di Gianni Valente
Nel primo giorno di ottobre, il mese tradizionalmente dedicato alla raccolta di aiuti per le opere missionarie, si celebra la memoria liturgica di Santa Teresa di Gesù Bambino e del Volto Santo (1873-1897). Colei che quasi 95 anni fa, il 14 dicembre 1927, fu proclamata da Papa Pio XI co-patrona delle missioni, insieme a San Francesco Saverio.
Teresa, morta per tubercolosi a soli 24 anni, aveva consumato quasi tutta la sua breve e fragile vita tra le mura del Carmelo di Lisieux. Apparentemente così lontano dalle fatiche e dai problemi di quelle che allora si chiamavano «le terre di missione».
Nel trascorrere del tempo, la scelta di Papa Pio XI si manifesta in maniera sempre di più limpida come un suggerimento profetico e fecondo per coloro che sono chiamati a dare il proprio contributo alla missione di annunciare il Vangelo di Cristo, ragion d’essere della Chiesa. Opera per sua natura imparagonabile a ogni forma di propaganda culturale o religiosa.
“Vorrei essere missionaria, non soltanto per qualche anno, vorrei esserlo stata fin dalla creazione del mondo, e esserlo fino alla consumazione dei secoli”, scrive Teresa nel suo diario. Poi sceglie di entrare in un monastero di clausura, svelando con la sua stessa vita l’inconsistenza di certe contrapposizioni tra “vita attiva” e “vita contemplativa”.
Per Teresa, l’orizzonte e la ragione ultima di ogni sollecitudine apostolica, in qualsiasi forma essa si esprima, sono quelli di salvare le anime. La sua offerta di sé appare grande e generosa. Ma poi lei si accorge che è lontana dal poterla portare a compimento. Quando, nel monastero, el viene affidato il compito di sostenere la crescita spirituale delle novizie, si accorge che il compito di “penetrare nel santuario delle anime” è “al di sopra delle mie forze”. Scrive anche che “far del bene alle anime, senza l’aiuto di Dio, è cosa altrettanto impossibile quanto far risplendere il sole durante la notte”.
Teresa dapprima si sforza di scoprire la ragione dei propri limiti, credendo che questo le permetterà di trovare soluzioni. Poi si accorge che se Gesù la chiama a favorire la salvezza delle anime, solo Gesù stesso può operare in lei e attraverso lei la Sua opera di salvezza. Scopre che la stessa opera apostolica è opera di Cristo, che manifesta la realtà più intima del mistero di Dio, la sua misericordia che perdona e guarisce.
La sorgente dell’opera missionaria non è la disposizione e il fervore apostolico degli esseri un essere umano, ma il divino operare di Dio misericordioso, che vuole salvare le sue creature. Chi segue Gesù, i può solo chiedere, mendicare (Continua)
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