Città del Vaticano (Agenzia Fides) - Oggi l'Agenzia Fides propone due contributi sull'Islam - i primi di altri che pubblicheremo nelle prossime settimane - che avevamo raccolto nei momenti caldi delle piazze infuocate per le vignette danesi, dei morti della Nigeria, del consolato italiano attaccato in Libia, degli attacchi alle persone e opere dei cristiani, come delle altre religioni. Abbiamo atteso che questa onda passasse, nella speranza che si ritrovasse da parte di tutti la civiltà del dialogo e della convivenza. Sono ancora di ieri videominacce. Si percepisce chiaramente che ai moderati dell'Islam è data poca visibilità lì dove vivono, e con maggiore preoccupazione, poca visibilità è data loro anche nelle aree delle grandi democrazie occidentali.
Chi conosce l'Islam sa che dentro l'Islam ci sono parole di pace chiare e forti, non di odio quale oggi predicato da molti. Sempre più emerge un Islam diverso da quello con cui per secoli abbiamo convissuto. Su questo nostro pianeta ora vagano milioni di persone in cerca di cibo. Fuggono dalle guerre. La corruzione nei paesi poveri fa morti quanto e più della malaria e della diarrea. Ovunque e comunque dove la miseria è immensa, corrompere è facile e fa sembrare i veri beneficiari (i corruttori) dei costruttori, creatori di sofisticate ingegnerie finanziarie. E' di questo che si alimenta l'altro Islam radicale che addita gli occidentali demoni, privi di ogni morale.
Per chi vaga su questo pianeta senza speranza, con le tasche vuote, sfondate dalle promesse dei giochi dei pochi, è facile credere, cadere, nella rete delle parole di questi profeti di un Islam cui è permesso, secondo loro, usare le vie della violenza, che si vuole imporre come legge delle leggi. Iniziamo pubblicando dei contributi di cattolici, e poi via via di tutte le Fedi, e ancora di altri cattolici e delle altre denominazioni cristiane, perché crediamo nel confronto sul terreno del ragionamento, della voglia e dell'onestà di trovare le strade per far sì che questo pianeta possa continuare a vivere.
Tutto quello che pubblicheremo non è e non deve essere interpretato come la posizione o una posizione di questa Agenzia Fides. Il titolo di questa rubrica lo dice chiaramente: "Contributi per un dialogo autentico sulla libertà religiosa". La questione del confronto e del dialogo non è più rimandabile. Certamente noi siamo convinti che tutte le fedi hanno il diritto di annunciare il proprio credo, che ognuno di noi ha il diritto di ripensarsi e ricollocarsi politicamente e religiosamente sempre e con libertà. Il mondo cattolico continua a costruire ponti e non ripudia colui che ha abbracciato un altro credo, anzi lo rispetta. Ognuno di noi deve essere rispettato per quello che è in quel momento e per quello che vorrà essere. Non ti condanno e non mi condanni. Dire pace per tattica è oggi un gioco scoperto. Le guerre striscianti non sono diverse dalle guerre dichiarate. Tutte e due fanno morti e tutte e due sono le staffette della guerra finale. (ldm)
Intervista a padre Justo Lacunza Balda, Preside del Pontificio Istituto di Studi Arabi e d'Islamistica (Pisai)
Città del Vaticano (Agenzia Fides) - Dall'inizio della "crisi delle vignette" si è, ormai, messo in moto un meccanismo perverso che sembra inarrestabile e che fa temere come già cominciata quella "guerra tra civiltà" che in Occidente tutti dicono di voler scongiurare senza trovare ancora, però, gli strumenti efficaci per evitarla. In una situazione complessa degli equilibri politici e strategici nell'area mediorientale che è complicata dalla fase estremamente difficile del dopoguerra in Iraq, dal nuovo confronto sul programma nucleare dell'Iran, dall'incertezza sul futuro della trattativa di pace tra palestinesi e Israele dopo la vittoria elettorale di Hamas. In Europa, nell'opinione pubblica, ma anche nei governi, si moltiplicano i dubbi sia sulle cause reali di quanto sta accadendo, sia sul modo corretto di reagire. Dubbi e incertezze che abbiamo girato a padre Justo Lacunza Balda, dei Missionari d'Africa (Padri Bianchi), Preside del Pontificio Istituto di Studi Arabi e d'Islamistica (Pisai), che è uno dei profondi conoscitori del mondo islamico.
Che cosa sta succedendo nel mondo musulmano?
Per capire che cosa c'è dietro i fatti drammatici che sono diventati cronaca di tutte queste settimane è necessario andare oltre la logica meccanica e immediata della causa e dell'effetto e ricercare il filo che tiene legati assieme avvenimenti che, a prima vista, potrebbero sembrare lontani. E per farlo bisogna partire individuando quali sono i fenomeni nuovi che si sono sviluppati nella realtà del mondo islamico negli ultimi anni. A partire dalla nascita di un movimento come al-Qaeda il cui serbatoio finanziario economico e terroristico ha messo radici profonde in Europa, nei Paesi arabi, nelle nazioni asiatiche e nel Nord America. Il movimento di al-Qaeda, che tutto il mondo ha scoperto come movimento a dimensione globale soltanto dopo l'attacco alle Torri gemelle dell'11 settembre 2001, ha radici più lontane e ha influenzato l'Islam e i musulmani su cinque piani.
Il primo è l'interpretazione del Corano per dichiarare guerra agli ebrei, ai crociati cristiani e agli americani. Il documento di Osama Bin Laden del 1996 è chiaro su questa dichiarazione d'intenti. Il secondo è l'obiettivo di creare un'alleanza mondiale dei musulmani cancellando frontiere geografiche di Paesi e di nazioni indipendenti. Il terzo è la sua forza economica. Al-Qaeda ha a disposizione somme ingenti di denaro per mantenere la propria rete internazionale di interlocutori, sostenitori e portavoci. Attraverso questa rete gli uomini di al-Qaeda hanno come obiettivo quello di strumentalizzare l'insegnamento dell'Islam, l'interpretazione dell'Islam e la lettura dei testi sacri. C'è un quarto aspetto. Al-Qaeda sottolinea l'inevitabile scontro fra l'universo islamico e tutto quello che rappresenta l'Occidente. Questa visione non è nata con il movimento al-Qaeda, ma riprende un concetto chiave dell'ideologia khomeinista che è quella della rivoluzione islamica. Negli orizzonti di questa rivoluzione islamica ci sono i nemici da combattere. E gli amici da sostenere. I nemici sono gli Stati Uniti, l'Occidente e Israele. Gli amici sono le giovani generazioni, le manifestazioni anti-occidentali, i movimenti islamici e Hamas. Infine il quinto punto. Il movimento al-Qaeda è fortemente influenzato dall'idea di un vuoto istituzionale islamico creatosi con la nascita della Turchia moderna. Il califfato, secondo la loro visione, dovrebbe essere ripristinato per garantire alla comunità musulmana una posizione di guida universale a livello politico, religioso, culturale ed economico. A tutto questo si aggiunge che al-Qaeda è ben consapevole dell'importanza delle risorse energetiche dei Paesi arabi e dei Paesi a maggioranza musulmana (Arabia Saudita, paesi del Golfo - Emirati Arabi, Kuwait, Qatar, Oman - Iran, Iraq, Malesia, Brunei, Indonesia, Nigeria, Azerbaijan) che possono essere utilizzate per difendere la causa dell'Islam.
Chi c'è dietro al-Qaeda?
Al-Qaeda è nato come un movimento di combattenti musulmani per lottare contro la presenza sovietica in Afganistan (dal 1979 in poi). Con il tempo al-Qaeda si è sviluppata anche come un insieme di compagnie di affari, di investimenti che utilizzano la tecnologia moderna delle banche, delle telecomunicazioni, per controllare l'economia e finanziare le cellule che agiscono contro l'Occidente avendo come ideologia la difesa e l'espansione dell'Islam. I soldi inizialmente arrivarono dai miliardari dei Paesi musulmani e dal patrimonio personale della famiglia bin Laden che è una delle più potenti dell'Arabia Saudita e che ha avuto la concessione (il padre di Osama) dei grandi lavori di infrastrutture, strade, alberghi e luoghi santi della Mecca e di Medina. Ha anche avuto la protezione della famiglia reale saudita prima che Osama bin Laden si mettesse contro la classe dirigente saudita e contro lo stesso monarca. All'inizio molti credevano che al-Qaeda potesse essere usata come una piattaforma di lancio per l'Islam. Oggi non è più così, ma ormai al-Qaeda si autofinanzia, ha investimenti in banche, in imprese e nelle telecomunicazioni. Ma non c'è soltanto la nascita di al-Qaeda tra gli avvenimenti-chiave che hanno modificato il mondo islamico negli ultimi anni. Ce n'è uno meno appariscente, ma forse ancor più sostanziale.
Di che cosa si tratta?
L'Islam si è politicizzato. E' stato abbinato alla Costituzione. Non solo nell'Iran sciita. Arabia Saudita, Algeria, Libia, Paesi del Golfo, Mauritania, Marocco (in modo diverso) e lo stesso Iraq sono Paesi sunniti dove sono state elaborate "costituzioni" in cui l'Islam è un elemento fondante. Islam e nazionalismo diventano i due cardini essenziali nella costruzione dell'identità nazionale. Nell'Iran di Khomeini, poi, è l'Islam sciita che diventa il vero riferimento politico per la Costituzione e stabilisce la Repubblica islamica dell'Iran. Non solo. L'Islam come discorso religioso e di fede esce dalle moschee e ha come spazio di comunicazione la piazza pubblica. Infatti l'ayatollah Khomeini dopo il suo ritorno in Iran ha sempre pronunciato la predica del venerdì in una piazza pubblica e non all'interno di una moschea. Cosa che ancora oggi succede a Teheran ogni venerdì.
Il fatto che l'Islam lasci la moschea per entrare nello spazio pubblico significa che l'Islam cerca simboli pubblici e entra nella morale, nelle leggi, nella società tutta che deve essere costruita e che deve avere una dimensione islamica. In passato, durante il periodo post-coloniale, lo Stato non incideva direttamente nelle questioni religiose. Oggi la guida della comunità musulmana viene dallo Stato. Nel caso dell'Iran le autorità sono capi religiosi. Lo Stato veglia sull'Islam. E l'Islam veglia sullo Stato.
All'interno di molti Paesi musulmani c'è questa spinta della rivoluzione islamica per fare arrivare l'autorità religiosa islamica al punto più alto dello Stato. Lo vogliono al-Qaeda e la Repubblica islamica dell'Iran, lo vogliono i movimenti di Hezbollah e di Hamas, i Fratelli Musulmani e altri movimenti, tutti con l'idea di costruire una società musulmana.
Per realizzare un simile obiettivo bisogna sapere come fare. Ecco allora che gli esperti e i capi religiosi sono coloro che possono dire come costruire una società islamica, sono coloro che devono dire come interpretare il Corano, come applicare la legge islamica. Come mettere ovunque un'etichetta islamica. La spinta iraniana ha avuto successo perché ha saputo unire l'elemento islamico con quello nazionalista. I musulmani nel mondo hanno dunque preso coscienza della forza della religione islamica e, in qualunque Stato si trovino, dell'essere fieri di essere musulmani. L'Islam non è più delimitato dai confini nazionali di uno Stato, ma è un elemento che unisce al di là delle differenze linguistiche, culturali e geografiche.
Ma ci sono differenze tra questo atteggiamento nei musulmani che vivono nei loro Paesi e in quelli che vivono, per esempio, in Europa?
Non è un caso che, per quanto riguarda le proteste per le vignette su Maometto, il modo di reagire dei musulmani è stato pacifico a Londra e a Parigi, violento in Pakistan, Teheran, Afganistan, Nigeria e Giakarta. Questo dimostra che i musulmani in Europa hanno dei riferimenti legali che hanno sottolineato da una parte la libertà di manifestare e dall'altra parte il rispetto dei simboli nazionali e della proprietà altrui. Nessuna bandiera è stata bruciata a Londra o a Parigi. Mentre bandiere e sedi diplomatiche sono state bruciate a Beirut, Damasco, Giakarta, Lahore, Teheran, o in Nigeria e in Libia. Questo significa anche che lo Stato deve garantire la libertà di manifestare, ma allo stesso tempo, deve assicurare che questa libertà venga mantenuta nel rispetto della legge, mentre i dolorosi eventi accaduti in molti Paesi musulmani hanno dimostrato che in questi Stati l'Islam è al di sopra delle leggi.
C'è, poi, un altro cambiamento molto importante in corso nel mondo musulmano. La gente nei Paesi arabi si chiede dove vanno a finire i soldi ricavati dalla vendita delle grandi risorse energetiche e come vengono trasformate in servizi: dalla salute all'educazione, al miglioramento delle condizioni di vita in generale. Esiste un divario che sta crescendo tra una classe superpotente che ha la gestione della politica, delle risorse e tutti i privilegi. E tutto il resto degli abitanti che vivono nella miseria tanto che molti sono costretti a lasciare il loro Paese. Non solo. La libertà individuale, i diritti umani, le opportunità, il livello economico dell'Occidente sono un sogno che aspira a diventare realtà per milioni di giovani. Questi due aspetti agiscono trasformando le società nelle quali vivono i musulmani. Ed è per mantenere lo status quo che molti Paesi scelgono la via dell'identificazione tra Stato e Islam.
E ancora. I movimenti islamici e al-Qaeda hanno la finalità di proiettare il singolo musulmano all'interno di una comunità globale, perciò sottolineano i legami di fede, di religione piuttosto che gli elementi di appartenenza a uno Stato o a una nazione.
I musulmani, dopo il periodo coloniale, hanno cercato di costruire l'identità nazionale dei singoli Stati, da qualche anno, invece, è l'Islam che sta cercando di essere il collante di tutti i Paesi a maggioranza musulmana andando oltre la dimensione nazionale dei singoli Stati. Il loro obiettivo è andare oltre le frontiere nazionali. Quello che sta accadendo a livello internazionale per esempio con la nascita dell'Unione europea o con l'Asean (organizzazione che riunisce diversi Paesi del Sud est asiatico) attira e risveglia il desiderio dei musulmani di andare oltre i confini dei singoli Stati e per questo guardano all'Islam come all'unica forza che può mettere insieme società e comunità musulmane, come a un collante al di là delle differenze linguistiche, culturali, geografiche.
C'è anche il tentativo, portato avanti da una parte della comunità islamica, di costruire nuovi rapporti con Paesi che siano fuori dall'area di influenza politica ed economica dell'Europa e degli Stati Uniti. Hamas ha già avuto contatti con Cuba, con alcuni Paesi sudamericani come il Brasile, la Bolivia, l'Argentina e il Venezuela.
Si prefigurano nuove alleanze?
Uno dei grandi paesi produttori di petrolio, il Venezuela, si è schierato apertamente in difesa dell'Iran sulla questione del nucleare e ha invitato Hamas a visitare il Paese. A Caracas si trova una moschea molto importante dove gli imam vengono formati all'al-Azhar al Cairo. C'è poi la questione turca. Hamas sa bene che in Turchia può fare leva, per il suo progetto di costruire uno stato indipendente, sui movimenti curdi. Entrambi infatti aspirano alla creazione di uno stato curdo e di uno stato della Palestina. Inoltre Hamas sa bene che il primo ministro Erdogan appartiene a un partito islamico e ora che ha vinto le elezioni nei Territori palestinesi, cerca di capire come è organizzato un governo che si dichiara laico ma che è guidato da un politico membro di un partito islamico.
Alla luce di tutto questo possiamo leggere gli ultimi eventi? Anche l'assassinio di don Santoro in Turchia?
Uccidere qualcuno che è in servizio in una piccola comunità tradisce una pianificazione. Don Santoro era un personaggio scomodo. Voleva far conoscere attraverso opere di bene, l'amore di Cristo, guidava i pellegrini mostrando la Turchia archeologica e la Terra Santa come lui la chiamava. In Turchia l'Islam non è religione di stato, ma quando si tocca qualcosa dell'islam si mettono in moto dei meccanismi di reazione che, come abbiamo visto, diventano incontrollabili. Ma anche quello che è successo in Nigeria deve essere inquadrato in una realtà più generale. In Nigeria è in atto una forte opposizione al presidente Olesegun Obasanjo, cristiano, da parte di molti ambienti musulmani particolarmente negli stati del Nord, che vogliono un presidente musulmano. Una volta scattata la violenza con la scusa delle vignette, a pagare il prezzo sono stati i cristiani. Tutte le religioni, invece, devono avere parità di trattamento. Se non diamo agli individui la dignità che meritano indipendentemente dalla loro religione, la laicità è lontana e non si costruisce soltanto attraverso i binari economici o del turismo, ma attraverso gli spazi del dialogo. Nessuno dubita del fatto che, con la vicenda delle vignette, è stata urtata la sensibilità non dell'Islam, ma dei musulmani. Ma ricordo ancora una volta che le vignette erano state pubblicate il 30 settembre 2005 e che non è sempre stato vietato mostrare il profeta. Questo velare il volto del profeta appartiene alla tradizione più recente dell'Islam. E allora la vicenda della pubblicazione delle vignette è usata ormai come strumento politico per ottenere risultati politici. Mi chiedo come mai tutte le situazione di precarietà che ci sono nel mondo non urtano in eguale misure la nostra sensibilità.
La libertà di stampa e di espressione può far fare degli sbagli, ma da questi si può imparare. E in ogni caso non si può reagire con manifestazioni come quelle che abbiamo visto. Bruciare una bandiera significa bruciare qualcosa che rappresenta un Paese, non è un pezzo di stoffa, ci sono migliaia di immigrati che hanno la cittadinanza danese e per i quali la bandiera è sacra. O pensiamo che i musulmani stiano soltanto da una parte? Che cosa significa parlare di Paese moderato? Se faccio una manifestazione e spacco le vetrine non sono moderato, se non le spacco sono moderato? Non è così. Bruciare sedi diplomatiche e bandiere è molto grave. Ma ci si rende conto di quello che è stato fatto? Bruciare una bandiera non è come bruciare un cassonetto. Cosa accadrebbe se a bruciare fosse la bandiera dell'Iran o dell'Egitto? I grandi del mondo di rendono conto di che cosa significa quello che è accaduto?
E' stata violata una specie di sacralità perché le bandiere rappresentano un Paese e tocca allo Stato ospitante proteggere le sedi diplomatiche. Se non vengono protette c'è qualcosa che non funziona. Siamo in presenza di uno scontro che è anche istituzionale. Mi chiedo se le sensibilità degli europei non siano state urtate vedendo le loro bandiere bruciate? Allora, tornando alla questione dei Paesi moderati, bisogna vedere l'atteggiamento di tutti i protagonisti, dei re e dei sultani che si sono pronunciati. Ma il vero problema è l'estremismo che vuole ricavare uno spazio politico per imporre una determinata ideologia.
Credo che i musulmani vogliano la democrazia. Ma chi comanda sa bene quanto è importante il clientelismo. Alle forze che sono intorno al governo fa molto gola il potere che tende a mettere radici controllando e dispensando favori. Si tratta di gestire beni immensi. La questione delle risorse è molto importante. Ma i governi che cosa fanno con i fondi e con le ricchezze che gestiscono? Mentre se un gruppo rivoluzionario mi offre da mangiare non ci penso due volte ad accettare. Se la gente è disposta a salire sui barconi per emigrare in Europa vuol dire che la loro unica compagnia è la povertà, che l'unica possibilità è andare via. E proprio in questo serbatoio di esasperazione attingono i movimenti integralisti.
Quale può essere la strada per uscire fuori da questa spirale?
Educazione, sviluppo e diritti. Queste sono le vie per uscirne fuori. Milioni di persone chiedono soltanto una vita dignitosa. Bisogna ridurre il divario tra chi gestisce le risorse politiche ed economiche e coloro che sono lì ad aspettare che qualche boccone cada dal tavolo di chi comanda. In Palestina, per esempio, la corruzione e la distribuzione del potere sono la causa dell'ultimo risultato politico. La gente si è chiesta ma dove vanno a finire tutti i miliardi di aiuti?
Il problema dello sviluppo economico è il più importante per uscire da questa spirale. Ma non è il solo. Anzi, prima di tutto viene la libertà del singolo cittadino di esprimere la propria religione. Dove mettiamo la dignità di una persona? Nella sua religione o nella sua esistenza? Il diritto alla libertà non è una concessione dello Stato: l'essere umano ha un diritto intrinseco all'esistenza, alla sua fede, ai suoi ideali di culto, di preghiera e lo Stato deve garantire, non concedere questi diritti che sono innati.
Che cosa può fare la Chiesa in questo processo?
La Chiesa deve sottolineare tutto quello che già fa. La Chiesa deve sottolineare tutto quello che fa in Terra Santa. Bisogna fare ombra alla violenza. Non permettere più alla violenza di diventare protagonista. Sono pochissimi i musulmani violenti, rispetto ai musulmani che sono costretti ad emigrare per la fame: a questi dà fastidio l'indifferenza verso la loro condizione di povertà. Bisogna cominciare a puntare i riflettori sulle cose buone, in questo modo faremo ombra alla violenza. E bisogna evitare di fare da cassa di risonanza per i movimenti islamici che si servono anche dei media occidentali per fare proseliti alla loro causa. ( R.F.) (Agenzia Fides 24/6/2006)
Colloquio con padre Giuseppe Scattolin
Città del Vaticano (Agenzia Fides) - La scoperta ha lasciato di stucco anche gli specialisti egiziani. In una libreria di Konya, la città in Turchia dei dervisci danzanti, padre Giuseppe Scattolin - missionario comboniano che insegna al Dar Comboni al Cairo, al Pisai a Roma, tiene corsi all'Università Gregoriana e conferenze all'Università del Cairo Al-Azhar - ha trovato il più antico manoscritto contenente i testi di un mistico del Duecento, Umar Ibn al- Farid, ancora oggi così famoso in Egitto che le confraternite sufi ne cantano le poesie durante le loro cerimonie. "Mi trovavo al mercato - racconta padre Scattolin - quando sento qualcuno inveire contro Jaluluddin Rumi, forse il più grande tra i poeti sufi, mi avvicino per capire che cosa sta succedendo ed è stato in quel momento che quell'uomo mi ha portato in una libreria dove sfogliando tra i manoscritti ho potuto riconoscere un'antica edizione - ancora inedita - del Canzoniere di al-Farid".
Il ritrovamento casuale del manoscritto, da parte di padre Scattolin, ha permesso all'intellettuale comboniano di mettere a confronto le varie edizioni critiche già pubblicate di al-Farid con questo ultimo testo che - ironia o provvidenza - è anche il più antico finora mai ritrovato. "Nel mio libro su al-Farid ho messo a confronto ogni singola parola usata dal poeta nel mio manoscritto con quelle presenti sia negli otto manoscritti più antichi, sia con le tredici edizioni moderne. E il risultato del lavoro sul mistico al-Farid è la dimostrazione che ogni testo storico è soggetto a mille interpretazioni".
Ed è proprio il discorso storico la questione centrale che, secondo lo studioso della religione di Maometto, deve essere in qualche modo affrontata dagli esperti, dagli intellettuali e dagli studiosi musulmani di oggi. Il dibattito aperto da tempo sul dialogo con l'Islam - argomento caro a padre Scattolin - implica una reale conoscenza di che cosa sia l'Islam.
Dice il religioso: "Alla base di ogni approccio per il dialogo con l'Islam c'è la sua conoscenza. Quando sono in Egitto a volte mi capita di chiedere agli egiziani che cosa è per loro l'Islam e mi accorgo che non lo sanno nemmeno loro. L'Islam è innanzitutto un fenomeno storico enorme che occorre prendere sul serio".
Secondo padre Scattolin quattro sono gli aspetti che fanno parte dell'Islam storico: la religione, la società, la civiltà e la politica.
Non bisogna dimenticare - sottolinea - che l'Islam è innanzitutto una religione. Una lettura soltanto sociologica della realtà musulmana non arriva a capire che cosa sia l'Islam. Pensare che il profeta Maometto sia stato soltanto un uomo politico non è sufficiente. Al contrario l'elemento religioso è fondamentale. Quando nel '69 arrivai in Libano mi sono trovato di fronte all'ideologia marxista comunista ed è stato allora che mi resi conto che si trattava di una ideologia materialista che non offre spazio alla spiritualità, mentre l'Islam è una fede che dà senso alla vita. Naturalmente l'Islam non è una religione che si vive a livello di coscienza. Maometto infatti ha voluto fondare una società con delle regole precise - sul matrimonio, sui figli, sul commercio e altre - che sono la dimensione della Legge Islamica. C'è dunque un progetto di comunità islamica e i musulmani sono ben coscienti di questo. La questione difficile e delicata che si affronta ogni volta che ci si mette in relazione con l'Islam oggi è che, finora, non esiste una riforma della Legge Islamica che ancora si rifà all'Islam storico. E questo pone senza dubbio dei problemi. Ancora oggi infatti assistiamo a una islamizzazione regolata sulla Legge e chi non si adegua viene dichiarato pessimo musulmano. Esistono tuttavia molti intellettuali musulmani che - a fianco di chi vorrebbe una reinterpretazione radicale della Legge come i wahabiti dell'Arabia Saudita - vorrebbero invece rileggere la Legge Islamica. Uno su tutti è Mahumud Muhammad Taha, martire musulmano sudanese per la libertà di coscienza.
"Incontrai per la prima volta Taha nella sua casa di periferia di Omudurman a Khartum - scrive Scattolin nel suo libro "Islam e dialogo" (Ed. Emi) - la prima impressione fu quella di un senso di calma e di pace che la figura di Taha ispirava a tutti e che regnava anche nella sua casa. Una casa semplice, tipica del Sudan del Nord, con il solo piano terra, qualche stanza, la più ampia delle quali era riservata agli ospiti. Un muro basso circondava il cortile, con qualche albero attorniato di fiori; il muro esterno della casa dipinto di bianco, rovinato in più parti. Nella stanza degli ospiti c'era sempre qualcuno, e del tè alla menta veniva servito di continuo ai presenti. Taha non era né un teologo né un filosofo di professione. Era un ingegnere civile, ma era riuscito con il suo stile semplice, senza pretese intellettuali, ad attirare l'interesse di molti giovani che non trovavano nell'Islam ufficiale dei dottori della legge islamica risposte adeguate ai loro desideri. Quello che Taha proponeva era, e rimane, una delle più radicali rivoluzioni del pensiero islamico, senza uguali lungo tutta la sua più che millenaria storia. Questa nuova visione di Taha - da lui esposta nel libro "Il secondo messaggio dell'Islam" - proponeva di tornare all'ispirazione originaria dell'Islam che essendo troppo alta e sublime per gli arabi del VII secolo è stata piegata da Maometto ai rozzi costumi degli arabi del suo tempo. Il profeta, dunque, ha dovuto imporre una rigida legge che regolasse tutti gli aspetti della vita umana. E così successe, e per i quattordici secoli che seguirono tali norme giuridiche furono prese alla lettera e applicate alla società islamica come parole ispirate, divine. Nasce così la legge islamica (la sharia) che elevata al livello di "legge divina" ha dominato la vita dei musulmani. Ma in questo modo i precetti secondari della legge sono stati messi al posto dei suoi principi fondamentali. E nasce l'Islam politico, in cui la religione è usata, manipolata e messa al servizio del potere politico del momento". Purtroppo la maggior parte dei dotti musulmani non è arrivata alla visione di Taha e la strada da percorre è ancora lunga. "Ma se il passato è la tradizione e il presente è la Legge Islamica, il futuro è la reinterpretazione", conclude convinto padre Scattolin. ( R.F.) (Agenzia Fides 26/6/2006)