ASIA/INDONESIA - L'Arcivescovo di Kupang: per incontrare il Papa i fedeli indonesiani andranno a Timor Est, un'occasione di riconciliazione

mercoledì, 24 luglio 2024 papa francesco   riconciliazione  

L'Arcivescovo di Kupang (a destra) incontra un novello sacerdote

di Paolo Affatato

Kupang (Agenzia Fides) - Il cancello della sua residenza, una villetta a un piano nel centro della città di Kupang, è sempre aperto, anche nottetempo. E così la porta della sua dimora. All'uscio di casa di  Hironimus Pakaenoni, dal marzo 2024 Arcivescovo metropolita di Kupang, bussano ed entrano senza alcuna formalità sacerdoti, missionari, singoli fedeli che vogliono condividere una gioia o una sofferenza. Padre Raymond Maurus Ngatu, 31 enne novello prete indonesiano, della congregazione dei Missionari dei Santi Apostoli, ci va per chiedere una benedizione alla vigilia della celebrazione della sua prima messa in una parrocchia di Kupang, sua città natia: poi ripartirà per una missione a Pontianak, nel Borneo indonesiano. L'Arcivescovo dispensa sorrisi e consigli, elargisce benedizioni, soprattutto dice una parola e un segreto per quell'opera missionaria: "Confidare sempre in Dio, non in noi stessi. Essere strumenti nelle sue mani".

Kupang è il maggior centro urbano presente sulla parte occidentale dell'isola di Timor (la parte indonesiana, l'altra metà è invece lo stato indipendente di Timor Est, ndr), ed è capoluogo della provincia indonesiana di Nusa Tenggara Orientale. Con oltre 430mila abitanti, è una tipica città portuale asiatica, piuttosto caotica, un miscuglio di gente sempre indaffarata, un luogo di passaggio, tra commercianti e pescatori che curano traffici di merci dirette a molte altre isole dell'Indonesia orientale. E la diocesi di Kupang (che ospita nel complesso, in tutto il suo territorio, 1.6 milioni di persone) è una delle poche che in Indonesia - la nazione delle 17mila isole, il paese a maggioranza musulmana più popoloso al mondo - include una popolazione a maggioranza cristiana. La popolazione locale è al 60% cristiana protestante, per circa il 35% cattolica e solo per il 3-4% musulmana. 

L'Arcivescovo "Roni" - così ama farsi chiamare dai preti e dai fedeli - è felice per aver da poco celebrato l'ordinazione diaconale di 14 giovani che "a Dio piacendo diverranno presto sacerdoti, 12 di loro a novembre" racconta all'Agenzia Fides nella sua residenza.  "E quattro di loro - sottolinea - già sanno che saranno 'missionari  domestici', come chiamiamo i preti inviati a svolgere servizio in altre diocesi indonesiane, là dove c'è bisogno di sacerdoti e religiosi, come a Sumatra, in Kalimantan (Borneo indonesiano) o nella Papua indonesiana", racconta, parlando con gioia della "solidarietà tra le diocesi indonesiane". Le 35 parrocchie del territorio di Kupang (e altre 9 cappelle che potrebbero ben presto diventarlo), dice l'Arcivescovo,  "registrano un afflusso e la partecipazione massiccia dei fedeli  alla vita della Chiesa e ai sacramenti. La fede è viva, lo vediamo soprattutto tra i giovani. Lo vediamo dalle vocazioni al sacerdozio  che il Signore continua a donarci: nel Seminario minore abbiamo oltre 100 ragazzi, e 90 nel Seminario maggiore. Il Vangelo continua ad attrarre i giovani", riferisce, mentre la Chiesa locale gestisce oltre 90 scuole cattoliche, dalle elementari alle superiori, anche grazie all'aiuto di 53 congregazioni religiose , tra maschili e femminili, attive nel territorio.

Ebbene, questa comunità, racconta l'Arcivescovo, sta escogitando una "via breve" al fine di incontrare Papa Francesco, che sarà in Indonesia dal 3 al 6 settembre e che sarà in Asia e Oceania dal 2 al 13 settembre, per un viaggio che toccherà, nel complesso, quattro nazioni (Indonesia, Papua Nuova Guinea, Timor Est, Singapore).  "Non lo vedranno tanto a Jakarta, la capitale, dove il Papa si fermerà tre giorni -  rileva - bensì a Dili, a Timor Est,  dall'altra parte della frontiera. Secondo le previsioni, circa 10mila fedeli, dalle diocesi di Kupang e Atambua (altra città vicina al confine), si sposteranno verso l'altra parte dell'isola,  per partecipare  alla messa nella spianata di Tesitolu, a Dili", conferma a Fides mons. Pakaenoni.
E' più facile raggiungere Timor Est, circa 10 ore di pullman da Kupang, piuttosto che organizzare un costoso viaggio verso Jakarta dove, tra l'altro, l'organizzazione ha convocato  circa 100 delegati da ogni diocesi. I fedeli di Timor ovest godono, allora,  di una speciale opportunità: Papa Francesco sarà nella loro stessa isola, anche se nella piccola nazione confinante.
"Stiamo collaborando con il governo indonesiano per aiutare i cattolici a partecipare alla visita del Papa a Dili. Abbiamo chiesto a sacerdoti, suore e fedeli di registrarsi nelle parrocchie. E la diocesi ha preso accordi con l'ufficio immigrazione per elaborare i documenti di viaggio. Molti fedeli non hanno il passaporto e sarà appositamente predisposto per loro un permesso speciale, solo per il pellegrinaggio. Oppure  i funzionari hanno promosso una procedura speciale con il rilascio del passaporto entro tre giorni, invece delle solite due settimane", informa il Presule. Alcuni fedeli verranno  anche dalle vicine isolette (indonesiane) di Rote, Alor e Sabu. A Dili, capitale di Timor Est - dove Papa Francesco si fermerà dal 9 all'11 settembre, dopo le tappe in Indonesia e in Papua Nuova Guinea - si prevede allora la presenza anche di fedeli indonesiani. "C'è pieno accordo con la Conferenza episcopale  di  Timor Est.  Si dovrà provvedere all'accoglienza , all'ospitalità e al sostentamento dei pellegrini indonesiani. L'organizzazione si è messa in moto", rivela l'Arcivescovo.

Papa Francesco celebrerà la messa il 10 settembre nella spianata di Tesitolu, alla periferia di Dili, nel medesimo luogo dove  Papa Giovanni Paolo II celebrò  una messa durante la sua visita nel 1987, quando Timor Est era sotto il dominio indonesiano. Le ferite di quel passato  sono state quasi del tutto sanate da un cammino di riconciliazione, basato su un percorso tanto psicologico, di guarigione dei traumi, quanto spirituale. Ma vi sono ancora segni e cicatrici che sanguinano. Dopo il 1999, quando Timor Est  con un referendum sotto l'egida Onu dichiarò la propria indipendenza, vi fu  un tempo di tensione e confusione, segnato da violenze e massacri delle milizie filo-indonesiane. Anche negli anni seguenti, un flusso di sfollati fuggì da Timor Est e si riversò ad Atambua e Kupang, dati i disordini. I rifugiati furono 250mila persone che poi, gradualmente, rientrarono a Timor Est negli anni successivi. In quel frangente storico la comunità cattolica a Kupang si fece vicina agli sfollati con iniziative di solidarietà, distribuzione di cibo e assistenza sanitaria.

Ora, secondo l'Arcivescovo, a quella dolorosa vicenda Dio offre un'occasione:  "La presenza del Papa potrà sancire e suggellare il cammino di riavvicinamento e riconciliazione. La sua è una  visita non solo per i cattolici ma per tutta la popolazione. Va detto che tra le Chiese di Timor  Ovest e Timor Est non c'è alcun problema e siamo in piena comunione. Alcune difficoltà e sofferenze esistono ancora in segmenti  della popolazione, nelle famiglie che hanno perso dei cari nelle violenze e vedono ancora i carnefici dall'altra parte della frontiera. Io credo che la vista di Papa Francesco sia provvidenziale. Potrà essere un momento di  grazia speciale, un kairòs anche per la riconciliazione tra famiglie segnate da lutti. Potrà essere un momento di richiesta e accoglienza di perdono, nella fede in Dio che sana le ferite. Vedo che tra la gente c'è buona volontà e noi, come cattolici,  possiamo essere mediatori e facilitatori in questo processo che sappiamo è difficile, in quanto coinvolge le emozioni e l'interiorità. Per questo chiediamo l'aiuto di Dio e confidiamo in Lui".
(Agenzia Fides 24/7/2024)

L'Arcivescovo di Kupang con alcuni preti nella sua residenza

La chiesa di san Giuseppe a Kupang

Il coro dei giovani della parrocchia san Giuseppe a Kupang

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