AFRICA/SUDAN - I misteri dell'attacco a Khartoum

martedì, 13 maggio 2008

Khartoum (Agenzia Fides)- Cresce la tensione tra Ciad e Sudan dopo l'attacco condotto dal JEM (Movimento per la Giustizia e l'Eguaglianza) contro Omdurman, la città gemella della capitale sudanese Khartoum (vedi Fides 12/5/2008). Il Sudan, accusando il Ciad di aver sostenuto l'azione dei ribelli, ha rotto le relazioni diplomatiche con N'Djamena. Il governo ciadiano ha reagito decidendo la chiusura delle frontiere con il Sudan, il blocco delle attività della Banca Agricola commerciale, una banca sudanese operante in Ciad, e delle transizioni finanziarie tra i due Paesi.
Il bilancio degli scontri rimane incerto: secondo il governo centrale sono rimaste uccise una settantina di persone mentre 300 ribelli sarebbero stati catturati. Le forze del JEM sono state respinte ma il suo leader, Khalil Ibrahim, continua a rilasciare interviste telefoniche alle agenzie di stampa internazionali, nelle quali preanuncia nuovi attacchi affermando di essere ancora nei pressi di Omdurman. Il governo di Khartoum invece afferma di aver intercettato una comunicazione di Khalil Ibrahim nella quale il capo del JEM chiede di essere evacuato con un elicottero ciadiano. Il governo sudanese ha posto una taglia di 500 milioni di Scellini sudanesi (246 milioni di dollari) per la cattura di Ibrahim.
La capitale sudanese e Omdurman sono fortemente presidiate dall'esercito mentre sono stati rilasciati Hassan al-Tourabi e 4 suoi stretti collaboratori arrestati subito dopo l'attacco dei ribelli. Tourabi, l'ex ideologo del regime sudanese ed ex capo della sua ala politica-religiosa, è da tempo in rotta di collisione con il Presidente Bashir, capo dell'ala militare. Ibrahim ed altri dirigenti del JEM provengono da ambienti contigui a quelli del movimento di Tourabi. Il JEM infatti a differenza di altri gruppi di guerriglia che operano nel Darfur ha un programma nazionale che va oltre le rivendicazioni regionali dei diritti delle popolazioni della regione del Sudan occidentale.
Attaccando alle porte di Khartoum il JEM ha voluto rimarcare la propria sfida diretta al regime e ha dimostrato una capacità militare superiore a quella degli altri gruppi. Secondo Ibrahim la colonna dei ribelli è partita dalle proprie basi nel Darfur e nel Kordofan attraversando 600 km in pieno deserto. I ribelli per non essere scoperti avrebbero viaggiato di notte e avrebbero utilizzato automezzi simili a quelli dell'esercito regolare. Non è escluso che i ribelli abbiano goduto di complicità da parte di militari che simpatizzano con la loro causa.
L'esercito sudanese, sia pure colto di sorpresa, ha reagito in fretta e ha respinto l'attacco. Le Forze Armate regolari sono inoltre ben superiori al JEM che può contare al massimo su un migliaio di uomini. In uno scontro campale i ribelli sarebbero annientati. Quindi l'impresa di Khartoum appare un gesto dimostrativo e di sfida al regime. Una sfida che il governo sudanese interpreta come proveniente dal Ciad, per due motivi. Il JEM ha dimostrato di possedere armamenti e una capacità militare che fino a poco tempo fa non aveva; le autorità sudanesi sospettano dunque che potenze straniere abbiano fornito armi e consulenza militare al movimento. In secondo luogo il leader del JEM proviene dal clan Kobe, dell'etnia Zaghawa, la stessa origine del Presidente ciadiano Idriss Deby. Diversi osservatori ritengono che la guerra per procura tra Ciad e Sudan rientra in un gioco più vasto nel quale le grandi potenze si disputano il controllo dell'area e delle sue risorse petrolifere e di altro tipo. (L.M.) (Agenzia Fides 13/5/2008 righe 40 parole 576)


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