AMERICA - A 40 anni dalla contesa del Beagle: quando la Santa Sede riuscì ad evitare la guerra tra Cile e Argentina

lunedì, 25 novembre 2024

Il cardinale Antonio Samorè, inviato del Papa in Argentina e Cile

Città del Vaticano (Agenzia Fides) – Lo scontro era imminente. La guerra sembrava inevitabile. Gli eserciti erano stati mobilitati per rivendicare l’appartenenza del canale del Beagle, punto strategico per il passaggio tra gli oceani Atlantico e Pacifico. Cile e Argentina erano sul punto di non ritorno quando Giovanni Paolo II, da poco eletto al Soglio Pontificio, decise di intervenire con la diplomazia vaticana per fermare quella che sarebbe potuta essere una delle guerre più sanguinose dell’America latina.

La crisi tra Buenos Aires e Santiago del Cile giunse al culmine proprio nell’anno dei tre Papi. La lotta per il possesso delle isole Picton, Lennox e Nueva, situate nel canale, risale al 1888 ma si riaccesero nel 1978. Dodici mesi prima, l’Argentina, guidata dal regime militare, rifiutò infatti il lodo arbitrale emesso dal Regno Unito, dichiarandolo “insanabilmente nullo”.

Con un intervento mirato, la diplomazia della Santa Sede entrò in gioco. Agì inizialmente tramite il nunzio apostolico Pio Laghi. Nel 1979 venti di guerra continuavano a soffiare e per evitare l’escalation, Papa Giovanni Paolo II nominò il cardinale Antonio Samorè suo rappresentante personale per dirimere la controversia fra le due nazioni. Per quattro anni il cardinale lavorò alacremente per raggiungere un accordo che potesse mettere fine alla diatriba. L’accordo arrivò, ma Samorè non riuscirà mai a vederlo firmato poiché morirà a Roma nel febbraio del 1983. Il trattato, che oggi compie quarant’anni, arriverà quasi due anni dopo la morte dell’inviato papale, il 29 novembre 1984. Fu sottoscritto in Vaticano, col titolo di “Trattato di pace e di amicizia”.

A quattro decenni da quella storica firma, le Chiese di Argentina e Cile, che in questi giorni stanno celebrando la ricorrenza con Messe solenni e intensi momenti di preghiera, “ringraziano Dio perché in quegli anni difficili hanno prevalso il dialogo e la pace e si è evitata una guerra tra popoli fratelli”, si legge in un comunicato congiunto diffuso nelle scorse ore dalle rispettive Conferenze Episcopali. I Vescovi argentini e cileni sono “grati per la pace e l’integrazione tra le due nazioni e confidiamo che questo cammino possa continuare ad approfondirsi, per il bene dei nostri popoli. Ci auguriamo che lo spirito di incontro e di intesa tra le nazioni, soprattutto nella nostra America Latina, possa dare vita a iniziative e politiche per risolvere le tante carenze e crisi sociali che stiamo vivendo nel nostro continente e che colpiscono soprattutto la vita dei più poveri”.

Anche in Vaticano, come accaduto anche in passato, l’anniversario del trattato di pace è stato celebrato con un atto commemorativo, svoltosi nella Sala Regia del Palazzo Apostolico, alla presenza di Papa Francesco, dell’ambasciatore argentino presso la Santa Sede, Luis Pablo María Beltramino, e del ministro degli Esteri cileno, Alberto van Klaveren. A prendere parte alla cerimonia, oltre a diversi cardinali e membri del Corpo Diplomatico accreditato presso la Santa Sede, anche autorità argentine e cilene.

Nel suo lungo discorso, il Pontefice argentino ha più volte sottolineato quanto l’opera diplomatica della Santa Sede e gli sforzi messi in campo dalla Chiesa all’epoca sono un modello per tanti Stati dove oggi, ha detto a braccio, esiste “l’ipocrisia di parlare di pace e giocare alla guerra”. Il riferimento è alle fabbriche di armi, come ha più volte detto: “In alcuni Paesi dove si parla molto di pace, gli investimenti che danno i maggiori rendimenti sono le fabbriche di armi. Questa ipocrisia ci porta sempre al fallimento”. E, sempre distaccandosi dal testo, ha aggiunto: “Menziono semplicemente due fallimenti dell’umanità di oggi: Ucraina e Palestina, dove si soffre, dove l’arroganza dell’invasore ha la precedenza sul dialogo”.

“Voglia Dio che la comunità internazionale possa far prevalere la forza del diritto attraverso il dialogo, perché il dialogo deve essere l’anima della comunità internazionale”, ha aggiunto il Pontefice che ha ribadito come i 40 anni dalla firma del trattato rappresentano una occasione per tutto il pianeta, nonché “un rinnovato appello alla pace e al dialogo. L’impegno che questi due Paesi hanno implicato durante i lunghi negoziati, nonché frutto di pace e di amicizia, costituisce in effetti un modello da imitare”. (F.B.) (Agenzia Fides 25/11/2024)


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