Islamabad (Agenzia Fides) – Il governo pakistano guidato da Nawaz Sharif, esponente della “Pakistan Muslim League –N”, ha sospeso ufficialmente 468 esecuzioni capitali, confermando la moratoria che vige nel paese da cinque anni. La questione della “pena di morte” è da alcune settimane di nuovo al centro del dibattito pubblico. All’inizio di agosto, il governo aveva prospettato una ripresa delle esecuzioni, generando aspre critiche da Ong come “Amnesty International” e “Human Rights Watch”, ma anche all’interno della nazione.
Secondo quanto riferito all’Agenzia Fides, la decisione del governo è frutto delle pressioni delle organizzazioni per i diritti umani e della comunità internazionale. In particolare, per l’Unione Europea, la ripresa delle esecuzioni avrebbe avuto la conseguenza di cancellare il Pakistan dalla lista delle nazioni che hanno “linea preferenziale” negli scambi commerciali con la UE, come ha dichiarato Ana Gomes, a capo della sottocommissione del Parlamento Europeo per i diritti umani. Analisti e commentatori in Pakistan giudicano la mossa del governo come “atto di pragmatismo politico”, per non far perdere al Pakistan “una porta di accesso nei mercati europei”. Come riferito a Fides, numerosi esponenti della società civile e delle Chiese in Pakistan hanno accolto con favore la decisione del governo, perché “tutela i diritti umani e il valore della vita, anche per i detenuti riconosciuti colpevoli”.
Sono 468 i detenuti già condannati a morte da tribunali civili o militari, in attesa di esecuzioni già disposte, molti per “terrorismo”. Nel complesso vi sono circa 8.000 detenuti che hanno esaurito tutti i gradi giudizio e si trovano nel braccio della morte nelle diverse carceri pakistane. Secondo il Codice penale pakistano, 27 reati, tra i quali quello di “blasfemia”, sono punibili con la pena capitale. Fra i detenuti vi è anche la cristiana Asia Bibi, condannata a morte per blasfemia da un tribunale di primo grado nel 2010 e in attesa di un processo di appello. (PA) (Agenzia Fides 29/8/2013)