AFRICA/CONGO RD - La nuova legge americana sui “minerali dei conflitti”: ne discute il Presidente della Conferenza Episcopale congolese

lunedì, 2 agosto 2010

Kinshasa (Agenzia Fides)- “La Chiesa cattolica della Repubblica Democratica del Congo e la legge americana sui minerali dei conflitti”. È questo il titolo della conferenza stampa che Mons. Nicolas Djomo, Vescovo di Tshumbe e Presidente della Conferenza Episcopale Congolese, tiene oggi, 2 agosto, presso il centro interdiocesano di Kinshasa.
Dopo un’esposizione della legge statunitense, nel dibattito si discute delle conseguenze delle nuove disposizioni sia in Congo sia negli Stati Uniti e dell’apporto offerto dalla Chiesa congolese e da quella statunitense al fine di dare vita ad una legislazione per certificare che i minerali che vengono venduti sui mercati internazionali non alimentino le guerre africane.
A fine luglio, il Congresso degli Stati Uniti ha votato una nuova legge che regola le transazioni finanziarie. Nel corposo testo (2.300 pagine) è stata inserita una norma che impone alle aziende americane di rivelare quali procedure intendano adottare per assicurare che i loro prodotti (in particolare cellulari, computer portatili e apparecchiature mediche) non contengano i cosiddetti “conflict minerals” congolesi, ovvero i minerali venduti sul mercato internazionale dai gruppi di guerriglia che da 15 anni seminano morte e distruzione nell’est della RDC.
Si tratta di un sistema simile al “Kimberly Process”, il sistema di certificazione dei diamanti, volto a impedire il commercio internazionale delle gemme provenienti dalle miniere controllate dai gruppi di guerriglia di Paesi come Sierra Leone e la stessa RDC.
I principali minerali commerciati illegalmente dai gruppi di guerriglia che agiscono sul territorio congolese sono lo stagno, il tungsteno e il tantalio ((che si ricava dal coltan, del quale la RDC è il quinto produttore mondiale), impiegati nell’elettronica e in altre produzioni.
La nuova legge impone alle aziende americane di presentare una relazione annuale alla Securities and Exchange Commission (l’ente di controllo della borsa) nella quale specificano se i loro prodotti contengono oro, stagno, tungsteno e tantalio proveniente dal Congo o dai Paesi limitrofi. Se è così, devono descrivere le misure adottate per rintracciare l'origine dei minerali .
La legge non impone alcuna penalità per le imprese che segnalano di non intraprendere azioni per impedire l’acquisto di “conflict minerals”, ma le informazioni devono essere rese pubbliche su siti web delle imprese. I consumatori potranno così scegliere se acquistare prodotti che potrebbero contenere minerali che finanziano i gruppi di guerriglia che uccidono e stuprano i civili dell’est del Congo.
Alcuni esperti hanno però sottolineato le difficoltà insite nel controllare la provenienza di questi minerali. Spesso infatti i minerali provenienti illecitamente dal Congo sono mischiati con quelli estratti in altri Paesi, per poi essere venduti sui mercati internazionali. (L.M.) (Agenzia Fides 2/8/2010)


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