AFRICA/EGITTO - I copti annunciano una marcia di protesta di 1 milione di persone; “occorre essere cauti e non dare giudizi affrettati” commenta un missionario a Fides

martedì, 3 maggio 2011

Il Cairo (Agenzia Fides) - Diversi movimenti copti hanno annunciato per venerdì 6 maggio una marcia di protesta di un milione di persone per proteggere la Cattedrale di San Marco ad Abbasseya. Venerdì scorso infatti migliaia di salafiti avevano inscenato un sit-in di protesta di fronte alla Cattedrale per chiedere il “rilascio” di Kamilia Shehata, la moglie di un prete copto, che scappata dal marito si sarebbe fatta musulmana, per poi ritornare nella famiglia di origine. Secondo i salafiti la donna sarebbe tenuta prigioniera e sarebbe stata costretta a ritornare alla religione copta.
“Bisogna essere cauti e non dare giudizi affrettati. Occorre aspettare che la situazione evolva, senza escludere nessuna possibilità di sviluppo” dice all’Agenzia Fides p. Luciano Verdoscia, missionario comboniano che opera in Egitto da molti anni. il missionario ricorda che “secondo alcuni analisti, i salafiti in realtà non rappresentano un gruppo molto consistente, che tuttavia tende a esporsi e a fare rumore”.
P. Verdoscia invita inoltre a non affrettarsi nel concludere che l’Egitto si stia avviando ad uno scontro interreligioso. “Occorre tenere presente che in Egitto la sensibilità religiosa è sempre stata molta alta. Questo riguarda sia i musulmani che i cristiani. Lo avvertiamo anche noi religiosi provenienti da fuori: si tende a rinchiudersi in una specie di ghetto, dove si vive abbastanza bene e si possono fare le proprie attività. Quello che sta all’esterno della propria comunità viene visto come una minaccia dalla quale bisogna proteggersi. Naturalmente la storia ci dice che in contesti come questo tutto può capitare. Pensiamo all’occidente: vi sono state persecuzioni di minoranze religiose, c’è stato il nazismo, ecc…Occorre quindi lavorare per superare questa logica”.
Sul fatto che i ragazzi di Piazza Tahrir, protagonisti della rivoluzione egiziana, abbiano tracciato una strada nuova, p. Verdoscia risponde: “I ragazzi di Piazza Tahrir sono già infatti in una logica diversa. Il grande problema è che il loro modo di agire è soprattutto per via telematica, un mezzo che fa fatica a raggiungere quel 40% della popolazione che vive nella povertà e nell’ignoranza. A questa fascia della popolazione rimane solo l’identità religiosa ed è facilmente influenzabile. Certo, non tutti si lasciano influenzare dai predicatori estremisti, ma anche un 20-30% della popolazione che si lascia attrarre da discorsi estremisti rappresenta sempre un numero non trascurabile di persone”.
“Come ho detto in altre occasioni - conclude p. Verdoscia - tutti i nodi verranno al pettine, e questo è positivo, perché i problemi devono essere affrontati in maniera globale: non si può affrontare una questione tralasciando le altre. Speriamo quindi che attraverso l’istruzione ed un maggiore benessere economico, la gente possa iniziare a ragionare in maniera diversa. I giovani di piazza Tahrir, che provengono da ambienti con qualche possibilità economica in più e sono istruiti, hanno infatti una mentalità diversa”. (L.M.) (Agenzia Fides 3/5/2011)


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