Città di Vaticano (Agenzia Fides) - “L'enciclica Redemptoris Missio è, senza alcun dubbio, il testamento dottrinale di Giovanni Paolo II sulla missione. Si tratta di un documento che si è ingrandito man mano che il Papa, attraverso i suoi numerosi viaggi apostolici, ha messo in pratica e ha fatto comprensibile la sua dottrina. Dottrina che nasce da una convinzione: “tutta la Chiesa è per sua natura missionaria” o, meglio, “è missione”. È un principio conciliare, ma la forza con la quale viene proposto orienta verso una nuova primavera missionaria.
Difficoltà interne ed esterne nel compimento di questa missione, cioè, nell'annuncio del Vangelo a tutti i paesi, danno motivo a Giovanni Paolo II per aggiornare oggi i principi dottrinali ed operativi dell'annuncio evangelico. Così scopriamo che Cristo occupa il centro di tutto il discorso perché, senza la sua mediazione, la relazione dell'uomo con Dio rimarrebbe interrotta per sempre; la missione di Cristo è rendere presente il Regno che Egli incarna nella propria persona; Regno che è destinato a tutti gli uomini. E incaricata del suo annuncio è la Chiesa (nella sua dimensione locale), la quale si concepisce sempre orientata al servizio di questo Regno di Dio. Impossibile slegare nell'enciclica questi tre membri: Cristo, il Regno e la Chiesa, ma con questo ordine.
Tuttavia, bisogna avere anche presente che tutto questo progetto è diretto all'uomo e con lui al mondo. Per questo motivo l'enciclica affronta il tema del dialogo con le religioni non cristiane, nelle quali possono scoprirsi tanti segni, “semi”, del Regno. È una chiamata ad un dialogo difficile, ascetico, promettente, che lo stesso Papa ha cercato a tutti i costi di mettere in pratica. La missione ad gentes, non abbiamo ormai paura a riconoscerlo benché non possiamo dissimulare una certa tristezza, si trova “agli inizi” e richiederà sempre di più la presenza di testimoni che vivano la santità che evangelizza da sé stessa. Di lì l'accento nella forza dello Spirito, sempre protagonista della missione della Chiesa che oggi si vede confrontata con nuovi orizzonti e con grandi sfide. È consolante pensare che l'azione dello Spirito di Gesù non è legata a condizionamenti storici o contestuali, perché soffia, cioè, dona salvezza dove vuole e come vuole.
Il Papa lancia una chiamata, quasi un grido, diremmo, a tutta la Chiesa, affinché non dimentichi che l'annuncio del Vangelo non è opzionale, ma la vita cristiana merita tale nome unicamente quando assume e mette in pratica la missione di Gesù, l'inviato del Padre. Nessun membro della Chiesa è escluso, benché non tutti debbano fare la stessa cosa, né tutte le cose. Così, Giovanni Paolo II riconosce e difende la missione come un'attività specifica della Chiesa diretta ad annunciare il Vangelo ai non cristiani, affinché, convertiti a Cristo, possano entrare a far parte del suo Regno. Evidentemente, il numero crescente di coloro che ignorano Cristo deve spingere la Chiesa allo sviluppo della missione, ma non è minore la preoccupazione di rafforzare la fede all'interno della Chiesa stessa. Potremmo dire che sono due realtà che si accompagnano reciprocamente. Quanto più ricca è la vita di fede, più fruttifera sarà l’attività missionaria, perché la missione, dice il Papa, è un problema di fede.” (Prof. Jesus Angel Barreda, OP, Docente di Missiologia alla Pontificia Università Urbaniana) (Agenzia Fides 7/4/2005)