ASIA/PAKISTAN - I Vescovi: “Sulle conversioni forzate la Corte Suprema difenda i diritti umani”

lunedì, 23 aprile 2012

Lahore (Agenzia Fides) – Quello delle conversioni forzate all’islam è un problema di tale gravità che “richiede un immediato intervento della Corte Suprema del Pakistan e una ferma posizione in difesa della giustizia, dei diritti umani, della libertà religiosa”: è quanto afferma la Commissione “Giustizia e Pace” della Conferenza Episcopale del Pakistan, sollecitando la Corte Suprema – massimo organo giudiziario del Pakistan – a rivedere il caso di tre ragazze indù (Rinkal Kumari, Asha Haleema e Lata) costrette a convertirsi all’islam e a sposare uomini musulmani. Dopo un ricorso per via giudiziaria, la stessa Corte Suprema, con un discusso verdetto, ha intimato loro di ritornare dai loro mariti musulmani.
Riferendosi al caso, una nota della Commissione, inviata all’Agenzia Fides, firmata dal Presidente, p. Emmanuel Yousaf Mani, e dal Direttore esecutivo, Peter Jacob, afferma: “Le procedure giudiziarie non possono diventare uno strumento di ingiustizia, quando il principio di libero consenso viene applicato impropriamente o in modo selettivo, e in spregio alle realtà sociali”. “Per esempio – spiega la nota – in uno dei casi sopra citati, ma in molti alti casi di conversioni, i tribunali hanno trascurato di accertare l'età della persona convertita”.
“L'applicazione del principio del libero consenso, senza considerare prove che lo avvalorino e senza guardare il contesto sociale in cui la libertà religiosa e la parità di genere sono ancora un sogno, può causare un aborto della giustizia” rimarca la nota giunta a Fides.
La sentenza della Corte del 18 aprile sulla delicata questione delle conversioni “preoccupa le minoranze religiose, che devono affrontare una minaccia esistenziale già a livello demografico, ma anche a causa della crescente intolleranza religiosa nella società”. La Commissione invita la Corte a “esaminare più a fondo la questione e ad assumere una posizione di principio, che ha un notevole impatto” sulla società. Nei tre casi, la Corte avrebbe dovuto applicare “il principio giuridico di tutela delle persone vulnerabili” suggerisce la Commissione.
“La Corte Suprema o il governo possono controllare i danni al pluralismo religioso mediante la definizione di conversioni forzate secondo gli standard internazionali di libertà religiosa che, fra l'altro, includono il diritto di ri-conversione” conclude la nota, invitando la Corte “a una conoscenza approfondita della questione delle conversioni forzate e dei reati che vengono occultati con il pretesto della conversione”.
Sul “tema caldo” delle conversioni forzate all’islam, il Ministro di stato federale per l’Armonia religiosa, Akram Gill, ha convocato una apposita riunione della Commissione Nazionale per le Minoranze, da lui presieduta, che riunisce rappresentanti di tutte le comunità religiose (vedi Fides 12/4/2012). Secondo fonti di Fides, in Pakistan i casi di conversioni forzate di ragazze indù e cristiane all’islam sono circa 1.000 ogni anno. (PA) (Agenzia Fides 23/4/2012)


Condividi: