Lahore (Agenzia Fides) - Un tribunale di primo grado di Lahore il 27 settembre ha condannato una donna musulmana alla pena di morte e alla multa di 50.000 rupie (circa 265 euro) per violazione della legge sulla blasfemia. Secondo l'accusa, la donna, Salma Tanveer, si è "proclamata Profetessa" e avrebbe negato la profezia del Profeta Maometto, usando commenti dispregiativi nei suoi riguardi. Cinquantenne, Salma Tanveer era Preside di una scuola privata a Lahore, lavoro che ha svolto fino all'anno 2013, quando è stata arrestata. È stata accusata di aver distribuito fotocopie dei suoi scritti nei quali sarebbe incorsa nel reato di blasfemia, rivolgendo a se stessa il titolo "Misericordia per tutti i mondi", attribuito nel Corano al Profeta Maometto, e compiendo vilipendio verso il Profeta.
La polizia ha registrato una denuncia contro la donna il 2 settembre 2013, ai sensi dell'art. 295 C del Codice penale del Pakistano (PPC), sulla base della denuncia di Qari Iftikhar Ahmad Raza, imam presso la moschea locale. L'art. 295 C punisce l'utilizzo di osservazioni dispregiative nei confronti del Profeta Muhammad con parole pronunciate o scritte, o mediante rappresentazione visibile o con qualsiasi insinuazione, diretta o indiretta, che offende il nome del Profeta Maometto. Prevede la pena di morte, o la reclusione a vita, e una sanzione pecuniaria. Il caso è stato rinviato e discusso solo otto anni dopo i fatti, dato che l'avvocato della donna ha presentato una perizia medica che dichiarava l'imputata mentalmente instabile e con malattia psichiatrica. Ai sensi dell'articolo 84 del Codice penale, un reato è nullo se commesso da persona che, al momento del compimento, a causa di infermità mentale non è in grado di conoscere la natura dell'atto, o non può comprendere che sia contrario alla legge.
Il giudice Mansoor Ahmed Qureshi di Lahore nel verdetto ha dichiarato: "È provato oltre ogni ragionevole dubbio che la donna accusata abbia scritto e distribuito gli scritti che sono dispregiativi nei confronti del profeta Maometto e non è riuscita a dimostrare che il suo caso rientra nell'eccezione prevista dalla sezione 84 del PPC”. Il giudice ha notato che un rapporto medico del Consiglio di amministrazione del Punjab Institute of Mental Health ha definito l'imputata "idonea a subire un processo giudiziario". Il giudice ha osservato che fino al momento del suo arresto la donna gestiva la scuola, quindi non è possibile che fosse malata mentalmente.
Sabir Michael, leader cattolico e impegnato nella difesa dei diritti umani, parlando all'Agenzia Fides, commenta: “È preoccupante che un'altra cittadina pakistana venga condannata a morte ai sensi della legge sulla blasfemia. Nel rispetto della inalienabile dignità umana e dei diritti umani, ci opponiamo alla pena di morte in ogni caso. Anche nei casi di blasfemia, l'imputato non mette in pericolo la vita di altre persone. Pur constatando che i sentimenti religiosi sono feriti, la condanna a morte sembra un provvedimento troppo grave, che può essere ripensato". E aggiunge: “Succede spesso che le leggi sulla blasfemia siano usate in modo improprio, per rancori personali: sono sorpreso di come una donna che è un'educatrice possa essere coinvolta in tali questioni”.
Sabir Michael conclude: “Dal 1987, in base alle leggi sulla blasfemia, oltre 1.800 persone sono state condannate e la maggioranza di queste sono musulmane. Attualmente vi sono più di 80 persone nel braccio della morte o che stanno scontando l'ergastolo per blasfemia. Tra loro sono anche 24 detenuti cristiani in Pakistan, accusati in 21 casi di blasfemia”.
Un mese fa una donna cristiana, Shagufta Kiran, residente a Islamabad, è stata accusata di blasfemia per aver semplicemente inoltrato un messaggio su WhatsApp che includeva contenuti ritenuti blasfemi. Secondo un rapporto del febbraio del 2021 del "Centre for Social Justice", Ong con sede a Lahore, guidata dal cattolico Peter Jacob, le condanne e gli abusi della legge di blasfemia stanno crescendo in modo esponenziale in Pakistan, in un trend molto preoccupante e che meriterebbe maggiore attenzione dalle autorità civili. Organizzazioni della società civile, leader cristiani, indù e musulmani, stanno sollevando la annosa questione che costituisce un tasto dolente per il Pakistan, che prevede nel suo ordinamento pene tra le più dure al mondo (ergastolo o pena di morte) per reati di blasfemia verso l'islam.
(AG-PA) (Agenzia Fides 29/9/2021)