Città del Vaticano (Agenzia Fides) - Pubblichiamo una riflessione di p. Hermann Geissler della Famiglia spirituale “L’Opera”, Officiale della Congregazione per la Dottrina della Fede, sull’importanza del canto nella preghiera e durante l’adorazione eucaristica.
“Chi canta, prega due volte” (Sant’Agostino). Nella nostra Comunità - la Famiglia spirituale “L’Opera”, fondata da Madre Giulia Verhaeghe, belga (1910-1997), riconosciuta da Giovanni Paolo II nel 2001 come “Famiglia di Vita Consacrata” e oggi presente e operante in 13 Paesi - il canto costituisce un aspetto centrale della vita di preghiera. Cantiamo durante la Messa nella mattina, cantiamo parti della liturgia delle ore durante il giorno, cantiamo soprattutto durante l’ora di adorazione eucaristica che conclude ogni nostra giornata.
Il canto esprime la dimensione più profonda della nostra vocazione, e cioè di lodare e di glorificare il Dio trino ed unico. Il Concilio Vaticano II ci ricorda che nella liturgia terrena “con tutte le schiere della milizia celeste cantiamo al Signore l’inno di gloria” (Cost. Sacrosanctum Concilium, n. 8). Il canto ci fa pregustare la gloria del cielo, ci aiuta a ringraziare Dio per le meraviglie che ha compiuto e tuttora compie, ci spinge a benedire il Signore con la nostra voce, col nostro cuore, con tutto il nostro essere. “La nostra vita deve essere una lode di Dio”, disse Madre Giulia.
Il canto sottolinea poi la bellezza dell’adorazione. La preghiera non è soltanto un dovere, è prima di tutto un privilegio, un dono che ci permette di approfondire la nostra amicizia personale con Cristo. L’adorazione, che presuppone e favorisce la disponibilità alla conversione continua, riempie il nostro cuore di vera gioia, la gioia che Dio è tanto vicino, la gioia che si esprime nel canto. Scrive San Paolo: “La parola di Cristo dimori tra voi abbondantemente; ammaestratevi e ammonitevi con ogni sapienza, cantando a Dio di cuore e con gratitudine salmi, inni e cantici spirituali” (Col 3,16).
Inoltre il canto sacro è un modo eccellente per esprimere il nostro amore e il nostro rispetto nei confronti della maestà di Dio. Quando ci inginocchiamo davanti al Santissimo, adoriamo lo stesso Dio che i serafini acclamano con le parole “Santo, santo, santo è il Signore degli eserciti. Tutta la terra è piena della sua gloria” (Is 6,3). È quindi conveniente che anche noi glorifichiamo Dio con la nostra voce, riconoscendo la sua santità e la sua misericordia e esprimendo insieme la nostra fede nella sua presenza reale.
Nella nostra Comunità cantiamo inni in latino e nelle lingue volgari, usiamo canti tradizionali e moderni, valorizziamo il canto gregoriano e anche la polifonia. In tal modo si manifesta una caratteristica della Chiesa cattolica, e cioè la sua unità nella pluralità. L’unica fede si esprime nella diversità dei canti e delle melodie che riflettono le ricchezze spirituali dei vari popoli ed epoche della storia. Così si realizza la parola di Gesù: “Ogni scriba divenuto discepolo del regno dei cieli è simile a un padrone di casa che estrae dal suo tesoro cose nuove e cose antiche” (Mt 13,52).
Infine, il canto è per noi anche un modo di esprimere, davanti al Signore eucaristico, la complementarità tra la Comunità sacerdotale e la Comunità delle consacrate, che compongono il nucleo della nostra Famiglia spirituale. Talvolta cantiamo insieme, talvolta alterniamo tra voci femminili e voci maschili. In questo modo manifestiamo, da una parte, che tutti siamo chiamati ad essere una lode di Dio e, dall’altra, che abbiamo diverse vocazioni che cerchiamo di vivere con gioia e nel completamento reciproco, al fine di diventare una bella “sinfonia” per la gloria di Dio e per il bene della Chiesa.
L’adorazione dipende soprattutto dall’atteggiamento del cuore che si sottomette liberamente e umilmente a Dio. Ma come il Verbo si fece carne, l’atteggiamento del nostro cuore deve manifestarsi nei nostri gesti, nella nostra vita e anche nel nostro canto. (P. Hermann Geissler FSO) (Agenzia Fides 10/10/2005, righe 46, parole 631)