giuseppe Fan Xueyan, Vescovo di Baoding, che qualche mese dopo gli aveva conferito anche l’ordinazione episcopale. Parlava senza risentimenti, senza rivendicare eroismi per aver attraversato tempi di tribolazione. Anche allora - raccontava nell'intervista citata - «ci bastava avere Dio nel cuore. Questo mi ha accompagnato e custodito per tutto quel tempo. Quindi è opera sua, non merito mio. Ci sono state tante difficoltà, Ma Dio mi era accanto, e questo bastava. Eravamo tranquilli, perché affidavamo tutto al Signore».
Dopo aver ricevuto l'ordinazione episcopale, Giulio era andato anche all'Ufficio affari religiosi, per comunicare ai funzionari il fatto di essere diventato Vescovo. Non lo avevano preso sul serio, perché - ripetevano loro - in Cina nessuno può esercitare la funzione di Vescovo, senza il riconoscimento governativo.
Nei decenni successivi, Jia Zhiguo aveva perso il conto di quante volte erano venuti a prelevarlo per fargli vivere periodi di residenza sorvegliata. Raccontava tutto questo con la pace nel cuore, Senza che nella sua voce si avvertissero vibrazioni di lamento e rinfaccio.
Nei giorni trascorsi in tale condizione pregava, leggeva, celebrava la messa, parlava con i suoi "ospiti": Loro lo riprendevano perché magari aveva ordinato qualche nuovo sacerdote. E lui rispondeva, inerme e disarmante, che «questa è la mia vita, il mio lavoro. I preti li ordina il Vescovo, e il Vescovo sono io, non posso farci niente. Se non li ordino io, non li ordina nessuno».
E quando i funzionari ripetevano le formule sulla necessità di affermare e proclamare "indipendenza" e "autonomia" dalla Chiesa di Roma, lui rispondeva che una separazione era impossibile, «perché io sono un Vescovo cattolico, e essere in comunione piena con il Vescovo di Roma fa parte della fede cattolica. Ma loro» aggiungeva nell'intervista del 2016 «non conoscono la natura della Chiesa, e quindi quando con semplicità gli dico queste cose rimangono spiazzati e incerti, e non sanno come prendermi».
Riconciliarsi nella comunione con il Vescovo di Roma
Nel 2016 era di là da venire l'Accordo tra Santa Sede e governo di Pechino sulle nomine dei nuovi Vescovi cinesi, che sarebbe stato firmato nel settembre 2018. Il Vescovo Jia, interpellato sul dialogo in corso tra Repubblica Popolare Cinese e Santa Sede, ricordava i tentativi per portare la Chiesa di Cina sulla strada della totale separazione dal Papa, e aggiungeva che «finché le cose non vengono chiarite, rimangono motivi di divisione». Ricordava anche i tanti Vescovi ordinati in stagioni diverse senza il consenso del Papa, che poi avevano chiesto e ottenuto di essere riconosciuti come Vescovi della Chiesa cattolica. Riconosceva che quei Vescovi erano «in comunione piena col Papa, eppure ci sono preti che non accettano questo. Alimentano sospetti su quei vescovi e sui loro sacerdoti, condannano gli altri mettendo in dubbio l'autenticità della loro fede», creando «divisioni su divisioni» e presentandosi «come gli unici autentici credenti». Ricordava anche che Papa Benedetto XVI, nella Lettera ai cattolici cinesi pubblicata nel 2007, «ci ha esortato a unirci», e aggiungeva che «Noi abbiamo seguito alla lettera quello che dice il Papa: riconciliazione con tutti quelli che sono in comunione con il Vescovo Roma».
Sulle procedure per le nomine dei nuovi Vescovi cinesi, allora al centro della trattativa, riconosceva che «si può trovare il modo di tener conto delle attese del governo. Ma non bisogna far confusione. Occorre che al vescovo arrivi la nomina dal Papa. La nomina deve venire dal Papa. Noi - proseguiva - ci fidiamo del Papa. È lui il Successore di Pietro, e in comunione con tutta la Chiesa custodisce la fede degli Apostoli con l'aiuto dello Spirito Santo. Non è una questione di abilità umane: ci fidiamo del Papa perché abbiamo fiducia nel Signore che sostiene e guida la Sua Chiesa, e ci affidiamo a Lui».
La benedizione di vivere con gli orfani
La fede in Gesù donava a Giulio Jia Zhiguo anche uno sguardo realista sulle nuove urgenze per la missione apostolica della Chiesa nella Cina di oggi. Nella intervista citata, il Vescovo riconosceva che «Tanti si stanno intiepidendo per il materialismo e il consumismo crescenti. Tanti non vengono più in chiesa a pregare, anche perché sono sempre indaffarati e non trovano mai il tempo». Anche le vocazioni sacerdotali e religiose - diceva - «sono diminuite. tanti non vogliono più donare la vita a Dio, mettendosi al servizio dei fratelli».
E se la fede che era stata custodita nei tempi di tribolazione sembra ora in alcune situazioni «come una fiamma che non trova più alimento» (Papa Benedetto XVI), non serve alzare lamenti contro i tempi di crisi. Piuttosto - così ripeteva il Vescovo Jia - «occorre testimoniare che donarsi a Dio è una cosa bella, che si guadagna una ricchezza più grande di quella illusoria che ci dà il materialismo e il consumismo».
Negli ultimi decenni della sua vita, il Vescovo ha voluto vivere in una casa che ospitava una settantina di orfani, tra cui diversi disabili, tutti accuditi dalle suore. Un’opera «bella e buona», sostenuta anche con le offerte di donatori buddisti. «Per me» raccontava il Vescovo «quest’opera è la cosa più importante, la cosa a cui tengo di più. È la realtà a cui non possiamo rinunciare. Attraverso di essa, tutti vedono l'amore gratuito di Gesù per ognuno di noi».
Per il corpo del Vescovo Giulio Jia Zhiguo è stata autorizzata la sepoltura nella terra del suo villaggio natale. Lì riposerà per sempre. Il popolo di Dio troverà le strade per celebrare la sua dedizione e trovare conforto nella memoria di lui e della sua vita esemplare. Così cammina nella storia il miracolo della Chiesa che è in Cina. (Agenzia Fides 4/11/2025)