AFRICA/CONGO RD - La sospensione delle attività estrattive nell’est della RDC colpisce gli onesti ma non blocca i commerci illeciti

martedì, 15 febbraio 2011

Kinshasa (Agenzia Fides)- La sospensione delle attività estrattive in alcune regioni dell’est della Repubblica Democratica del Congo sta creando problemi ai produttori rispettosi delle regole, ma non ha fermato lo sfruttamento illegale delle risorse naturali del Paese. Lo denuncia la Rete Pace per il Congo, promossa dai missionari che operano nel Paese. Il 10 settembre il Presidente Kabila ha decretato la sospensione dello sfruttamento e dell'esportazione di minerali nelle tre province del Nord-Kivu, Sud-Kivu e Maniema. Questa decisione è stata presa per privare di risorse i gruppi armati ancora attivi e sanare così il settore minerario.
L’organizzazione dei principali produttori e fonderie dello stagno, l’ITRI (International Tin Research Institute), ha annunciato che il progetto di tracciabilità dello stagno proveniente dalle miniere della RDC è in una "situazione critica", soprattutto all'avvicinarsi della scadenza del 1° aprile, fissato dalla legge americana che vieta il commercio dei minerali di sangue.
La Legge americana Dodd-Frank, approvata nel luglio 2010, obbliga le imprese americane sotto autorità della "Securities and Exchange Commission" (Organo di regolazione della Borsa degli Stati Uniti) di presentare un rapporto, quando utilizzano minerali provenienti dalla RDC o dai Paesi limitrofi, e di dimostrare che non provengono da una zona di conflitto.
L'ITRI si è dichiarata incapace di continuare a sviluppare un sistema di tracciabilità per i metalli in provenienza dall'est della RDC, finché l'estrazione è vietata e ha dovuto, di fatto, sospendere tutto il suo personale che lavorava sul progetto. "Il progetto pilota di tracciabilità e di fornitura di informazioni verificabili concernente la provenienza dei minerali, a cominciare dalla miniera di origine, aveva iniziato il suo iter, malgrado le numerose difficoltà, quando è stata decisa la sospensione. Da allora, tutto il lavoro ha dovuto essere sospeso", ha dichiarato a Mining Weekly Online la Direttrice dello sviluppo e delle questioni regolamentari di ITRI, Kay Nimmo.
“È vero che l'obiettivo dell'ordinanza è di mettere fine allo sfruttamento illegale e al commercio illecito delle risorse minerarie, alla proliferazione e al traffico di armi da parte di gruppi mafiosi e armati e all'insicurezza ricorrente nelle tre province” si legge in un rapporto inviato a Fides. “È certo necessario lottare contro la frode e il contrabbando minerario sotto tutte le loro forme. Tuttavia, vari gestori artigianali del settore minerario che funzionano, nella maggior parte dei casi, con autorizzazioni dello Stato e pagano le tasse a chi di diritto, non comprendono perché oggi siano trattati allo stesso modo di quei banditi e contrabbandieri ben conosciuti e i cui circuiti sono stati già ben identificati dagli esperti dell'ONU nei loro rapporti sullo sfruttamento illegale dei minerali in Congo. Ci si chiede dunque: Perché i predatori identificati dall'ONU non sono stati fatti oggetto dell'ordinanza ministeriale?”.
“Mentre i gestori artigianali congolesi sono colpiti dalle misure del decreto ministeriale, i gestori stranieri e le multinazionali possono continuare indisturbati la loro attività nel settore minerario” concludono i missionari. (L.M.) (Agenzia Fides 15/2/2011)


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